Da pochi giorni Hamad Bin Khalifa Al Nahyan è diventato co-proprietario della squadra di calcio israeliana del Beitar Gerusalemme acquistando il 50 per cento delle quote dall’imprenditore israeliano Moshe Hogeg. È un accordo significativo sotto diversi aspetti, a partire dal fatto che il Beitar è storicamente la squadra della destra nazionalista israeliana, fondata nel 1936 all’interno del movimento giovanile (Beitar) del partito revisionista sionista (Hatzohar), dal quale prese il nome. La sua influente tifoseria, inoltre, è tra le più xenofobe e violente dei campionati UEFA, da sempre ferocemente anti-araba.
Lo sceicco Hamad Bin Khalifa Al Nahyan ha promesso investimenti di oltre 75 milioni di euro nei prossimi dieci anni, i quali verranno usati principalmente per nuove infrastrutture e per il miglioramento dell’intero parco giocatori a disposizione della squadra. Verrà rappresentato nel nuovo consiglio di amministrazione dal figlio, Muhammad Bin Hamad Bin Khalifa, il quale ha commentato l’ingresso nel club dicendo: «Il Beitar è una delle cinque grandi squadre israeliane e c’è la possibilità di renderlo il più grande di tutti. Vogliamo investire nel Beitar e portare il club a un livello ancora superiore vincendo nuovi titoli».
I due membri della famiglia reale hanno fatto riferimento anche al recente accordo tra Israele ed Emirati Arabi Uniti, spiegando come, dopo i colloqui tra i due paesi, stiano «esplorando diverse opportunità di collaborazione». Quello che viene definito come accordo descrive la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Emirati Arabi Uniti, ovvero l’inizio delle relazioni diplomatiche tra i due paesi reso pubblico lo scorso agosto dal presidente statunitense Donald Trump: prima di allora non era mai successo che un paese arabo del Golfo Persico riconoscesse ufficialmente Israele.

Tifosi del Beitar a Netanya nel 2016 (Uriel Sinai/Getty Images)
Tra i tifosi del Beitar, tuttavia, si temono reazioni da parte della Familia, il nome con il quale è conosciuto il tifo organizzato a seguito della squadra, noto per condotte violente e xenofobe e per i suoi vecchi legami con la destra israeliana, talmente profondi da aver coinvolto in passato anche esponenti di spicco di Likud, il partito di governo, e Israel Beitenu, il partito della destra nazionalista. Nel 2013 il problematico tifo organizzato del Beitar accolse per esempio con proteste, insulti e tentate aggressioni due giocatori ceceni di fede musulmana acquistati dall’allora proprietà russo-israeliana: resistettero in Israele appena quattro mesi.
Alcune minacce sono già apparse nei dintorni dei luoghi del club a Gerusalemme: la vendita delle quote societarie è arrivata per giunta in un momento delicato per la squadra, attualmente quartultima in classifica. Da quando nel 2018 Moshe Hogeg ha acquistato il club promettendo di riabilitarne l’immagine nel paese e non solo, l’ambiente circostante è diventato più teso e diviso tra tifosi comuni e organizzati: i primi hanno accolto favorevolmente l’ingresso dei nuovi soci in società — con la prospettiva di tornare a vincere – mentre i secondi hanno invece annunciato proteste in occasione dei prossimi impegni della squadra.