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  • Mercoledì 6 gennaio 2021

Il Venezuela è sempre più di Maduro

L'ultima istituzione controllata delle opposizioni, l'Assemblea nazionale, è passata al regime dopo le elezioni di dicembre, e la posizione di Juan Guaidó è sempre più debole

Nicolas Maduro (AP Photo/Matias Delacroix)
Nicolas Maduro (AP Photo/Matias Delacroix)

In Venezuela, dopo le elezioni di inizio dicembre vinte dal Partito Socialista Unito (PSUV), il partito del presidente Nicolás Maduro, si è insediata martedì la nuova Assemblea nazionale, il principale organo legislativo del paese e l’ultimo che era ancora controllato dalle opposizioni. La cerimonia è stata considerata molto importante perché ha di fatto consegnato l’Assemblea nazionale al controllo del regime, divenuto negli ultimi anni sempre più autoritario; allo stesso tempo, le opposizioni, che avevano boicottato il voto di dicembre, hanno visto ridursi ulteriormente il proprio spazio di manovra e la propria influenza nella politica nazionale.

Il passaggio dell’Assemblea nazionale sotto il controllo del regime, inoltre, renderà estremamente più complicata la vita al leader dell’opposizione, Juan Guaidó, fino a ieri presidente dell’Assemblea e riconosciuto come presidente legittimo da buona parte della comunità internazionale. Durante l’insediamento, Guaidó ha parlato di un parlamento alternativo: la cosiddetta “commissione delegata”, nata dalla precedente decisione dell’Assemblea di estendere il proprio mandato operando parallelamente al parlamento uscito vincitore dalle elezioni di dicembre.

La situazione è molto complicata: in pratica in Venezuela ci sono oggi due presidenti e due parlamenti, anche se i principali giornali internazionali sono concordi nel dire che Maduro ha di fatto ristabilito il proprio controllo sul sistema politico venezuelano e che Guaidó, indebolito, proverà a resistere. Le sue possibilità di successo vengono considerate per lo più scarse, soprattutto ora che Guaidó rimarrà senza legittimità istituzionale.

Fino a qui: le elezioni e l’insediamento della nuova Assemblea nazionale
Alle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea del 2015 vinse l’opposizione: il regime venezuelano era al potere da ormai 16 anni, aveva dato per scontata la vittoria e l’opposizione, quell’anno, aveva saputo presentarsi forte e con un messaggio unitario.

Nei primi anni di convivenza con il regime, l’Assemblea provocò diverse difficoltà a Maduro, che però riuscì a mantenere il controllo di tutte le altre istituzioni e dell’esercito. Le cose cambiarono molto dopo le elezioni presidenziali del 2018, che Maduro vinse grazie a brogli diffusi: proprio a causa dei brogli, l’Assemblea dichiarò Maduro presidente illegittimo e nominò come presidente ad interim il secondo in linea di successione, cioè il presidente dell’Assemblea stessa e leader dell’opposizione, Juan Guaidó.

Da allora, era il gennaio del 2019, in Venezuela ci sono stati due presidenti, ciascuno dei quali ha definito l’altro «usurpatore». Buona parte della comunità internazionale – Stati Uniti, Europa e buona parte dei paesi latinoamericani – ha riconosciuto Guaidó come presidente legittimo.

Nonostante grandi e iniziali proteste, poi scemate, Maduro ha mantenuto il controllo del paese, e nel giro di poco ha creato un altro organo legislativo, la cosiddetta Assemblea costituente, per sostituire l’Assemblea nazionale e dare una parvenza di legittimità al suo governo. Maduro a un certo punto ha anche fatto eleggere un secondo presidente dell’Assemblea nazionale. E, alla lunga, questa situazione ha gravemente indebolito Juan Guaidó.

È in quella situazione che a dicembre si è arrivati alle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale: con l’opposizione divisa tra chi chiedeva di boicottare il voto e chi chiedeva di non farlo, perché nonostante le attese irregolarità sarebbe stato meglio mantenere una presenza nell’Assemblea piuttosto che esservi esclusi del tutto.

Alla fine, gran parte dell’opposizione aveva boicottato il voto e Maduro, con il PSUV e altri piccoli partiti chavisti suoi alleati, aveva vinto ottenendo 256 seggi su 277 nel parlamento unicamerale (sono stati eletti, tra gli altri, anche il figlio e la moglie di Maduro). La diplomazia americana aveva definito le elezioni legislative una «farsa politica», l’Unione Europea non le aveva considerate «credibili» e molti paesi latinoamericani avevano criticato la mancanza di trasparenza e l’assenza di osservatori internazionali. Solo il 30 per cento degli aventi diritto era andato a votare.

Martedì 5 gennaio, circondati da una forte presenza della polizia, i deputati neo eletti sono entrati in aula portando i ritratti dell’eroe rivoluzionario Simón Bolívar e del defunto presidente venezuelano Hugo Chávez, predecessore di Maduro. Hanno eletto presidente dell’Assemblea l’ex ministro dell’Informazione Jorge Rodríguez, che poi ha scritto su Twitter che «il popolo» è tornato nell’edificio dell’Assemblea nazionale per «riconquistare il potere che gli è stato crudelmente rubato…trionferemo!». Rodríguez ha detto di voler lavorare per favorire il dialogo e la riconciliazione, ma ha anche aggiunto che sono stati commessi crimini che dovranno «essere pagati».

Nel frattempo, Guaidó
Lo scorso 26 dicembre, i membri dell’opposizione avevano stabilito che l’ex Assemblea nazionale dovesse estendere il proprio mandato, operando parallelamente al parlamento uscito vincitore dalle elezioni di dicembre e attraverso una “commissione delegata” composta da 20 persone e presieduta da Juan Guaidó. Il ragionamento dell’opposizione era stato lo stesso del 2019, quando Guaidó si era autoproclamato presidente ad interim perché la rielezione di Nicolas Maduro non era stata ritenuta valida.

Oggi l’opposizione sostiene che il 6 dicembre non ci siano state libere elezioni, e che di conseguenza non ci possa essere una nuova Assemblea.

Martedì Guaidó ha apertamente sfidato la legittimità della nuova Assemblea, e ha parlato di una riunione della commissione delegata, che si era tenuta in un luogo sconosciuto per evitare la repressione da parte della polizia o dei sostenitori di Maduro: non è chiaro quanti legislatori abbiano partecipato alla sessione, ma Guaidó è stato “confermato” a capo del Parlamento e come “presidente ad interim” del paese. Lui ha promesso di resistere, di garantire la continuità del lavoro dei parlamentari eletti nel 2015 e ha lanciato un appello all’unità. «Questa è la lotta di un popolo a favore della democrazia, la dittatura vuole portare il dibattito a Guaidó contro Maduro, ma non è così, è la lotta per i diritti e la giustizia». E ancora: «Recupereremo il nostro paese solo uniti (…) La continuità costituzionale del parlamento non è un capriccio, è un dovere».

La strategia di Guaidó non è però molto condivisa. Secondo alcuni, come il politologo Jesus Castillo Molleda, questa continuità amministrativa non ha basi legali costituzionali. Guaidó rimane il leader dell’opposizione democratica, «ma è Maduro che governa», ha detto a Le Monde un diplomatico latinoamericano. Ci sono poi la questione della pandemia e il fatto che il sostegno nei confronti di Guaidó fuori dal paese è diventato sempre più incerto: «La pandemia ha relegato in secondo piano la crisi venezuelana», ha spiegato Ronal Rodriguez, studioso di Venezuela, citando tra le altre cose il «disimpegno dei paesi della regione».

Sebbene Guaidó mantenga formalmente il sostegno internazionale, la sua posizione si è di fatto gradualmente indebolita: qualche giorno fa, il presidente del Paraguay ha rifiutato la vantaggiosa offerta fatta da un inviato di Guaidó per saldare il debito con la compagnia petrolifera statale venezuelana PDVSA perché non era sicuro di avere a che fare con il «creditore legittimo». «Il governo ha vinto questa battaglia, il sostegno internazionale di Guaidó non è sufficiente per rovesciare Maduro e al Venezuela non resta che un governo autoritario e un’opposizione frammentata», ha riassunto il politologo Angel Alvarez.

Infine, la proroga del mandato dell’Assemblea controllata dalle opposizioni sta dividendo l’opposizione stessa. Diversi politici – tra cui Henrique Capriles, altro leader dell’opposizione, candidato alla presidenza nel 2012 e nel 2013 e contrario al boicottaggio delle votazioni di dicembre – si sono dimostrati critici verso la tesi della continuità amministrativa, «che non è sancita dalla Costituzione del paese». I membri del partito di opposizione Acción Democrática hanno a loro volta apertamente criticato l’istituzione della “commissione delegata”.

Il Gruppo di Lima, blocco di nazioni americane critiche nei confronti del governo venezuelano di Maduro, non ha riconosciuto la legittimità del nuovo parlamento, e il segretario di Stato americano Michael Pompeo ha ribadito il disconoscimento delle elezioni legislative del 6 dicembre e dunque il blocco dei nuovi parlamentari che «occupano ora il palazzo legislativo federale a Caracas». Pompeo ha detto: «Riteniamo questo gruppo illegittimo e non riconosceremo i suoi pronunciamenti».

C’è molta attesa su cosa farà il prossimo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che entrerà in carica il 20 gennaio. «La maggior parte delle sanzioni messe in atto da Donald Trump contro il governo di Maduro sarà probabilmente mantenuta», ha spiegato Rodriguez. Ma da un lato Guaidó ha apertamente mostrato il proprio sostegno a Donald Trump, e dall’altro, come ha sottolineato Maduro stesso nelle ultime ore, è chiaro che la politica di Trump sul Venezuela sia stata un fallimento. «Una parte significativa dell’opposizione ha adottato la visione estremista imposta da Washington durante l’era Trump (…). Questa era sta finendo e vedremo come reagirà questa parte dell’opposizione».

Guaidó sembra infine aver perso il sostegno popolare di cui godeva quando si proclamò presidente nel gennaio 2019. Maduro “utilizzerà” le misure restrittive legate alla pandemia per soffocare qualsiasi manifestazione e in molti temono che nelle prossime settimane altri attivisti e critici saranno arrestati.

Secondo l’organizzazione venezuelana Foro Penal, ci sono 350 persone attualmente in carcere per le loro opinioni. Decine di politici dell’opposizione, compreso Leopoldo López, mentore di Guaidó, sono fuggiti dal paese: ci si aspetta che anche altri lo faranno. Martedì, mentre Guaidó stava tenendo la sua cerimonia di giuramento, fuori dalla sua casa erano state schierate le forze di sicurezza, da sempre fedeli a Maduro.