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  • Lunedì 1 marzo 2021

Il primo discorso di Trump dopo aver lasciato la Casa Bianca

L'ha tenuto a una conferenza di conservatori, e ha fatto capire chiaramente che non intende ritirarsi dalla politica attiva

Trump durante il suo discorso alla CPAC (Joe Raedle/Getty Images)
Trump durante il suo discorso alla CPAC (Joe Raedle/Getty Images)

Domenica sera, nel suo primo discorso dopo aver lasciato la Casa Bianca, l’ex presidente statunitense Donald Trump ha detto a una conferenza di attivisti conservatori che potrebbe candidarsi per un altro mandato nel 2024, e ha reso chiaro che intende rimanere il leader di fatto del Partito Repubblicano, nonostante la sconfitta elettorale dell’anno scorso.

Trump ha parlato alla Conservative Political Action Conference (CPAC), un evento organizzato da politici e associazioni di attivisti americani appartenenti in gran parte all’ala destra del Partito Repubblicano: non è una conferenza ufficiale del partito, ma un evento annuale indipendente che tuttavia, nel corso del tempo, ha assunto sempre più importanza. La conferenza negli anni passati si è sempre tenuta in un centro congressi nello stato del Maryland, poco lontano da Washington, ma quest’anno è stata spostata a Orlando, in Florida, dove risiede Donald Trump.

La CPAC quest’anno è stata dominata da Trump e dal trumpismo. L’evento, cominciato giovedì scorso e concluso domenica sera, è stato dominato dall’ex presidente, citato praticamente da tutti i politici e gli attivisti intervenuti, che hanno confermato il loro sostegno: «Lasciate che ve lo dica, Donald J. Trump non va da nessuna parte», ha detto il senatore Repubblicano Ted Cruz durante il suo discorso.

Di solito, gli ex presidenti degli Stati Uniti hanno sempre abbandonato la politica attiva, con pochissime eccezioni: Trump ha fatto capire piuttosto chiaramente che non intende farlo.

Una statua dorata di Donald Trump con una bacchetta magica esposta durante la CPAC (Joe Raedle/Getty Images)

Durante il suo discorso, durato circa un’ora e mezza, Trump ha detto che non intende fondare un nuovo partito, perché «abbiamo già il Partito Repubblicano», e ha elogiato il suo periodo alla Casa Bianca come molto ricco di successi: «Il nostro viaggio è stato come nessun altro, non c’è mai stato un viaggio così, non c’è mai stato un viaggio così di successo, abbiamo cominciato assieme quattro anni fa ed è tutt’altro che finita».

Soprattutto, ha detto che sta prendendo in considerazione l’idea di candidarsi di nuovo alla presidenza, e nel farlo ha ripetuto la notizia falsa secondo cui avrebbe vinto le elezioni di novembre 2020: «Potrei perfino decidere di batterli per la terza volta», ha detto, riferendosi al Partito Democratico. La prima volta è stata la vittoria nel 2016 e la seconda, secondo Trump, sarebbero le elezioni di novembre scorso, che in realtà Trump ha perso in maniera piuttosto chiara: per la prima volta dal 2008, il Partito Democratico controlla la Casa Bianca, il Senato e la Camera.

Trump ha insistito molto sul fatto che gli sarebbe stata negata la vittoria elettorale, e sull’accusa infondata che Joe Biden avrebbe vinto grazie a brogli. Si è lamentato del fatto che la Corte Suprema non abbia «fatto niente a proposito». Inoltre, ha attaccato in maniera molto esplicita i politici del Partito Repubblicano che lo hanno criticato, o che hanno votato contro di lui durante il suo secondo processo di impeachment, in cui è stato accusato di aver incoraggiato l’attacco al Congresso del 6 gennaio scorso.

– Leggi anche: Trump è stato assolto nel processo di impeachment

Trump ha attaccato soprattutto i senatori che hanno votato contro di lui, come Lisa Murkowski dell’Alaska, Bill Cassidy della Louisiana e Susan Collins del Maine. Ha attaccato anche la deputata Liz Cheney, definendola una «guerrafondaia», e Mitch McConnell, il capogruppo dei Repubblicani al Senato, dichiarando falsamente che senza il suo aiuto non avrebbe ottenuto la riconferma del suo seggio in Kentucky. In realtà, McConnell ha sempre avuto un ampio margine nei sondaggi. Sia Cheney sia McConnell hanno criticato Trump negli scorsi mesi per il suo ruolo nell’attacco al Congresso.

«Liberiamocene», ha detto Trump. «Questi RINO che ci circondano distruggeranno il Partito Repubblicano», ha aggiunto, citando l’acronimo “Republicans In Name Only”, Repubblicani solo di nome, usata dall’ala destra del partito e dai trumpiani per ridicolizzare i moderati.

Trump ha anche criticato l’operato dell’amministrazione di Joe Biden: «Nel giro di nemmeno un mese, siamo passati da America first ad America last», ha detto, citando uno dei principali slogan della sua presidenza. Trump ha criticato Biden anche per la sua volontà di riaprire i negoziati per un accordo sul nucleare con l’Iran, per le politiche migratorie e per non aver forzato la riapertura delle scuole, nonostante la pandemia. «Sapevamo tutti che l’amministrazione Biden avrebbe fatto male, ma non immaginavamo che sarebbe andata così male e quanto si sarebbero spostati a sinistra».

Nel corso di tutta la conferenza, Trump è stato uno dei pochi a criticare in maniera più o meno puntuale elementi della politica dell’attuale presidente. La gran parte degli altri politici intervenuti si è concentrata su altri argomenti, riprendendo il tema generale della conferenza, “America Uncanceled”, un riferimento all’idea che il pensiero conservatore sarebbe messo in pericolo dalla “cancel culture” dei progressisti.

Durante la conferenza si sono tenuti anche dei sondaggi tra i partecipanti, considerati come un buon indicatore dell’umore della parte più conservatrice del Partito Repubblicano. In un primo sondaggio su chi sarebbe il più votato in un’eventuale corsa alla presidenza, Trump ha ottenuto il 55 per cento delle preferenze, anche se molti analisti hanno notato che soltanto il 68 per cento dei partecipanti si è detto convinto che l’ex presidente dovrebbe correre per un altro mandato: è un risultato alto, ma non così tanto se si considera che i partecipanti fanno parte dell’ala più conservatrice e attivista del Partito Repubblicano.

In un secondo sondaggio, senza Trump, il politico più gradito è stato Ron DeSantis, il governatore della Florida, con il 43 per cento dei voti. Kristin Nome, governatrice del South Dakota, è arrivata seconda con l’11 per cento.