• Sport
  • Giovedì 16 settembre 2021

Il calcio dietro la Champions League

Le storie delle squadre che partecipano alle due coppe minori del calcio europeo dicono molto delle città e dei luoghi che rappresentano

di Pietro Cabrio

Il Victoria Stadium di Gibilterra, dove gioca il Lincoln Red Imps (Fran Santiago/Getty Images)
Il Victoria Stadium di Gibilterra, dove gioca il Lincoln Red Imps (Fran Santiago/Getty Images)

Da quest’anno, dopo il martedì e il mercoledì dedicati alla Champions League, il torneo delle grandi squadre del calcio europeo, il giovedì sarà il giorno dell’Europa League — la vecchia Coppa UEFA — e della nuova Conference League, introdotta per dare alle squadre più piccole e meno ricche la possibilità di confrontarsi fra di loro anche nel corso della stagione, non soltanto nei turni preliminari dei mesi estivi, e di guadagnare qualcosa in più in termini economici.

Il torneo, voluto dal presidente sloveno della UEFA Aleksander Čeferin, verrà impreziosito di volta in volta dalla partecipazione di alcune grandi squadre europee — come la Roma e il Tottenham quest’anno — ma la maggioranza delle partecipanti saranno squadre che nelle coppe europee finora si sono viste poco. Tra le 32 squadre qualificate ai gironi della prima edizione, molte sono quasi sconosciute all’estero, ma dicono molto dei luoghi che rappresentano, come le otto che abbiamo raccolto qui sotto tra Europa e Conference League.

Union Berlino

Tifosi dell’Union Berlino all’esterno dello stadio An der Alten Forsterei di Kopenick (John MacDougall/Getty Images)

Appena due stagioni fa l’Union Berlino era ancora nella seconda divisione del campionato tedesco. In questo breve tempo è riuscita a diventare una presenza stabile in Bundesliga e la scorsa stagione si è qualificata alle coppe europee dopo vent’anni di assenza. È anche una squadra speciale con una storia unica per i livelli che ha raggiunto.

È l’esempio più autentico degli aspetti positivi portati dalla regola del “50+1”, che nel campionato di calcio tedesco stabilisce che le quote di maggioranza di ciascun club professionistico debbano essere di proprietà dei soci, quindi di tifosi e sostenitori, e non di un unico soggetto (con qualche eccezione).

L’Union Berlino non si limita soltanto a rispettare le regole che impongono la posizione maggioritaria dell’azionariato popolare, ma le applica alla totalità delle sue quote. Tutti i suoi soci contano allo stesso modo e nessuno può avere più “peso” degli altri. L’attuale presidente, Dirk Zingler, è soltanto un tifoso come un altro, eletto dalla maggioranza dei soci per la sua esperienza nel settore imprenditoriale. Le sue decisioni devono comunque ricevere l’approvazione di un gruppo di supervisori, cioè di altri tifosi. E a tutti va bene così.

Lo stadio An der Alten Försterei di Kopenick è stato ricostruito nel 2009 da gruppi di tifosi volontari, gli stessi che nel 2004 avevano salvato il club da una probabile bancarotta con i rimborsi ricevuti per aver donato il sangue, come si usa in Germania. L’impianto è a disposizione della squadra ma è soprattutto al servizio della comunità che lo ha costruito.

In tre dei suoi quattro settori non ci sono seggiolini e le partite si guardano rigorosamente in piedi: per questo motivo l’impianto non ha ricevuto l’omologazione da parte della UEFA, cosa che costringerà l’Union a giocare le partite di Conference League all’Olympiastadion dei rivali dell’Hertha, l’altra squadra di Berlino.

Lincoln Red Imps

Il Victoria Stadium e la Rocca di Gibilterra avvolta nella nebbia (Fran Santiago/Getty Images)

La prima edizione di Conference League sarà anche la prima edizione di una coppa europea con un club di Gibilterra, il territorio britannico sulla costa meridionale spagnola. Da vincitore dell’ultimo campionato locale, in estate il Lincoln Red Imps ha partecipato ai primi turni preliminari di Champions League. Lì ha eliminato i lussemburghesi del Fola, ma poi è stato sconfitto dai romeni del Cluj. È quindi sceso ai preliminari di Europa League, dove è stato subito eliminato dallo Slovan Bratislava.

Sceso ancora ai preliminari di Conference League, all’ultima possibilità di rimanere nelle coppe europee è riuscito a eliminare il Riga, qualificandosi alla sua prima fase a gironi. La squadra riassume bene la storia e la conformazione di Gibilterra. L’allenatore, Mike McElwee, è inglese. Il suo vice però è spagnolo, così come il direttore sportivo, che però collabora con un inglese. Il presidente, Dylan Viagas, è invece nativo di Gibilterra.

Ferencvaros

Viktor Orban con il presidente della UEFA Aleksander Ceferin allo stadio del Ferencvaros (Laszlo Szirtesi/Getty Images)

Negli ultimi anni il calcio ungherese è stato completamente ristrutturato per volere di Viktor Orban, autoritario primo ministro del partito nazionalista Fidesz in carica da un decennio. Il suo progetto di rinvigorimento della grande ma trascurata tradizione calcistica ungherese ha trovato nel Ferencvaros, il vecchio club della borghesia di Budapest, la squadra più adatta a rappresentarne le ambizioni in Europa.

Da ex giocatore e appassionato di calcio, Orban ha sostenuto personalmente l’espansione del movimento calcistico ungherese con investimenti pubblici che da un lato hanno migliorato sensibilmente le scadenti strutture sportive ereditate dal passato, ma dall’altro hanno attirato anche critiche per l’impiego di fondi pubblici nella costruzione di impianti ritenuti non essenziali e per giunta poco frequentati.

Tra le squadre che hanno più beneficiato degli investimenti nel calcio del governo ungherese — di fatto investimenti a fondo perduto — c’è appunto il Ferencvaros. Il suo presidente, Gabor Kubatov, è un parlamentare di Fidesz e amico intimo di Orban. Con lui il club ha ricevuto una notevole spinta. Il vecchio e decadente stadio dell’omonimo quartiere di Budapest è stato sostituito da un impianto moderno da 24.000 posti. L’area sportiva del club è stata costantemente migliorata, a partire dall’ingaggio dell’allenatore tedesco (ed ex giocatore della Lazio) Thomas Doll, che nel 2015 riuscì a far vincere nuovamente il campionato al club dopo dodici anni.

Da allora il Ferencvaros è diventato sempre più competitivo, soprattutto grazie all’ingaggio di professionisti stranieri, come l’attuale allenatore austriaco Peter Stoger, ex del Borussia Dortmund. Quest’anno giocherà nei gironi di Europa League con Betis, Celtic e Bayer Leverkusen.

Mura

Tifosi del Mura allo stadio Fazanerija di Murska Sobota (Jurij Kodrun/Getty Images)

È la squadra della più piccola città partecipante alla Conference League. Ha sede a Murska Sobota, nella zona più orientale della Slovenia, quasi al confine con l’Ungheria, che conta poco più di 11mila abitanti, quasi come Agrate Brianza, Alassio o Alberobello. Ai gironi, oltre che con Vitesse e Rennes, giocherà contro il Tottenham a Londra, che con oltre 8 milioni di abitanti è la città più grande fra quelle nel torneo.

Zorya Luhansk

Lo stemma dello Zorya Luhansk (Michael Regan/Getty Images)

Tra le avversarie della Roma di José Mourinho in Conference League ci sarà anche lo Zorya Luhansk, una delle squadre ucraine che con la guerra tra esercito ucraino e milizie russe nell’est del paese ha dovuto lasciare la propria città.

Allo Zorya è andata anche peggio delle altre, perché la città di Luhansk è proprio al confine con la Russia e lì si è combattuto a lungo. Le istituzioni ucraine hanno lasciato Luhansk da anni, e così lo Zorya, che dal 2014 gioca le sue partite casalinghe nella città di Zaporizhia, a 400 chilometri di distanza. Dato che la città è sotto controllo della Russia, al momento il ritorno sembra improbabile.

Come per lo Shakhtar Donetsk, però, questo non ha impedito alla squadra di restare competitiva, anzi. Fra molte difficoltà è dal 2015 che lo Zorya non conclude un campionato ucraino sotto il quarto posto e negli ultimi anni si è vista spesso nelle coppe europee.

Qarabag Agdam

Tifosi del Qarabag Agdam allo Stadio Olimpico di Baku (AP Photo/Aziz Karimov)

Il Nagorno-Karabakh è una regione da tempo contesa tra Armenia e Azerbaijan: si trova in Azerbaijan ma è controllata in larga parte dall’Armenia, dato che la sua popolazione è a maggioranza armena. La guerra tra i due paesi era ripresa un anno fa, quando l’Azerbaijan provò un’operazione di riconquista solo parzialmente riuscita.

Dopo due mesi di combattimenti, i due paesi avevano firmato una tregua. L’Azerbaijan aveva conquistato molti territori occupati dall’Armenia, arrivando a pochi chilometri da Stepanakert, la capitale del Nagorno-Karabakh, mentre l’esercito armeno era stato costretto a ritirarsi su quasi tutti i fronti. L’accordo aveva quindi costretto l’Armenia a nette concessioni territoriali durissime, descritte dal presidente azero Ilham Aliyev come una vittoria per il suo paese.

In tutto questo, il Qarabag è la squadra di Agdam, città del Nagorno-Karabakh completamente distrutta dai combattimenti che ora di fatto non esiste più (è considerata una delle più grandi “città fantasma” al mondo). Per questo motivo la sua squadra si è trasferita da tempo a Baku, la capitale azera, dove gioca le sue partite casalinghe. È diventata inoltre una sorta di simbolo nazionale, anche grazie ai finanziamenti del conglomerato Azersun che l’hanno resa negli anni la squadra più forte del paese, anche degli stessi club di Baku.

Kairat Almaty

I giocatori del Kairat nei preliminari di Champions League contro il Maccabi Haifa (FC Kairat)

Per anni l’Astana è stata una delle squadre più temute in Europa. Non perché fosse un’avversaria particolarmente ostica, ma perché affrontarla voleva dire farsi una trasferta di oltre 6.000 chilometri e attraversare dai quattro ai sette fusi-orari, il tutto nel mezzo della settimana.

Quest’anno l’Astana non si è qualificata a nessuna coppa europea. È stata sostituita però dal Kairat Almaty, la squadra della vecchia capitale kazaka, ancora più a est di Astana: si trova all’estremo oriente del Kazakistan, a pochi chilometri dai confini con Kirghizistan e Cina.

Le tre sfortunate squadre di Conference League sorteggiate nello stesso girone del Kairat sono Omonia Nicosia, Basilea e Qarabag. Tutte e tre, a turno, si troveranno a giocare allo stadio Almaty Ortalyk, impianto di epoca sovietica completamente esposto alle intemperie della regione, che oltre vent’anni fa furono tra i motivi del trasferimento della capitale nella nuova Astana (che ora si chiama Nur-Sultan). La partita contro l’Omonia Nicosia sarà quella con il coefficiente UEFA più basso di sempre, mentre il Basilea, per arrivare ad Almaty il prossimo 25 novembre, dovrà farsi una trasferta di almeno 14 ore, solo all’andata.

Genk

La tifoseria del Genk alla Luminus Arena (Tim De Waele/KRC Genk)

Con circa 65.000 abitanti, Genk è uno dei centri più importanti del Belgio. La città si è sviluppata attorno alle vecchie miniere di carbone di Winterslag e di Waterschei, entrambe chiuse da tempo. Per via dell’intensa attività mineraria che caratterizzò più di ogni altra cosa l’economia locale dell’epoca, l’attuale popolazione di Genk è costituita per circa un terzo da abitanti di origini italiane.

Al termine della Seconda guerra mondiale, infatti, migliaia di operai poco qualificati e disoccupati lasciarono l’Italia per lavorare in quelle miniere, in virtù di un accordo stretto tra il governo italiano e quello belga per assicurare carbone al primo e forza lavoro al secondo. Di conseguenza ancora oggi nel centro abitato di Genk la presenza di una folta comunità italiana si nota facilmente.

Lo stesso succede quando si assiste a una partita della squadra di calcio locale, il Racing Club Genk, una delle più importanti del campionato belga, famosa soprattutto per la qualità del suo settore giovanile. La sua tifoseria – fra le più numerose e affezionate del paese – viene rappresentata con striscioni e bandiere italiane. I cori del tifo organizzato riprendono quelli diffusi negli stadi italiani. Nell’intervallo delle partite della squadra, gli altoparlanti trasmettono prevalentemente musica italiana: uno dei pezzi più suonati è “Marina”, canzone del 1959 di Rocco Granata, cantante italiano che da bambino si trasferì a Genk con la famiglia, dopo che il padre trovò posto nella miniera di Waterschei.

– Leggi anche: Dove si vede il calcio quest’anno