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  • Sabato 30 giugno 2018

In Cina vivere senza WeChat è complicato

Ma c'è chi ci prova, nonostante la piattaforma a metà tra un'app di messaggistica e un social network sia entrata in ogni aspetto della vita quotidiana

Una donna fa un pagamento a un chiosco usando WeChat, il 23 giugno 2017 (WANG ZHAO/AFP/Getty Images)
Una donna fa un pagamento a un chiosco usando WeChat, il 23 giugno 2017 (WANG ZHAO/AFP/Getty Images)

In Cina i social network vengono usati in modo abbastanza diverso rispetto all’Italia e agli altri paesi occidentali: Facebook e Instagram sono bloccati, tanto per cominciare, e praticamente tutto il settore è dominato da WeChat, il principale social cinese. Oltre che per scambiarsi messaggi come su WhatsApp, WeChat si usa per condividere foto e post, ma anche per fare pagamenti sia online che nei negozi fisici, chiamare un taxi, ordinare cibo a domicilio e addirittura per avviare le procedure per un divorzio.

Ha un miliardo di utenti nel mondo, un numero più o meno pari al 70 per cento delle persone che abitano in Cina, dove oggi è diventato indispensabile per la vita quotidiana di moltissimi. Un articolo della rivista online Sixth Tone (scritta soprattutto da cinesi, in inglese) ha raccontato com’è la vita della minoranza di persone in Cina che non usa WeChat, perché contraria al modo in cui il social network gestisce i dati dei suoi utenti. Stare senza WeChat in Cina può essere complicato, sia nel lavoro che nella vita privata, perché è entrato in moltissimi aspetti della routine quotidiana delle persone. Matthew Brennan, co-fondatore della società di consulenza China Channel, che spiega alle aziende straniere come usare WeChat, ha detto che usare il social network è oggi «praticamente inevitabile» per chiunque voglia avere una vita normale nella società cinese.

Un’avvocata 36enne, intervistata da Sixth Tone a patto di restare anonima, ha raccontato che ogni volta che ha un nuovo cliente deve ricordarsi di avvisarlo di non avere WeChat perché in Cina si dà per scontato che tutti possano essere contattati sul social network. I suoi genitori cercano sempre di convincerla a scaricare l’app per poterle parlare più facilmente, e in un’occasione in cui andò all’estero con un gruppo di colleghi dovette farsi contattare con sms o telefonate, facendo quindi spendere loro dei soldi.

Sixth Tone ha intervistato anche un dirigente di un’azienda tecnologica statale che ha chiesto di essere chiamato 3MzYWI5bTcxaTM, un codice casuale, per poter tenere traccia delle sue citazioni su internet (e già solo questo fa capire quanto abbia a cuore la propria privacy). Il suo rifiuto nei confronti di WeChat nella vita di tutti i giorni è facilitato dal fatto che sul lavoro, per ragioni di riservatezza, è obbligato a comunicare usando una app interna. Inoltre gran parte delle persone con cui comunica, esperti di tecnologia come lui, non amano WeChat e preferiscono usare Telegram, l’app di messaggistica che consente di avere conversazioni cifrate e passare attraverso il cosiddetto “Grande firewall cinese” usando le connessioni VPN.

Anche 3MzYWI5bTcxaTM, però, ha avuto qualche difficoltà: mentre si trovava nella città di Chongqing, nel sud-ovest della Cina, si è trovato a non poter comprare nulla in un bar perché questo accettava esclusivamente pagamenti su WeChat, nonostante ci sia una legge che vieta ai negozi di rifiutare i pagamenti in contanti.

Le persone che scelgono di non usare WeChat lo fanno per varie ragioni, principalmente legate alla privacy. La prima è che una legge sulla sicurezza informatica entrata in vigore in Cina lo scorso anno obbliga le aziende che lavorano con le comunicazioni via internet ad archiviare per almeno sei mesi le coordinate di accesso temporali e spaziali dei propri utenti, allo scopo di aiutare le forze dell’ordine in caso di necessità. In teoria i dati archiviati non dovrebbero includere i contenuti delle conversazioni: Tencent, l’azienda di WeChat, ha negato di archiviarle e analizzarle, ma le sue regole sulla privacy dicono che può condividere informazioni personali sugli utenti se richiesto dalle autorità.

La seconda ragione per cui alcuni cinesi non vogliono usare WeChat è il modo in cui filtra i contenuti visibili agli utenti, per evitare che lascino la sua app per andare su un’altra. Lo scorso marzo, ad esempio, sul social network erano bloccati i link che rimandavano a Douyin e ad altre 30 servizi per la condivisione di video. Su WeChat sono anche bloccati i link diretti a concorrenti di Tencent, come Alibaba, il grande sito di e-commerce cinese, e all’aggregatore di notizie Jinri Toutiao. Per via di questo filtro, certe notizie non arrivano su WeChat e ogni tanto il governo blocca tutti i contenuti con una certa parola chiave o certe immagini: ad esempio quelle di Winnie Pooh, usate in passato per prendere in giro il presidente cinese Xi Jinping.

Negli anni WeChat è diventato sempre più abile a individuare e censurare questo tipo di contenuti. Per le aziende tecnologiche è in realtà più un obbligo che una scelta, dato che la legge cinese prevede che le piattaforme online siano responsabili insieme agli utenti per i contenuti che vi vengono condivisi: per le aziende occidentali non è così, fatta eccezione per le violazioni del diritto d’autore.

Ci sono anche persone molto note in Cina che hanno scelto polemicamente di non usare WeChat. Nel 2016 l’influente blogger di tecnologia Lawrence Li annunciò che avrebbe cancellato l’app, considerandola un posto dove prevalgono «i contenuti infantili, anti-intellettuali, volgari e noiosi» e criticando il fatto che non permetta agli account ufficiali di indicare link di siti che non appartengono a Tencent. Secondo Li questo incoraggia le persone a violare le leggi sul copyright, perché le spinge a copiare i contenuti che non sono su siti di Tencent caricandoli su servizi accessibili anche da WeChat, «duplicando il web». Li oggi vive in Giappone, dove si può stare facilmente senza WeChat, e comunica con i suoi genitori che vivono in Cina usando iMessage e WhatsApp. Nel post in cui annunciò che avrebbe cancellato WeChat lo definì «uno strumento di comunicazione e di informazione che penetra la società cinese così profondamente che non si può parlare di sola comodità. Modella le nostre menti e la nostra vita culturale».

In passato anche Jack Ma, il fondatore di Alibaba, aveva cercato di vivere senza usare WeChat: annunciò che avrebbe smesso di usare il social network nel 2013, quando lanciò una propria app di messaggistica. Il progetto si rivelò però un fallimento, e l’anno scorso Ma ha detto di essere tornato a usare WeChat.