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  • Martedì 2 marzo 2021

Perché in Nigeria vengono rapiti così tanti studenti nelle scuole

Per i gruppi armati è diventato un gran giro d'affari, e il governo sembra non avere strumenti per contrastarlo

Le scarpe degli studenti rapiti a dicembre 2020 da un collegio a Kankara, in Nigeria, tra i banchi di una classe (AP Photo/Sunday Alamba, LaPresse)
Le scarpe degli studenti rapiti a dicembre 2020 da un collegio a Kankara, in Nigeria, tra i banchi di una classe (AP Photo/Sunday Alamba, LaPresse)

Negli ultimi anni in Nigeria sono diventati frequenti i rapimenti di studentesse e studenti nelle scuole, compiuti da gruppi criminali con l’obiettivo di ottenere grandi quantità di soldi sotto forma di riscatto. Il rapimento più conosciuto avvenne nel 2014, quando il gruppo islamista e terrorista Boko Haram rapì 276 studentesse, molte delle quali poi liberate dietro al pagamento di un riscatto o scappate; l’ultimo episodio simile è avvenuto lo scorso 26 febbraio, quando sono state rapite oltre 300 studentesse in una scuola nel nord-ovest del paese, poi liberate tutte dopo pochi giorni.

I dati raccolti dalla SB Morgan, una società di consulenza nigeriana, mostrano che dal marzo 2011 al maggio 2020 per riscatti di questo genere è stato pagato l’equivalente di oltre 15 milioni di euro. La concentrazione maggiore si è avuta negli anni più recenti, a testimonianza della crescita economica del fenomeno. Negli ultimissimi mesi – che non rientrano in questa stima – i sequestri sono aumentati ancora (solo dalla fine di dicembre ce ne sono stati tre).

Le proteste a Londra nel 2014 per il rilascio delle studentesse rapite dall’organizzazione Boko Haram (Dan Kitwood/Getty Images)

Oggi la preoccupazione è che la crisi economica provocata dalla pandemia da coronavirus possa favorire il reclutamento di giovani nei gruppi criminali nigeriani, provocando un aumento delle attività illecite, tra cui i rapimenti.

I gruppi armati hanno fatto dei rapimenti un grande giro d’affari, sfruttando la disponibilità del governo nigeriano a pagare i riscatti e a subire la pressione dell’opinione pubblica e dei media internazionali. Per questa ragione i sequestratori si sono orientati via via al sequestro di gruppi numerosi di studenti appartenenti a famiglie anche povere o modeste, invece che al rapimento di poche persone ricche e famose. Questo ha comportato il parallelo ridimensionamento delle richieste dei rapitori, che hanno iniziato a chiedere riscatti più bassi, meno di mille euro a persona; ha comportato anche un peggioramento della situazione dei rapiti, il cui “valore” delle vite si è ridotto agli occhi dei rapitori.

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In un certo senso, anche il governo nigeriano ha sfruttato più volte a proprio vantaggio questa situazione. Lo scorso dicembre, dopo la liberazione di centinaia di studenti rapiti pochi giorni prima in una scuola dello stato nord-occidentale di Katsina, il presidente nigeriano Muhammadu Buhari si era presentato davanti alle telecamere a fianco degli studenti che indossavano ancora i vestiti del rapimento. Secondo molti osservatori, il governo aveva usato la vicenda con intenti propagandistici, mostrando a tutto il paese la vittoria ottenuta contro i miliziani e sostenendo ripetutamente di non avere pagato alcun riscatto.

I flussi di denaro dei riscatti sono stati anche un occasione di guadagno per funzionari pubblici di medio livello, che hanno iniziato a trattenere parte della somma usata per liberare gli ostaggi. Anche il presidente Muhammadu Buhari ha criticato l’atteggiamento troppo passivo dei governatori locali nel cedere alle richieste dei gruppi criminali.

In queste condizioni, il meccanismo dei rapimenti sembra non poter avere una fine. Le scuole e i collegi con dormitori dove avvengono i sequestri, per la maggior parte nella zona nordoccidentale del paese, sono spesso isolati e fuori dai centri cittadini: qui la sicurezza – già poco presente nelle città – è praticamente inesistente. Inoltre, con i soldi guadagnati di volta in volta, i gruppi criminali si stanno armando ulteriormente e stanno diventando ancora più difficili da contrastare.

Uno dei dormitori da cui sono state rapite le oltre 300 studentesse a Jangebe, nello stato di Zamfara, in Nigeria, lo scorso 26 febbraio (AP Photo/Sunday Alamba, LaPresse)

Secondo quanto riferisce il giornale nigeriano Punch, il governo starebbe provando ad attuare un piano per rinforzare la sicurezza nelle scuole, anche se ancora non se ne conoscono i dettagli. Nel mentre però diverse famiglie stanno rinunciando a mandare i propri figli nei collegi e nelle scuole e altre li ritirano da quelle che frequentavano, per garantirne l’incolumità.