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  • Mercoledì 24 febbraio 2021

Uno dei peggiori disastri ambientali degli ultimi decenni in Israele

È stato trovato bitume su 170 chilometri di costa del paese, ma non si sa ancora da dove sia arrivato

Una tartaruga ricoperta di bitume trovata nei pressi della riserva naturale di Gador, vicino alla città di Hadera (AP Photo/Ariel Schalit)
Una tartaruga ricoperta di bitume trovata nei pressi della riserva naturale di Gador, vicino alla città di Hadera (AP Photo/Ariel Schalit)

È passata una settimana da quando in Israele una fuoriuscita di petrolio in mare aperto ha fatto depositare almeno mille tonnellate di bitume sulle coste del paese. Il bitume – che è il materiale solido in cui si trasforma il petrolio a basse temperature – è stato trovato su circa 170 chilometri di costa (la costa mediterranea di Israele si estende per circa 195 chilometri) e da giorni migliaia di volontari, coordinati da ONG e autorità ambientali locali, sono al lavoro per cercare di ripulire le spiagge.

Il bitume è però talmente tanto che secondo alcuni attivisti potrebbero volerci decenni per rimuoverlo davvero tutto. Shaul Goldstein, direttore dell’autorità israeliana che si occupa dei parchi naturali e che da giorni è impegnato a ripulire le spiagge, ha detto: «Mi viene da piangere. [Il bitume] è ovunque, in alcuni punti è spesso anche 10-12 centimetri». Diversi funzionari israeliani lo hanno definito uno dei peggiori disastri ambientali degli ultimi decenni in Israele.

Cosa abbia causato la perdita di petrolio al momento non è chiaro: secondo il ministero della Protezione ambientale è probabile che si tratti di una petroliera, ma individuarla potrebbe non essere facile, perché è possibile che stesse operando illegalmente e quindi che non fosse monitorata. La ministra per la Protezione ambientale, Gila Gamliel, ha detto che sono state individuate 10 navi da cui potrebbe essere fuoriuscito il petrolio e ha detto di ritenere che l’incidente sia avvenuto al di fuori delle acque territoriali israeliane, a circa 31 miglia dalla costa. Nel frattempo è stata avviata un’indagine che sta cercando di individuare la causa della fuoriuscita anche con l’utilizzo di immagini satellitari.

La spiaggia di Nahsholim, nel nord di Israele (AP Photo/Ariel Schalit)

Domenica 21 febbraio il governo ha chiuso tutte le spiagge del paese sul Mar Mediterraneo e ha stanziato 45 milioni di shekels (11,3 milioni di euro) per la pulizia delle coste. Ad alcuni volontari che stanno lavorando per rimuovere il bitume sono state date delle bombole di ossigeno a causa delle difficoltà che avevano a respirare dopo averne inalato i fumi.

Il bitume è arrivato fino alle coste meridionali del Libano, e le autorità libanesi hanno dato la colpa a Israele, senza però mostrare di averne le prove. Non sarebbe invece arrivato sulle coste della Striscia di Gaza, secondo Yasser al-Shanti, a capo dell’autorità marittima di Gaza.

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Nel frattempo in Israele stanno proseguendo anche le operazioni di soccorso agli animali che sono stati trovati coperti di bitume: quattro tartarughe marine sono morte, secondo le autorità locali, e giovedì è stata trovata la carcassa di una balena spiaggiata, i cui polmoni erano pieni di un liquido scuro. Haaretz scrive che l’esito dell’autopsia non è ancora noto e non si sa con certezza se quel liquido fosse petrolio.

Il fatto che la notizia della fuoriuscita di petrolio sia venuta fuori solo quando mercoledì erano stati ritrovati sulla spiaggia alcuni animali ricoperti di bitume ha fatto dubitare della capacità del governo israeliano di monitorare eventi di questo tipo. Secondo Shaul Chorev, ammiraglio della marina israeliana in pensione e ora a capo di un centro di ricerca sulle politiche marittime dell’università di Haifa, Israele non si preoccuperebbe abbastanza del controllo del mare: «Le nostre attività sono sempre incentrate sullo sventare attività terroristiche, ma non è questo il quadro completo della sicurezza in mare», ha detto al New York Times.

Secondo Chorev Israele non dovrebbe solo investire in satelliti e altri dispositivi di localizzazione, ma anche assegnare a un ente governativo la chiara responsabilità di monitorare la costa per eventuali disastri ecologici e contenerli.

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Volontari puliscono la spiaggia di Zisr A Zarqa (Amir Levy/Getty Images)