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  • Lunedì 1 novembre 2021

Perché Francia e Regno Unito litigano sulla pesca

È una questione che va avanti da mesi, e potrebbe avere conseguenze sproporzionate rispetto alla sua effettiva importanza

Un peschereccio francese fotografato nel maggio 2021 (Gary Grimshaw/Getty Images)
Un peschereccio francese fotografato nel maggio 2021 (Gary Grimshaw/Getty Images)

Negli ultimi giorni lo scontro tra i governi della Francia e del Regno Unito sui diritti di pesca nel canale della Manica, in corso ormai da diversi mesi, è diventato più aperto e ostile, al punto che potrebbe rischiare di mettere in pericolo altri importanti accordi commerciali e politici. Questo benché la questione della pesca nella Manica sia economicamente poco importante per entrambi i paesi, e riguardi un numero limitato di pescherecci: è soprattutto uno scontro simbolico e di principio, che mette bene in evidenza le difficoltà nei rapporti tra Regno Unito e Unione Europea dopo Brexit.

Nel giro di pochi giorni, la Francia ha sequestrato un peschereccio britannico, e poco dopo il Regno Unito ha convocato l’ambasciatrice francese per chiedere spiegazioni. Domenica tra il primo ministro britannico Boris Johnson e il presidente francese Emmanuel Macron c’è poi stato uno scontro a distanza al G20 di Roma, con entrambi i leader che si sono accusati a vicenda di scorrettezze e di aver violato i patti fatti al momento di Brexit.

I due paesi si sono anche dati degli ultimatum: la Francia ha detto che se il Regno Unito non cederà sui diritti di pesca entro il 2 novembre applicherà varie misure di limitazione degli scambi commerciali, mentre il Regno Unito ha detto che se la situazione non sarà risolta entro 48 ore intraprenderà azioni legali tramite il meccanismo di risoluzione delle dispute dell’Unione Europea.

La disputa tra Francia e Regno Unito nasce dal fatto che, prima di Brexit, i pescherecci francesi storicamente operavano in acque britanniche (avveniva anche il contrario, ma in misura molto minore). Questo valeva soprattutto per alcune aree particolari, come le acque attorno all’isola di Jersey, che si trova a pochi chilometri dalle coste francesi, ma dipende formalmente dal Regno Unito.

Dopo Brexit, si rese necessario trovare un accordo sulla divisione delle aree di pesca. I diritti di pesca furono uno dei temi più discussi di tutto il negoziato, e alla fine si decise che il Regno Unito avrebbe dato licenza per pescare nelle sue acque ai pescherecci europei attivi nell’area in grado di provare che la loro attività fosse stata svolta con continuità negli anni precedenti. Queste prove sono state particolarmente difficili da presentare per i pescherecci francesi più piccoli, che non hanno la tecnologia necessaria per tenere traccia della propria attività e dei propri percorsi.

In tutto, ha scritto il Financial Times, il Regno Unito ha dato licenza a 1.700 pescherecci europei, ma l’ha negata a circa 200, soprattutto francesi. Secondo il governo francese, significa che il governo britannico ha escluso il 40 per cento dei pescherecci francesi che avevano fatto richiesta, e questa sarebbe un’offesa inaccettabile (il governo britannico però contesta questi dati).

Dal punto di vista economico, la questione è quasi irrilevante, perché riguarda poche decine (o comunque poche centinaia) di piccoli pescherecci. I diritti di pesca hanno però assunto un enorme valore simbolico, e sono diventati un tema importante per gli elettorati di entrambi i paesi, su cui i governi finora non hanno voluto trovare un accordo. Per Boris Johnson, la questione dei diritti di pesca ha significato il sostegno solido dei tabloid più conservatori in un momento di crisi, mentre Macron non vuole mostrarsi debole a sei mesi dalle elezioni, in cui diversi distretti settentrionali sono in bilico.

Le tensioni tra Francia e Regno Unito vanno avanti da mesi, e sono tornate a essere piuttosto forti la settimana scorsa, dopo che le autorità francesi avevano sequestrato un peschereccio britannico costringendolo ad attraccare al porto di Le Havre. La Francia ha anche minacciato ritorsioni più pesanti, come per esempio l’intensificazione dei controlli sanitari sui TIR che passano per il tunnel della Manica e varie limitazioni per i pescherecci britannici.

«La palla è nel campo del Regno Unito», ha detto il presidente francese Emmanuel Macron al G20. «Abbiamo fatto loro una proposta. Ma se i britannici continuano a parlare e ad agire come se non volessero stringere un accordo, anche se è già stato firmato, e se non cominciano a cedere, allora le cose si faranno spiacevoli. Non possiamo fare a meno di difendere i nostri pescatori». Johnson ha risposto con parole simili: «Sta alla Francia decidere se vogliono rinunciare alle loro preoccupanti minacce».

Ha contribuito a peggiorare il clima anche una lettera che Jean Castex, il primo ministro francese, ha inviato la settimana scorsa alla Commissione Europea per chiedere di intervenire sulla questione. Nella lettera, tra le altre cose, Castex ha scritto: «È indispensabile mostrare chiaramente alle opinioni pubbliche europee che il rispetto degli accordi sottoscritti non è negoziabile e che ci sono più svantaggi a lasciare l’Unione che a rimanervi». Secondo Boris Johnson, la lettera mostrerebbe che la Francia vuole «punire» il Regno Unito per aver lasciato l’Unione, anche se non è ciò che ha scritto Castex.