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  • Martedì 7 settembre 2021

Il cambiamento climatico sta causando una carestia in Madagascar

Più di un milione di persone è in condizione di insicurezza alimentare, a causa della peggiore siccità degli ultimi 40 anni

Bambini nella città di Ankilimarovahatsy, nel sud del Madagascar (AP Photo/Laetitia Began)
Bambini nella città di Ankilimarovahatsy, nel sud del Madagascar (AP Photo/Laetitia Began)

Il Madagascar sta attraversando un periodo di gravissima carestia, causato dalla prolungata siccità che ha colpito il paese negli ultimi anni, a sua volta dovuta al cambiamento climatico. A causa della carestia, più di un milione di persone si trova in condizione di insicurezza alimentare, e secondo l’ONU la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente.

Il Madagascar, una grande isola dell’Oceano Indiano che si trova di fronte alla costa dell’Africa sud-orientale ed è abitata da 27 milioni di persone, è stato spesso colpito da periodi di siccità in passato, soprattutto a causa del fenomeno climatico El Niño, ma negli ultimi cinque anni le piogge sono state molto più scarse del normale, in particolare nel sud del paese. Vaste aree di vegetazione, come mostrato dai satelliti della NASA, hanno lasciato spazio a terre desertiche, e i raccolti ne hanno subìto le conseguenze.

Secondo il Programma alimentare mondiale, più noto come World Food Programme in inglese (WFP), agenzia dell’ONU che si occupa di assistenza alimentare nel mondo, la siccità in corso è la più grave degli ultimi 40 anni in Madagascar, e attualmente ci sono circa 1,14 milioni di persone in condizione di insicurezza alimentare e 14mila in condizioni di “catastrofe”, ovvero la Fase 5 della classificazione integrata della sicurezza alimentare (IPC). La situazione potrebbe peggiorare ulteriormente nelle prossime settimane, con la fine della stagione del raccolto, e per ottobre le persone in condizioni di “catastrofe” potrebbero salire a 28mila, secondo il WFP.

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Secondo Lola Castro, direttrice regionale del WFP per l’Africa meridionale, a differenza di altre situazioni di carestia che si sono osservate nel mondo, in questo caso la causa non è da attribuire a fattori interni, come conflitti e malattie, ma a un fattore esterno di cui gli abitanti del Madagascar non hanno colpe: il cambiamento climatico. Shelley Thakral, portavoce del WFP, ha detto che «è una situazione senza precedenti: queste persone non hanno fatto nulla per contribuire al cambiamento climatico. Non usano combustibili fossili, e ciononostante stanno subendo le conseguenze del clima che cambia».

Il cambiamento climatico è la causa principale della siccità, ma c’è da considerare anche l’impoverimento generale della popolazione, reso più grave negli ultimi due anni dalla pandemia da coronavirus. Nel sud del Madagascar la situazione è drammatica: in diverse città, anche quelle più grandi, ci sono persone che vivono in estrema povertà e che sono costrette a nutrirsi di insetti. Il problema riguarda soprattutto le persone il cui sostentamento economico è tutto basato sull’agricoltura, che negli ultimi cinque anni ha prodotto un solo buon raccolto. Molti bambini devono lasciare la scuola per mettersi a lavorare e provare a guadagnare qualcosa per comprare del cibo, e in alcuni casi le famiglie più povere danno le proprie figlie minorenni in moglie a uomini adulti, non potendole mantenere.

Il Madagascar era già un paese molto povero prima della pandemia, ma il coronavirus ha colpito anche uno dei pochi settori in cui le cose andavano bene per l’economia malgascia, il turismo. Senza l’arrivo di turisti da paesi stranieri nel 2020 c’è stata una contrazione dell’economia del 4,2 per cento, a fronte di un’aspettativa di crescita del 5,2 per cento.

Diversi analisti hanno inoltre criticato la risposta del governo del Madagascar alla pandemia. Nell’aprile del 2020, mentre in Europa si stava attraversando il momento peggiore della pandemia, il presidente Andry Rajoelina aveva annunciato la scoperta di una cura contro il coronavirus: una tisana a base di erbe medicinali prodotta da un laboratorio di ricerca locale.

Benché non esistessero prove scientifiche dell’efficacia della bevanda, Rajoelina l’aveva distribuita alla popolazione e, malgrado l’evidente aumento dei contagi, aveva continuato a ribadire l’efficacia della cura. Inoltre, almeno all’inizio della pandemia, aveva rifiutato di aderire al programma COVAX, lo strumento di solidarietà internazionale per garantire l’accesso ai vaccini contro il coronavirus ai paesi più poveri. Nell’aprile del 2021 aveva infine deciso di aderire, ma ad oggi meno dell’1 per cento della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino.