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  • Mercoledì 8 settembre 2021

Il più grande processo francese dal dopoguerra

È quello che comincia oggi sugli attentati del 2015 a Parigi, con 20 imputati, 330 avvocati e 1.800 persone costituite parte civile

L'entrata del Palazzo di Giustizia di Parigi, 7 settembre 2021 (Siegfried Modola/Getty Images)
L'entrata del Palazzo di Giustizia di Parigi, 7 settembre 2021 (Siegfried Modola/Getty Images)

Mercoledì inizia in Francia il processo per gli attacchi terroristici del 13 novembre 2015 a Parigi, poi rivendicati dall’ISIS, al teatro Bataclan, allo Stade de France e in alcuni locali del X e XI arrondissement, che provocarono 130 morti e più di 400 feriti. Si tratta del più grande processo che si tiene in Francia dal dopoguerra e tra gli imputati ci sarà anche Salah Abdeslam, l’unico rimasto in vita dopo gli attacchi di Parigi, arrestato a Bruxelles nel marzo 2016.

Qualche numero
Le udienze, presiedute da Jean-Louis Péries, dureranno circa nove mesi davanti a cinque magistrati e si svolgeranno in una sala di 750 metri quadrati costruita per l’occasione all’interno del complesso dove si trova il Palazzo di Giustizia di Parigi, all’Ile de la Cité. In altre sale dell’edificio sono stati predisposti degli schermi per assistere in diretta alle udienze ed è stata attivata una web radio per le parti civili che resteranno a casa o si trovano all’estero. Circa 1.800 persone di venti nazionalità diverse si sono costituite parte civile, gli avvocati coinvolti saranno 330 e 141 sono i media accreditati.

L’inchiesta, che è durata quattro anni e mezzo e ha coinvolto 19 paesi, ha portato all’accusa di 20 persone, di cui solo 14 saranno presenti: 11 si trovano in carcere e 3 sono liberi. Gli altri 6 saranno processati in contumacia. La maggior parte di loro comparirà per associazione a delinquere terroristica e complicità. Dodici degli imputati rischiano la pena massima per le accuse, cioè l’ergastolo, altri sette vent’anni di carcere e uno sei anni.

13 novembre 2015
Era un venerdì, e alle 21.10 ebbe inizio l’attacco allo Stade de France, il principale stadio della città dove si stava giocando una partita amichevole di calcio tra le nazionali di Francia e Germania, a cui era presente anche l’allora presidente della Repubblica francese, François Hollande. Ci furono due esplosioni e un morto.

Pochi minuti dopo nel centro di Parigi il secondo commando, composto da tre terroristi armati di fucili d’assalto, cominciò a sparare alle persone sedute in due locali tra il X e l’XI arrondissement, il Carillon Café, il Petit Cambodge, vicino a Rue Alibert, e poi nei ristoranti di Rue de Charonne: 36 morti. Alle 21.41, pochi chilometri più a sud, un attentatore colpì da solo la brasserie Comptoir Voltaire azionando la sua cintura esplosiva e ferendo una quindicina di persone, ma uccidendo soltanto se stesso.

(Le Monde)

Nel frattempo al Bataclan, una sala da concerti da 1.500 posti, stavano suonando gli Eagles of Death Metal, una nota band rock californiana. L’attacco iniziò alle 21.47. Dopo aver sparato ad alcune persone che stavano fumando e a un addetto alla sicurezza, il terzo commando composto da tre terroristi salì su un piano rialzato tra la platea e i palchi e cominciò a sparare a caso sulla folla. Secondo diverse ricostruzioni, la maggior parte delle persone morte al Bataclan furono uccise nei primi minuti dall’arrivo dei terroristi; molte si sdraiarono a terra fingendosi morte, molte altre provarono a scappare nei bagni, dalle uscite di sicurezza e sul tetto, e altre ancora vennero prese in ostaggio.

I primi agenti di polizia arrivarono al Bataclan attorno alle 22. Spararono a un terrorista, facendo azionare la sua cintura esplosiva, e pochi minuti dopo furono raggiunti dagli uomini della “Brigades de Recherche et d’Intervention” (BRI), un’unità d’élite delle forze speciali francesi. Attorno alle 23.45 gli agenti della BRI sfondarono la porta della stanza dentro cui gli altri due terroristi avevano preso in ostaggio le persone, costringendoli ad arrivare fino alla fine del corridoio e lasciando agli ostaggi lo spazio per mettersi in salvo. Le cinture esplosive dei terroristi vennero azionate – non fu chiaro se a causa dei proiettili o se attivate da loro – e l’operazione si concluse: i morti furono in tutto 90. Gli attentatori che morirono durante gli attacchi, o pochi giorni dopo durante le operazioni di polizia, furono nove in totale.

Gli imputati
Dei 20 imputati, 11 sono attualmente detenuti, compreso l’unico sopravvissuto del commando attivo a Parigi: Salah Abdeslam, arrestato a Bruxelles nel marzo del 2016 e poi condannato a 20 anni di carcere in Belgio per il tentato omicidio di alcuni poliziotti.

– Leggi anche: L’avvocato di Salah Abdeslam

Durante il processo dovranno essere chiarite molte questioni che l’inchiesta non è riuscita a stabilire con precisione e che hanno a che fare con lo svolgimento dei fatti, con il ruolo di Salah Abdeslam, e anche con chi abbia dato l’ordine e deciso l’attacco.

Salah Abdeslam è sospettato di aver gestito la logistica degli attacchi di Parigi. È accusato di aver contattato, in Ungheria e in Germania, tra i dieci e i dodici jihadisti inviati dalla Siria, e di averli poi scortati a Bruxelles tra l’agosto e l’ottobre del 2015: sette di loro avrebbero poi preso parte agli attacchi di Parigi. Salah Abdeslam è anche accusato di aver acquistato, l’8 ottobre, 15 litri di un prodotto per la manutenzione delle piscine che consente la produzione di un esplosivo, oltre ad aver fornito diversi veicoli e nascondigli per i membri della cellula.

Per motivi che non si conoscono, Salah Abdeslam abbandonò la sua cintura di esplosivo, rinunciando a farsi saltare in aria come gli altri membri del commando. Dal suo arresto è rimasto praticamente sempre in silenzio e c’è molta attesa per come deciderà di comportarsi durante il processo. Accanto a lui comparirà uno dei suoi amici d’infanzia, Mohamed Abrini. Il 36enne belga-marocchino è accusato di aver assistito Salah Abdeslam in diversi punti chiave dell’operazione.

– Leggi anche: Salah Abdeslam non era mica un migrante

Tre degli imputati sono invece liberi e sono accusati di aver aiutato i membri del commando che ha compiuto gli attacchi: non è stato ancora stabilito il loro livello di conoscenza di quanto era stato pianificato.

Sei imputati saranno processati in contumacia. Uno di loro, Ahmed Dahmani, amico di Salah Abdeslam, era stato arrestato nel novembre 2015 in Turchia e condannato per terrorismo. Le autorità turche si rifiutano di consegnarlo alla giustizia francese finché non avrà scontato i due terzi della pena. Gli altri cinque imputati in contumacia, membri dell’ISIS, si presume siano morti nella zona iracheno-siriana, ma, in assenza di prove formali della loro morte, possono essere perseguiti.

I testimoni
Diversi articoli sui giornali francesi raccontano in queste ore le storie e il ruolo delle persone che testimonieranno al processo: «Come raccontare l’orrore? Quali parole per descrivere la carneficina? Come evitare la ridondanza, quando saranno circa 280 a testimoniare?», scrive ad esempio Libération. «Questa è una delle caratteristiche specifiche dei processi per terrorismo: le vittime sono numerose e hanno una dimensione politica molto forte», ha spiegato Antoine Mégie, sociologo e docente di scienze politiche all’Università di Rouen.

Il programma del processo prevede che già a ottobre si tengano tra le 13 e le 17 testimonianze al giorno: ognuna durerà circa trenta minuti, ma diversi avvocati hanno fatto sapere di aver detto ai loro clienti che se il tempo «per raccontare le loro ferite, le loro sofferenze, la loro storia» non sarà sufficiente, potranno prendersene altro.

Per tutelare tutte le parti civili dallo «tsunami mediatico», come lo ha definito una di loro, è stato scelto un sistema ispirato ai grandi processi per terrorismo: ciascun testimone e ciascuna persona coinvolta indosserà un cordoncino colorato per tutta la durata del processo. Sarà rosso, se non vogliono interagire con la stampa, verde se saranno disponibili a farlo. Affronteranno comunque un paradosso, conclude Libération: da un lato la paura di essere identificati, di ridiventare un bersaglio, dall’altro la necessità di parlare in pubblico di ciò che stanno attraversando. Testimonieranno, tra gli altri, anche François Hollande, presidente al tempo degli attentati, e l’ex ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve.