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  • Venerdì 25 dicembre 2020

Cosa c’è nell’accordo su Brexit

Cosa prevede quello che è stato definito un «divorzio amichevole», a partire dalle regole sul commercio per arrivare fino alla pesca

Boris Johnson (Paul Grover/Pool Photo via AP)
Boris Johnson (Paul Grover/Pool Photo via AP)

Giovedì l’Unione Europea e il Regno Unito hanno raggiunto un accordo su Brexit che regolerà i rapporti commerciali bilaterali a partire dal primo gennaio 2021, quando il Regno Unito completerà l’uscita dall’Unione Europea. L’accordo, definito dal Financial Times un «divorzio amichevole», regola diversi aspetti delle relazioni future, alcuni dei quali saranno ancora oggetto di micro-negoziati nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Il testo completo non è ancora stato diffuso ai giornali, che però hanno ottenuto dettagli sui punti più importanti.

Cosa prevede l’accordo, in breve
L’accordo permetterà alle due parti di continuare a scambiare merci senza l’imposizione né di dazi – quindi non si dovrà pagare quando le merci attraverseranno i rispettivi confini – né di quote – cioè non ci saranno limiti sulle quantità di beni commerciati. Consentirà anche di proseguire la cooperazione già esistente in alcuni settori come sicurezza, energia e trasporti.

L’accordo offrirà inoltre alle aziende britanniche ed europee un accesso preferenziale al mercato della controparte: “preferenziale” rispetto alle regole minime stabilite dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, cioè quelle previste per i paesi i cui rapporti commerciali non sono regolati da trattati specifici. Nonostante le garanzie contenute nel trattato, comunque, a partire dal primo gennaio 2021 le relazioni economiche tra Regno Unito e Unione Europea saranno più circoscritte rispetto a quelle esistenti fino a oggi.

Il fatto di avere raggiunto un’intesa, infatti, non significa che le cose rimarranno come prima. Anche con l’accordo ci saranno nuovi controlli di frontiera, che potrebbero comportare nuovi costi per le aziende.

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Per quanto riguarda i visti e la libertà di movimento, i cittadini britannici non potranno più lavorare, studiare, iniziare un’attività o vivere in Unione Europea liberamente, e dovranno richiedere visti per soggiorni superiori ai 90 giorni. L’accordo stabilisce anche la fine della libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea nel Regno Unito, novità indicata dal governo britannico come uno dei vantaggi della Brexit. Da gennaio entrerà in vigore la nuova legge britannica sull’immigrazione, che prevede un sistema a punti e renderà molto difficile trasferirsi nel paese per i lavoratori non qualificati, e che non contempla corsie preferenziali per i cittadini europei.

Il governo britannico, inoltre, non parteciperà più al programma di scambio Erasmus+. Johnson ha detto che il programma verrà sostituito con un altro, chiamato “Turing Scheme”, dal nome del matematico Alan Turing. Secondo Johnson, “Turing Scheme” consentirà agli studenti del Regno Unito di studiare non solo nelle università europee, ma anche nelle «migliori università del mondo». Il Regno Unito uscirà inoltre da tutta una serie di programmi europei, anche da alcuni meno conosciuti ma considerati molto importanti come Galileo, il sistema di satelliti europeo che permette una maggiore precisione nell’utilizzo della tecnologia GPS.

La Commissione Europea ha fatto circolare un breve schema di tutti i benefici più immediati che perderà il Regno Unito uscendo dall’Unione.

Le tre questioni più discusse
L’annuncio del raggiungimento dell’accordo è stato trovato dopo lunghe discussioni in particolare su tre questioni: le regole per impedire che nel medio-lungo termine le aziende britanniche possano fare concorrenza sleale a quelle europee (il cosiddetto level playing field), il meccanismo di risoluzione per eventuali controversie e l’accesso dei pescatori europei alle acque britanniche.

Sulla regolamentazione della pesca – una questione di ridotta importanza economica ma di grande valore simbolico e politico sia per il Regno Unito che per paesi come Francia, Danimarca e Paesi Bassi – si è trovato un accordo che prevede, nei prossimi cinque anni e mezzo, una riduzione del 25 per cento del pesce pescato dalle imbarcazioni europee in acque britanniche. Oggi i pescatori dell’Unione Europea pescano ogni anno circa un terzo del pesce in acque britanniche, per un valore totale di circa 650 milioni di euro. Ma questa cifra dovrà ridursi come stabilito nell’accordo, con l’effetto di aumentare la quantità di pesce a disposizione dei pescatori britannici.

Secondo l’associazione di categoria dei pescatori britannici, informata del compromesso finale dal governo, la quota di pesce che i pescatori europei potranno pescare dovrà essere ridotta del 15 per cento nel primo anno e poi per 2,5 per cento ogni anno successivo fino ad arrivare al 25 per cento nel 2025. Significa che nel 2026 i pescatori britannici potranno pescare circa 160 milioni di euro di pesce in più rispetto ai livelli attuali.

Il Regno Unito aveva inizialmente chiesto una riduzione molto maggiore (tra il 60 e l’80 per cento) e in tempi più rapidi (tre anni). L’accesso alle acque britanniche dopo il periodo di transizione dipenderà da futuri negoziati tra le parti.

Sul cosiddetto level playing field, le due parti si sono accordate per un livello minimo di standard ambientale, sociale e sui diritti dei lavoratori al di sotto del quale nessuno potrà scendere.

L’accordo prevede la possibilità di intervenire nel caso Regno Unito o Unione Europea ritengano che l’altra parte stia facendo concorrenza sleale. Le misure adottate per ristabilire la giusta concorrenza saranno valutate in arbitrato entro 30 giorni dalla loro approvazione, con eventuali compensazioni nel caso in cui le misure venissero giudicate eccessive o ingiuste. Questa parte dell’accordo serve ad evitare che il Regno Unito possa rendere più morbide le regole sulla protezione ambientale o sui diritti dei lavoratori per guadagnare un vantaggio competitivo sui paesi che devono rispettare le più stringenti regole europee: una possibilità a cui Johnson aveva più volte alluso, negli ultimi anni.

Il punto più importante è che, secondo la ricostruzione del governo britannico, il Regno Unito non sarà soggetto ad alcun tipo di giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione Europea, istituzione con sede in Lussemburgo che ha l’obiettivo di garantire il rispetto del diritto comunitario. Era una richiesta su cui aveva puntato molto Boris Johnson, che chiedeva l’istituzione di un arbitrato indipendente. Una volta uscito il testo finale, bisognerà capire se davvero le cose stanno così.

Cosa non regola l’accordo
I servizi finanziari, anzitutto: significa che la City di Londra, il più importante centro finanziario del Regno Unito, lascerà il mercato unico dei servizi alla fine del periodo di transizione di Brexit, il 31 dicembre. Le due parti hanno stabilito che le nuove regole di accesso ai rispettivi mercati finanziari saranno decise unilateralmente dal Regno Unito e dall’Unione Europea. Come ha scritto il Financial Times, le banche e gli operatori finanziari hanno riconosciuto che il sistema che verrà sarà più frammentato degli accordi esistenti, e meno stabile.

Quanto è importante l’accordo
L’accordo trovato giovedì è molto importante, perché in assenza di un compromesso si sarebbe verificato uno scenario di no deal: il Regno Unito sarebbe uscito dall’Unione Europea senza un accordo, in maniera disordinata, sarebbero stati introdotti i dazi e le quote sulle merci con conseguenze probabilmente molto gravi per l’economia britannica e per quella dei paesi che hanno rapporti commerciali più fitti con il Regno Unito.

C’è inoltre da considerare che quando il Regno Unito era nell’Unione Europea faceva parte automaticamente dei trattati commerciali che l’Unione aveva firmato con più di 70 paesi. Con Brexit, il paese è uscito automaticamente anche da questi trattati. Il governo britannico ha già rinegoziato e concluso accordi commerciali con 58 di questi paesi, in modo da poter proseguire i rapporti esistenti, ma altri sono ancora in fase di discussione.

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