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  • Martedì 2 marzo 2021

Il politico che si è preso El Salvador

È il presidente Nayib Bukele, che ora controlla anche il parlamento e sembra voler governare in maniera sempre più autoritaria

(AP Photo/Salvador Melendez)
(AP Photo/Salvador Melendez)

Il presidente di El Salvador, Nayib Bukele, ha stravinto le elezioni parlamentari del 28 febbraio e ora si appresta a governare da solo, sostanzialmente senza opposizione e senza il bisogno dell’aiuto di altri partiti. Bukele era stato eletto a sorpresa presidente nel 2019, dopo essersi candidato da indipendente contro i due grandi partiti del paese; è la prima volta che il suo partito ottiene seggi al parlamento salvadoregno, e secondo diversi analisti potrebbe significare una svolta autoritaria nel governo del paese.

Con il 90 per cento delle schede scrutinate, il suo partito, Nuevas Ideas, ha raggiunto il 66,4 per cento dei voti, abbastanza per ottenere 56 seggi e la maggioranza assoluta nel parlamento. La vittoria di Bukele era attesa, ma il divario tra il suo partito e gli altri è stato molto più ampio di quanto ci si aspettasse. I due storici grandi partiti del paese, Arena (di centrodestra) e FMLN (di sinistra), hanno ottenuto rispettivamente solo il 12,1 e il 6,8 per cento dei voti, e potranno contare in tutto su 18 seggi in parlamento. Il piccolo partito GANA, che sosteneva Nuevas Ideas, ha invece ottenuto 5 seggi.

La vittoria rafforzerà il potere che Bukele ha già sul paese: per esempio, il controllo del parlamento gli consentirà di sostituire il Procuratore generale della repubblica e i magistrati della Corte Suprema, oltre che di modificare la Costituzione. Al momento infatti il presidente della Repubblica di El Salvador può governare per soli cinque anni, ma Bukele potrebbe modificare a suo favore il limite previsto dalla Costituzione.

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David Holiday, responsabile per l’America centrale della Open Societies Foundations, la grande organizzazione filantropica finanziata dal miliardario George Soros, ha commentato le ultime elezioni dicendo che «non ci sono controlli sul suo potere [di Bukele]: il popolo gli ha dato una specie di assegno in bianco per ricostruire El Salvador nel modo che ritiene più opportuno».

El Salvador è un piccolo stato dell’America centrale (più piccolo della Lombardia), dove negli anni Ottanta si combatté una guerra civile lunga 12 anni nella quale furono uccise più di 70 mila persone.

Nayib Bukele ha 39 anni ed è il primo presidente del paese a essere eletto senza il sostegno di Arena e FMLN, i dei partiti che avevano governato dalla fine della guerra civile, nel 1992. La sua storia politica era cominciata nel 2015 con l’elezione a sindaco di San Salvador, la capitale di El Salvador e principale città del paese. Bukele era un ricco uomo di affari con idee populiste e di sinistra che aveva promesso di liberare la città dalla violenza, dal degrado e dalla povertà.

Le cose a San Salvador avevano discretamente funzionato e Bukele era diventato popolare anche grazie al vasto programma di riqualificazione delle piazze della città, che nel giro di pochi anni da pericolose erano diventate nuovi simboli della sua amministrazione. Aveva quindi impostato la sua campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2019 sulla riqualificazione delle principali città del paese e sulla lotta alla corruzione, alla povertà e alla violenza. Alla fine Bukele vinse con il 53 per cento dei voti.

Nei suoi tre anni di presidenza si è contraddistinto per il suo sostegno all’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump e per un uso autoritario dei suoi poteri. Nel febbraio 2020, per esempio, ha occupato il parlamento nazionale per qualche ora insieme a militari e poliziotti armati, dopo che i deputati presenti in aula si erano rifiutati di approvare un prestito da 109 milioni di dollari necessario per finanziare un piano di sicurezza proposto dal governo.

Domenica, durante le elezioni, molti lo hanno paragonato proprio a Trump, perché in maniera simile all’ex presidente statunitense ha denunciato brogli dell’opposizione e ha convocato una conferenza stampa in cui ha attaccato la Commissione Elettorale, i media e il Procuratore generale della Repubblica. Bukele ha sostenuto – senza alcuna prova – che alcuni seggi fossero stati aperti in ritardo e che ad alcune persone fosse stato vietato di votare. Nella conferenza stampa ha anche invitato gli elettori a votare per il suo partito, violando la legge che impedisce di fare campagna elettorale negli ultimi tre giorni prima del voto.

Nayib Bukele durante la conferenza stampa di domenica 28 febbraio (ANSA/EPA/Wilfredo Lara)

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Prima delle elezioni Giancarlo Morelli, che si occupa di America Latina e Caraibi per l’Economist Intelligence Unit (EIU), società indipendente che fa parte del gruppo editoriale dell’Economist, aveva parlato dei possibili rischi di una vittoria di Bukele, dicendo che «una concentrazione così estrema di potere potrebbe anche essere dannosa per una democrazia giovane come quella di El Salvador».

Con il PIL crollato del 9 per cento nell’ultimo anno, anche a causa della pandemia da coronavirus, e il deficit che ha superato l’8 per cento del PIL del paese, Bukele cercherà probabilmente di trovare un accordo con il Fondo Monetario Internazionale per ottenere un prestito in grado di risollevare l’economia salvadoregna. Questo comporterà misure di austerità molto dure, che non potranno essere approvate dal parlamento senza la maggioranza assoluta di cui ora gode il suo partito.

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