Perché WhatsApp è importante per Facebook

La famosa app di messaggistica per ora non è molto redditizia, ma Facebook ha un piano di business, sempre che l'antitrust americano non arrivi prima

(AP Photo/Andre Penner)
(AP Photo/Andre Penner)

Questa settimana Facebook è stato denunciato dalla Federal Trade Commission americana (FTC), cioè l’agenzia federale che tra le altre cose si occupa di antitrust, e dalla procura di New York per pratiche anticoncorrenziali. Le due cause, che hanno un sostegno bipartisan (l’FTC dipende dal governo federale controllato dai Repubblicani, la procuratrice di New York è di nomina democratica, e la sua causa è sostenuta dalle procure di altri 45 stati) mirano tra le altre cose a scorporare dall’azienda principale le sue due controllate più importanti, cioè Instagram e WhatsApp. Secondo le indagini, infatti, quando Facebook ha comprato le due aziende, rispettivamente nel 2012 e nel 2014, l’avrebbe fatto con l’intento di schiacciare la concorrenza, creando di fatto un monopolio su alcuni settori importanti dell’economia digitale.

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La ragione per cui Instagram è importante per Facebook è piuttosto facile da comprendere: è uno dei social network più popolari del mondo, con un modello di business di grande successo che consente all’azienda di vendere ogni anno decine di miliardi di dollari di pubblicità. Con WhatsApp è un po’ più difficile, perché il modello di business, cioè il modo in cui Facebook può fare soldi con WhatsApp, è molto meno chiaro, anzi: per ora non esiste.

Pur essendo un enorme successo in termini di diffusione, con oltre due miliardi di utenti attivi in tutto il mondo, WhatsApp non è e non è mai stata un grande successo in termini economici: negli ultimi sei anni le entrate di Facebook attribuibili a WhatsApp sono state estremamente ridotte, e l’azienda sta ancora faticando per trovare un modo di aumentarle. Come è noto, con tutti gli altri prodotti — Facebook, Instagram, Messenger — Facebook guadagna grazie alla vendita di pubblicità targetizzata, cioè studiata su misura per ciascun utente grazie all’utilizzo dei suoi dati personali.

Ma è difficile fare soldi con WhatsApp usando la pubblicità, per due ragioni. Anzitutto perché è difficile da inserire: farlo all’interno delle chat rovinerebbe l’esperienza degli utenti, e gli altri spazi sono poco adeguati. In secondo luogo, perché anche se si trovasse un modo per inserire la pubblicità sarebbe impossibile farla targetizzata: tra il 2014 e il 2016, WhatsApp ha protetto tutte le chat degli utenti con crittografia end-to-end, cioè con un sistema di sicurezza che rende impossibile per chiunque, perfino per Facebook, leggere il contenuto delle conversazioni. Questo significa che Facebook riesce a ottenere scarsissimi dati sugli utenti di WhatsApp, e che dunque la pubblicità targetizzata sarebbe molto meno efficace.

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Questi problemi sono noti fin dagli esordi della società. WhatsApp è stata fondata nel 2009 da Brian Acton e Jan Koum e per anni l’unico modello di business possibile è stato semplicemente chiedere soldi agli utenti: agli inizi, in alcuni paesi WhatsApp era a pagamento (costava un euro o un dollaro); in altri, come l’Italia, bisognava pagare un abbonamento di un euro all’anno. WhatsApp però è diventata completamente gratis nel gennaio del 2016, tra le altre cose per consentire anche agli utenti dei paesi meno sviluppati, che spesso non hanno una carta di credito, di farne uso.

Dopo che, nel 2014, Facebook ha comprato WhatsApp per circa 16 miliardi di dollari, la dirigenza dell’azienda ha cercato in molti modi di inserire pubblicità in WhatsApp, creando anche notevoli scontri interni: sia Acton sia Koum, infatti, dopo l’acquisizione entrarono in Facebook e continuarono a gestire WhatsApp, ma ben presto entrarono in conflitto con la dirigenza dell’azienda e con Mark Zuckerberg, il cofondatore e ceo di Facebook. Secondo i media americani, una delle ragioni principali era la volontà di Zuckerberg di inserire pubblicità in WhatsApp: Acton e Koum erano contrari, anche perché questo avrebbe significato ridurre la sicurezza della crittografia. Nel 2018 sia Acton sia Koum lasciarono Facebook, e soprattutto Acton assunse posizioni molto critiche nei confronti della società: fece un investimento da 50 milioni di dollari in Signal, un’app di chat rivale, e dopo lo scandalo Cambridge Analytica scrisse su Twitter che era ora di cancellare Facebook.

Alla fine, come ha scritto Bloomberg, dopo molti tentativi falliti anche la dirigenza di Facebook ha rinunciato l’anno scorso all’idea di inserire la pubblicità su WhatsApp.

Il secondo piano di Facebook per WhatsApp, che è in moto da qualche anno, è di trasformare l’app in uno strumento di comunicazione e vendita per aziende e consumatori. Questo piano è un po’ incerto, ancora. Facebook ha fatto diversi tentativi in varie parti del mondo, alcuni di successo e altri meno. Nel 2018 in alcuni paesi (non in Italia) ha introdotto WhatsApp Business, un’app creata per consentire alle piccole imprese, per esempio negozi e ristoranti, di chattare con i propri clienti. L’app dà la possibilità ai negozianti di creare un catalogo dei loro prodotti, così i clienti possono sfogliarlo e fare ordini. A luglio di quest’anno, 50 milioni di piccole attività usavano WhatsApp Business, secondo l’azienda.


Secondo i progetti di Facebook, per i piccoli negozi WhatsApp potrebbe sostituire completamente i siti internet e i servizi di vendita, facendo al tempo stesso da catalogo, e-commerce (ci torniamo) e servizio di customer service. Pochi giorni fa, inoltre, Facebook ha comprato per un miliardo di dollari (il prezzo è stimato) Kustomer, una startup che vende alle aziende servizi per il customer service digitale, e che dovrebbe aiutare WhatsApp a cominciare a fare affari anche con aziende più grandi: l’idea è che qualsiasi cliente che abbia bisogno di assistenza, anziché cercare numeri di telefono sul sito dell’azienda, trovi già tutto su WhatsApp. Le aziende ovviamente pagherebbero per essere presenti su WhatsApp (alcune già lo fanno, nei paesi dove è possibile) ma avrebbero il vantaggio di essere molto più accessibili.

Inoltre, Facebook spera di poter attivare pagamenti e scambi di denaro su WhatsApp, per consentire ai consumatori di comprare prodotti e servizi direttamente tramite l’app. Questa parte è più complicata, perché il settore dei servizi finanziari è strettamente regolamentato e difficile da penetrare. Per esempio, a giugno di quest’anno, WhatsApp ha attivato una funzione di pagamento per gli utenti in Brasile, dopo averla testata anche in altri paesi come il Messico e l’India, ma nel giro di poche settimane le autorità del paese l’hanno sospesa considerandola una minaccia alla concorrenza e alla stabilità del sistema finanziario. Le difficoltà di WhatsApp, e in generale di Facebook, nel settore dei pagamenti si vedono anche con Libra, la moneta digitale annunciata da Facebook due anni fa come una grande novità nella finanza mondiale, che però sta avendo un problema dopo l’altro.

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Agli utenti europei l’idea di fare compere su WhatsApp può sembrare inusuale, ma in molti paesi come l’India l’app è eccezionalmente usata, e alcune aziende stanno già testando servizi di vendita ai clienti. L’esempio seguito da Facebook è quello di WeChat, un’app cinese che è nata per la messaggistica ma negli anni ha integrato un’enorme quantità di servizi, diventando un elemento centrale della vita quotidiana in Cina.