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  • Mercoledì 5 maggio 2021

Le elezioni di giovedì avvicineranno la Scozia all’indipendenza?

Solo se il partito della prima ministra Nicola Sturgeon stravince, ma con il recente calo dei consensi non è per nulla scontato

Nicola Sturgeon (AP Photo/Christophe Ena)
Nicola Sturgeon (AP Photo/Christophe Ena)

La prima ministra scozzese Nicola Sturgeon ha definito le elezioni parlamentari che si terranno giovedì 6 maggio come «le più importanti nella storia della Scozia»: sono state forse dichiarazioni eccessive, come molte pronunciate durante le campagne elettorali, ma Sturgeon potrebbe in parte avere detto qualcosa di vero.

Nel caso di una larga vittoria del Partito Nazionalista Scozzese (SNP), europeista e di centrosinistra, quasi sicuramente il governo guidato da Sturgeon chiederà al governo centrale del Regno Unito, di cui la Scozia fa parte, di indire un nuovo referendum sull’indipendenza dopo quello fallito nel 2014. Se invece l’SNP dovesse ottenere un risultato inferiore rispetto alle ultime elezioni – come sembra dai sondaggi – la causa indipendentista perderebbe grande slancio, e difficilmente si riparlerebbe di un nuovo voto prima delle nuove elezioni del 2026; un orizzonte troppo lontano per fare programmi.

Ma giovedì l’SNP si gioca anche buona parte della sua sopravvivenza. Dopo 14 anni al potere in molti temono che un cattivo risultato elettorale innescherebbe un lento sgretolamento dei consensi del partito. «L’SNP ha perso un po’ della sua brillantezza: in molti mettono in dubbio i risultati raggiunti sulla sanità, l’educazione e la povertà», ha detto al Guardian Michael Ashcroft, imprenditore, ex vicesegretario dei Conservatori britannici e oggi rispettato esperto di sondaggi: «qualcuno dice apertamente che l’SNP è solo un mezzo per un fine, e che il partito che otterrà l’indipendenza dalla Scozia potrebbe non essere quello giusto per guidarla» nei prossimi anni.

(AP Photo/Markus Schreiber)

L’SNP fu fondato negli anni Trenta, ma per decenni fu oscurato dai consensi della sezione scozzese del Partito Laburista, che dominò la politica della Scozia fino a circa quindici anni fa. Il sorpasso nel Parlamento scozzese – istituito nel 1999 come parte delle maggiori autonomie concesse dal governo centrale britannico Laburista ai vari stati del Regno Unito – avvenne nel 2007, quando il partito ottenne il 32,9 per cento dei voti spinto anche da un leader carismatico come Alex Salmond, che riuscì a saldare la causa indipendentista alle principali battaglie del centrosinistra europeo.

Salmond si dimise da primo ministro e da leader del partito dopo aver perso il referendum sull’indipendenza, nel 2014, ma la sua ex vicesegretaria del partito Nicola Sturgeon è stata in grado di ottenere consensi ancora superiori a quelli di Salmond. Da quando Sturgeon guida l’SNP, il partito ha ottenuto meno del 40 per cento dei voti in una sola occasione, alle elezioni politiche del 2017 del Regno Unito.

Sturgeon, che oggi ha 50 anni, si è inoltre affermata come una leader autorevole sia nel Regno Unito – dove ormai da anni è una specie di leader dell’opposizione del governo centrale di Londra a guida Conservatrice – sia in Europa, anche grazie alle sue posizioni fortemente europeiste.

Anche all’inizio della pandemia, Sturgeon era stata lodata come una delle leader europee che avevano gestito meglio l’emergenza sanitaria. Il consenso crescente di Sturgeon e dell’SNP aveva inoltre gonfiato la quota di scozzesi favorevoli all’indipendenza dal Regno Unito, causa che nell’autunno del 2020 – in corrispondenza delle preoccupazioni per l’imminente uscita definitiva del Regno Unito dall’Unione Europea – aveva raggiunto il suo picco storico. Nei mesi successivi però la tendenza aveva iniziato a invertirsi.

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Fra febbraio e marzo Sturgeon è stata coinvolta in un complicato scandalo politico sulla gestione di una serie di accuse di violenza sessuale contro Alex Salmond, che nel 2018 portarono alle dimissioni di quest’ultimo da deputato (Salmond fu poi scagionato da tutte le accuse nel 2020). Nelle stesse settimane in tutto il Regno Unito è decollata la campagna vaccinale contro il coronavirus, soprattutto grazie agli sforzi del governo centrale guidato da uno dei principali avversari politici di Sturgeon, Boris Johnson. Da quel momento l’SNP ha perso quasi 10 punti nei sondaggi.

Diversi osservatori politici ritengono che le crepe nel consenso dell’SNP non si siano formate ieri. «Dopo 14 anni di governi dell’SNP non sarei sorpreso se ci fosse un crescente cinismo riguardo alle promesse che il partito non ha mantenuto», ha detto al Guardian James Mitchell, un politologo dell’università di Edimburgo che studia da tempo il consenso dell’SNP: «la gente è stufa, come lo era alla fine degli anni di dominio dei Laburisti».

Durante i suoi governi, l’SNP è riuscita a riportare il tasso di disoccupazione in Scozia ai livelli precedenti alla crisi economica del 2010, e ad usare il bilancio nazionale scozzese – controllato al 60 per cento dal governo regionale e al 40 da quello centrale – per misure di stampo progressista come la riduzione delle tasse per i più poveri, maggiori sostegni alle rette universitarie, e l’abbassamento dell’età minima per votare a 16 anni.

Al contempo la Scozia rimane un paese piccolo, periferico e piuttosto povero, dove un bambino su quattro vive in una famiglia sotto la soglia di povertà – e la cifra non è cambiata molto negli ultimi dieci anni, nota il Financial Times – in cui ogni anno muore per cause connesse alla tossicodipendenza un numero di persone altissimo e imparagonabile rispetto al resto dell’Europa, e dove il sistema sanitario è così poco apprezzato che in campagna elettorale l’SNP in caso di vittoria ha promesso un piano per ristrutturare tutti i principali ospedali del paese.

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I partiti che stanno cercando di approfittare del momento di debolezza di Sturgeon e del logoramento dell’SNP sono soprattutto due: la sezione scozzese dei Laburisti britannici e quella dei Verdi.

I Laburisti scozzesi hanno un nuovo leader da appena due mesi, Anas Sarwar, e in molti hanno notato che la sua nomina ha coinciso quasi esattamente con il calo dei consensi a favore dell’indipendenza, tradizionalmente osteggiata dal Partito Laburista in favore di una sempre maggiore autonomia. Sarwar ha 38 anni ma è da anni uno dei politici scozzesi più in vista, anche perché è uno dei pochissimi non bianchi (i suoi genitori arrivarono a Glasgow dal Pakistan).

Sarwar ha posizioni piuttosto progressiste ma più tradizionali riguardo la monarchia e l’indipendenza dal Regno Unito, come del resto il segretario del partito nazionale Keir Starmer, e nelle settimane di campagna elettorale sta insistendo molto sul fatto che il prossimo governo scozzese dovrebbe concentrarsi più sulla ripresa dopo la pandemia che su un eventuale referendum sull’indipendenza.

Per ora la strategia sembra funzionare: il suo tasso di popolarità è più che raddoppiato negli ultimi due mesi, passando dal 19 al 38 per cento, e diversi elettori e analisti sono rimasti positivamente colpiti dal suo talento politico. «Davanti alle telecamere è rilassato, ha il senso dell’umorismo e comprende la forza di parlare in maniera empatica», ha notato Gina Davidson, giornalista politica dello Scotsman.

(Jeff J Mitchell/Getty Images)

I Verdi, invece, viaggiano stabilmente intorno al 10 per cento nei sondaggi, e da tempo si preparano a un ruolo maggiore nella vita politica scozzese. Mentre su alcuni temi superano a sinistra sia l’SNP sia i Laburisti – sono contrari a rimanere nel Commonwealth in caso di indipendenza dal Regno Unito, per dire – sull’opportunità di un nuovo referendum sembrano più cauti rispetto a un tempo, forse per evitare di spaventare gli elettori più moderati.

Molti potenziali e attuali elettori dei Verdi contattati dallo Scotsman sostengono di essersi avvicinati al partito per via dei timori legati al cambiamento climatico: del resto la Scozia è un paese in cui la maggioranza degli abitanti – l’83 per cento – vive nelle città, che occupano il 2 per cento del territorio scozzese; ma dove una minoranza significativa, cioè il 17 per cento, vive nel restante 98 per cento del territorio, spesso in posti remotissimi.

Un piccolo gruppo di manifestanti protesta contro la visita del primo ministro britannico Boris Johnson alle Isole Orcadi, dove circa 22mila persone vivono sparse su 50 isole (Robert Perry/Getty Images)

Eppure, nonostante le difficoltà di Sturgeon e dell’SNP, la vittoria del partito non sembra in discussione. Sarwar ha ammesso che non ci sono grandi possibilità di una sua elezione a primo ministro, mentre i Verdi hanno già lasciato intuire che in caso di un buon risultato formeranno una coalizione di governo con l’SNP.

«La questione più importante attorno alle elezioni non riguarda la vittoria dell’SNP, ma di quanto vinceranno», ha scritto su EUobserver Mare Ushkovska, analista politica per il Council for European Studies (CES) ed esperta di indipendentismo in Europa.

La popolarità di Sturgeon sta effettivamente diminuendo da tempo, ma negli ultimi giorni YouGov ha stimato che circa il 60 per cento degli scozzesi ha un’opinione positiva o molto positiva del suo operato. Ed è vero che il consenso per l’indipendenza dal Regno Unito si è molto ridotto nelle ultime settimane, ma non è crollato: e la premessa per tenere un nuovo voto – l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, decisa due anni dopo il primo referendum scozzese – sembra molto sentita dagli scozzesi, tanto che dopo l’avvio di Brexit gli scozzesi favorevoli a una Scozia indipendente sono aumentati.

Ushkovska scrive che l’SNP dovrà calcolare bene come muoversi dopo le elezioni. Mentre un buon risultato darebbe slancio alla causa indipendentista, forzare un nuovo referendum dopo un calo nei voti potrebbe risultare controproducente:

Il governo scozzese potrebbe imparare qualcosa dal caso del Quebec, la regione francofona canadese che in passato spinse per l’indipendenza e in cui si tennero due referendum fallimentari a riguardo, nel 1980 e nel 1995. L’esempio mostra sia che un secondo referendum per l’indipendenza si può ripetere, in determinate circostanze, sia che un terzo voto in caso di sconfitta sia improbabile. In caso di una eventuale sconfitta in un secondo, determinante referendum, il movimento nazionalista scozzese potrebbe non sopravvivere.

Attorno all’esito del voto rimane una notevole incertezza. BBC News fa notare che alle elezioni parlamentari in Scozia l’affluenza media è piuttosto bassa, intorno al 53 per cento. Quest’anno si aggiungono diversi altri fattori – la pandemia, l’aura di inevitabilità attorno all’SNP, l’incremento dei voti per posta, il possibile aumento di consensi ai Conservatori scozzesi per via della campagna vaccinale – che rendono ancora più difficile pronosticare come andrà a finire.

Non che prima fosse facile, nemmeno per i sondaggisti. Il sistema elettorale scozzese è parecchio intricato, e oscillazioni anche di poche centinaia di voti possono cambiare l’assegnazione di un seggio a un determinato partito. I 129 seggi del Parlamento scozzese sono infatti assegnati con due metodi diversi. 73 vengono distribuiti con un criterio uninominale: il territorio scozzese viene diviso in 73 circoscrizioni medio-piccole in cui ciascun partito presenta il proprio candidato, e chi prende anche un solo voto in più degli altri viene eletto (più o meno come succede alle elezioni parlamentari britanniche).

I restanti 56 seggi vengono assegnati invece su base regionale e tramite un calcolo matematico che privilegia i partiti che hanno ottenuto meno seggi col criterio uninominale. In ognuna delle otto regioni in cui è divisa la Scozia agli elettori viene data un’altra scheda rispetto a quella della propria circoscrizione – colorata di lilla, mentre la scheda regionale è color pesca – in cui si può votare per un partito, anche diverso da quello del candidato votato sulla scheda lilla. In sede di scrutinio si conteggiano i voti e si assegnano infine 7 seggi per regione, con questo calcolo: il numero dei voti ottenuti sulla scheda color pesca diviso i seggi ottenuti al primo turno più uno. In questo modo ogni scozzese ha un parlamentare di riferimento – quello della propria circoscrizione – sia una platea di parlamentari “regionali”, che peraltro appartengono a più partiti.

Per entrare in Parlamento ciascun partito deve raggiungere almeno il 6 per cento in una delle 8 regioni della scheda color pesca: è un obiettivo alla portata di vari piccoli partiti ma allo stesso tempo non facilissimo da raggiungere né tantomeno da prevedere. Il nuovo partito personale di Alex Salmond, Alba, è dato intorno al 5 per cento a livello nazionale ma nessuno sa davvero se riuscirà a entrare in Parlamento.


Questo sistema garantisce una certa contendibilità dei seggi a livello regionale, tanto che negli ultimi anni i partiti scozzesi hanno spesso chiesto il voto per la scheda color pesca, accettando con un discreto realismo di non poter competere per le elezioni di circoscrizione, dove in molti casi i parlamentari eletti riescono a costruire un forte consenso personale.

Nelle Isole Orcadi, per esempio, le elezioni di circoscrizione sono sempre state vinte dai Liberal-Democratici scozzesi, mentre quelle regionali sono tradizionalmente più aperte. Nel 2017 il candidato dei Liberal-Democratici e parlamentare uscente Liam McArthur ottenne 7.096 dei 10.534 voti espressi sulle schede viola, mentre sulla scheda color pesca i Liberal-Democratici ne presero circa la metà; i Conservatori ottennero il triplo dei voti presi dal loro candidato di circoscrizione, Jamie Halcro Johnston.

La leader dei Conservatori scozzesi, Ruth Davidson, durante un recente evento elettorale a Edimburgo. Sul cartello si legge “sulla scheda color pesca vota per i Conservatori” (Peter Summers/Getty Images)

Mentre di solito lo scrutinio iniziava alla chiusura dei seggi del giorno del voto, cioè alle 22 ora locale, alle elezioni del 2021 comincerà soltanto la mattina di venerdì 7 maggio, in modo che tutti i voti per posta possano arrivare nei seggi. BBC News stima che circa due terzi delle circoscrizioni potrebbero diffondere i risultati entro venerdì, mentre le circoscrizioni rimanenti e soprattutto le otto regioni dovrebbero comunicare i risultati soltanto nella giornata di sabato. Un’idea più chiara di come sarà andata, insomma, si potrà avere soltanto sabato sera.