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  • Venerdì 5 febbraio 2021

I dati della settimana sul coronavirus in Italia

I contagi e i decessi sono in calo e la situazione sta migliorando un po' ovunque, ma non in Umbria, in Abruzzo e in provincia di Bolzano

Nell’ultima settimana in Italia sono stati registrati 81.939 nuovi casi di positività al coronavirus, il 6,1 per cento in meno rispetto ai sette giorni precedenti. È il dato più basso da inizio ottobre, quando è cominciata la seconda ondata dell’epidemia. L’andamento settimanale dei contagi è in costante calo dalla metà di gennaio, molto probabilmente per effetto delle misure restrittive che già da inizio dicembre avevano limitato gli spostamenti delle persone.

Sono calati anche i decessi, che comunque rimangono a livelli piuttosto alti nonostante ci sia un calo dei nuovi positivi: tra venerdì scorso e giovedì scorso sono stati 2.860, il 10 per cento in meno dei sette giorni precedenti. La curva dei decessi segue notoriamente un andamento in ritardo di due-tre settimane rispetto a quella dei nuovi positivi, ed è quindi l’ultima ad abbassarsi per effetto delle misure restrittive. Questo andamento è stato osservato durante tutta l’evoluzione dell’epidemia, in Italia e nel mondo.

Questo fenomeno si può spiegare con i dati della mortalità pubblicati dall’Istituto superiore di sanità e aggiornati al 27 gennaio: il report mostra che, nei pazienti deceduti, il tempo mediano tra l’insorgenza dei sintomi e la morte è di 12 giorni. Il tempo mediano tra l’insorgenza dei sintomi e il ricovero in ospedale, invece, è di 5 giorni. Va anche specificato che ci possono essere ritardi di notifica nella comunicazione dei decessi: significa che le morti comunicate ogni giorno dalla Protezione civile non sono necessariamente quelle avvenute effettivamente nel giorno indicato, perché i dati comprendono spesso referti risalenti anche ai giorni precedenti e comunicati in ritardo.

Attualmente non ci sono regioni in cui sono in vigore le misure restrittive più severe per contenere l’epidemia, cioè quelle previste nella “zona rossa”. O meglio, qualcuno in zona rossa c’è, anche se non con i criteri stabiliti dal governo: la provincia autonoma di Bolzano è considerata in zona arancione, ma giovedì la giunta ha approvato misure che sono molto simili a quelle previste nella zona rossa.

Da lunedì 8 febbraio in Alto Adige i negozi saranno chiusi, è prevista la didattica a distanza nelle scuole medie e superiori, e ci sarà il divieto di spostarsi tra comuni se non per motivi di salute, lavoro o necessità urgente. Queste nuove misure resteranno in vigore per tre settimane con l’obiettivo di far calare i nuovi positivi che nella provincia autonoma di Bolzano sono tornati a crescere dopo il calo registrato a inizio dicembre in seguito al test di massa che ha contribuito solo parzialmente a trovare i positivi asintomatici. Negli ultimi tre mesi la provincia autonoma ha aperto e chiuso i negozi in più occasioni, e ha approvato ordinanze in parziale contrasto con le indicazioni del ministero della Salute salvo poi tornare a misure più restrittive, come successo giovedì.

Come si può vedere dalla mappa, la provincia autonoma di Bolzano nell’ultima settimana ha registrato 763 casi ogni 100mila abitanti, in crescita del 21 per cento rispetto ai sette giorni precedenti. I casi crescono più velocemente in Abruzzo, dove sono stati registrati 188 casi ogni 100mila abitanti, con un aumento del 46 per cento rispetto ai sette giorni precedenti. Il Veneto, invece, è la regione in cui c’è stato il calo più significativo rispetto all’ultimo rilevamento: 101 positivi ogni 100mila abitanti, in diminuzione del 34 per cento rispetto ai sette giorni precedenti.

Questo andamento si può notare anche nell’infografica che mostra il numero assoluto dei nuovi positivi. Il Veneto è la regione dove questo indicatore ha avuto il calo maggiore nell’ultimo mese, dai 16.464 casi nella settimana tra l’8 e il 14 gennaio si è passati ai 4.932 degli ultimi sette giorni. Anche in Sicilia, che attualmente si trova in zona arancione, il numero dei contagi settimanali è calato.

Una delle regioni di cui si monitora con più attenzione l’andamento dei nuovi positivi è l’Umbria: nella serata di giovedì è emerso che gran parte degli ultimi 40 tamponi inviati dalla Regione Umbria all’Istituto superiore di sanità sono risultati positivi alla variante brasiliana. Al momento sembra che la situazione più critica sia in provincia di Perugia. L’assessore alla Sanità Luca Coletto ha spiegato che si sta valutando l’approvazione di misure restrittive mirate in alcuni territori. «Stiamo studiando quelli che possono essere gli interventi per riportare la situazione sotto controllo e per spegnere l’incendio dove c’è», ha detto a Umbria24.

La conferma di questa situazione si trova anche prendendo in esame i dati provinciali che mostrano l’incidenza dei contagi nelle ultime due settimane. La provincia di Perugia ha registrato 546 nuovi casi ogni 100mila abitanti. La provincia di Bolzano è quella con l’incidenza maggiore rispetto alla popolazione con 1.392 casi ogni 100mila abitanti nelle ultime due settimane.

Il confronto tra i due indicatori – casi settimanali per 100mila abitanti e variazione percentuale rispetto ai precedenti sette giorni – è utile per cercare di capire l’andamento dei prossimi giorni. La settimana scorsa, per esempio, il grafico poneva attenzione sull’Umbria che oggi conferma una crescita di entrambi gli indicatori. Altre due aree da tenere monitorate sono l’Abruzzo (188 casi ogni 100mila abitanti negli sette giorni, in aumento del 46 per cento) e la provincia autonoma di Trento (258 casi ogni 100mila abitanti, in crescita del 23% rispetto alla rilevazione di sette giorni fa).

L’Umbria è la regione in cui nell’ultima settimana sono stati registrati più nuovi ingressi nei reparti di terapia intensiva in rapporto alla popolazione: 41,9 ogni milione di abitanti. Seguono Friuli Venezia Giulia (37), Molise (29,4) e Abruzzo (21,3).

In diverse regioni il numero di nuovi ingressi nelle terapie intensive è calato. Anche la curva di questo parametro segue l’andamento della curva dei contagi in ritardo di qualche giorno. In Veneto, per esempio, al calo dei contagi registrato nell’ultimo mese corrisponde un calo dei nuovi ingressi in terapia intensiva, che nell’ultima settimana sono diminuiti del 28,2 per cento rispetto ai sette giorni precedenti.

Sono aumentati del 200% in Molise, ma non bisogna farsi spaventare dalla percentuale: in numeri assoluti, infatti, si è passati da 3 ingressi registrati nella settimana dal 22 al 28 gennaio, ai 9 ingressi negli ultimi sette giorni. È comunque una crescita da non sottovalutare, anche se con numeri così esigui è difficile fare valutazioni più puntuali. Chi ha più malati in rianimazione in rapporto alla popolazione è l’Umbria, con 7,5 ogni 100mila abitanti, seguita dalla provincia autonoma di Bolzano (6,6) e dalla provincia autonoma di Trento (5,9).

Il Friuli Venezia Giulia, come nelle precedenti due settimane, si conferma la regione che ha registrato più morti in rapporto alla popolazione negli ultimi sette giorni: 11,8 ogni 100mila abitanti. Un dato che è in calo rispetto ai 13,4 morti ogni 100mila abitanti rilevato nei sette giorni precedenti.

Dalla fine dell’estate, quando si è alzato il numero di tamponi, il tasso di positività è stato un indicatore importante per capire a che punto è l’epidemia. La notevole crescita del tasso di positività registrata a novembre, per esempio, è stato un segnale dell’arrivo della seconda ondata. In quel periodo in molte regioni era saltato il tracciamento dei contatti.

A metà gennaio, il ministero della Salute ha cambiato alcuni criteri di utilizzo dei test antigenici, che rispetto a quanto avvenuto finora concorrono in alcuni casi all’individuazione dei casi positivi. Al momento è molto complesso capire come ogni regione utilizzi i test antigenici, cioè se si continua a usarli per casi particolari come gli screening di massa oppure sono diventati a tutti gli effetti uno strumento per individuare gran parte dei positivi. Per tutte queste ragioni, questo indicatore si sta assestando e andrà osservato nelle prossime settimane per capire se ha ancora un senso oppure no.

Molti osservatori nelle ultime settimane si sono chiesti se l’Italia stesse facendo tamponi a sufficienza per trovare e isolare i positivi. Nelle ultime tre settimane il dato dei nuovi tamponi ha sempre superato la soglia di 1,7 milioni a settimana grazie soprattutto all’utilizzo degli antigenici. I soli tamponi molecolari questa settimana sono stati 930.829, quelli antigenici 785.992.