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  • Sabato 8 ottobre 2016

Il Beitar Gerusalemme e il nazionalismo israeliano

La squadra di calcio della capitale israeliana ha una tifoseria fra le più xenofobe e violente d'Europa, spesso più influente della dirigenza

di Pietro Cabrio

Tifosi del Beitar Gerusalemme sugli spalti del Teddy Stadium (AP Photo/Ariel Schalit)
Tifosi del Beitar Gerusalemme sugli spalti del Teddy Stadium (AP Photo/Ariel Schalit)

Lo scorso luglio, dopo un’operazione durata alcuni mesi, la polizia israeliana ha arrestato più di cinquanta persone ritenute collegate a “La Familia”, il gruppo di ultras che segue la squadra di calcio del Beitar Gerusalemme, una delle più conosciute del paese e la più importante della capitale israeliana. La Familia è la tifoserie organizzata israeliana più violenta e problematica, nonché una delle più xenofobe e razziste d’Europa (nel calcio Israele conta come Europa).

Le persone arrestate sono state accusate di aver partecipato a numerosi episodi di violenza; nelle case di alcuni di loro la polizia ha trovato una quantità di armi che Benny Ablaya, a capo dell’operazione, ha definito sorprendente. Sono state trovate granate con gas lacrimogeno ed esplosivi rudimentali. Fra gli arrestati ci sono nove membri dell’esercito israeliano e alcuni minorenni: l’accusa più grave è quella di tentato omicidio rivolta a sei persone che nell’ottobre del 2015 ferirono gravemente con un’accetta un tifoso dell’Hapoel Tel-Aviv negli scontri prima della partita di campionato fra le due squadre.

Il Beitar Gerusalemme nacque in circostanze particolari e rimane un club unico nel suo genere. Venne istituito nel 1936 come squadra di calcio del movimento giovanile del Partito revisionista sionista, il Beitar appunto, creato nei primi decenni del Novecento. Il revisionismo è una particolare corrente del sionismo secondo la quale – semplificando – l’obiettivo a lungo termine di Israele dovrebbe essere ottenere la sovranità su tutta Eretz Yisrael, cioè la terra che secondo gli ebrei Dio ha donato loro migliaia di anni fa. Il partito conservatore che in questo momento governa Israele, il Likud, è ispirato dalle teorie del Partito revisionista sionista, così come lo è Israel Beitenu, il partito della destra nazionalista guidato da Avigdor Lieberman, ex ministro degli Esteri ed ex vice primo ministro.

Le origini della squadra
Tra il 1920 e il 1948, durante il Mandato britannico della Palestina, molti di quelli che qualche anno dopo sarebbero diventati dirigenti e giocatori della squadra del Beitar furono membri dei gruppi militari e paramilitari che colpirono gruppi terroristici arabi  e militari britannici in Palestina. Per questo motivo, prima dell’indipendenza israeliana, la squadra del Beitar venne esclusa da qualsiasi tipo di competizione sportiva per circa cinque anni. Quando gli fu permesso nuovamente di ritornare in attività, il club fece del suo passato e della squalifica un elemento cardine della propria identità, e questo, di conseguenza, finì per influenzare la propria tifoseria e i futuri settant’anni di storia del club. Oggi il club è inscindibile dalla sua tifoseria e dai legami che ha con la destra israeliana.

Soprannominato anche La Menorah per via del suo logo, il Beitar iniziò a ottenere i primi veri risultati rilevanti a partire dagli anni Settanta, con le prime vittorie in campionato e in coppa: già all’epoca i suoi tifosi erano ritenuti violenti e problematici. Verso la fine del decennio la tifoseria del Beitar diventò più popolare e attirò nuovi tifosi: nel 1977 infatti, il Likud, fondato nel 1973, divenne il partito di governo per la prima volta nella sua storia. Fino a oggi è stato il principale partito di centrodestra israeliano, nonché quello che ha governato più a lungo. Per via dei legami con il movimento Beitar, molti membri del Likud erano tifosi della squadra e questo comportò un rapido aumento della popolarità del club, che coincise con il periodo più vincente della sua storia.

Agli inizi degli anni Duemila il fenomeno del tifo organizzato iniziò a prendere piede anche in Israele, partendo dalle squadre più seguite. Come conseguenza, durante le partite fra il Beitar e le squadre arabe d’Israele le violenze si intensificarono. Nel 2005 i tifosi del Beitar fondarono La Familia, che oggi è uno dei rari casi in cui un gruppo ultras è ufficialmente riconosciuto dalla propria squadra, che lo finanza e lo considera come il proprio fan club ufficiale. Nonostante sia noto per le condotte violente e xenofobe dei propri membri, molti esponenti del Likud e di Israel Beitenu si sono fatti spesso riprendere nel settore de tifo organizzato al Teddy Stadium di Gerusalemme o negli eventi organizzati direttamente dal gruppo. Il caso che più ha fatto discutere è stato quello di Miri Regev, membra del Likud e attuale ministra della Cultura e dello Sport, che negli ultimi anni è stata vista spesso tra gli ultras del Beitar. Dopo gli arresti di luglio, tuttavia, Regev si è dissociata dal gruppo, sostenendo però che i tifosi non sono il vero problema del club.

Anche il primo ministro Benjamin Netanyahu è un tifoso del Beitar, così come lo è Avigdor Lieberman, che non è raro vedere sugli spalti del Teddy Stadium durante le partite della squadra. Lo stretto legame tra il club e la politica è la base su cui si fondano le accuse rivolte al governo dalle altre società del campionato israeliane e dai partiti, secondo i quali si tenderebbe sempre a sminuire gli episodi riguardanti La Familia e a tollerare il comportamento razzista dei suoi membri.

Arcadi Gaydamak e i rapporti con la Cecenia
Nello stesso anno in cui fu fondata La Familia, il Beitar venne acquistato dall’oligarca russo di origini israeliane Arcadi Gaydamak, sulle cui attività già allora in molti sospettavano esserci perlomeno qualcosa di sospetto. Gaydamak investì diversi milioni di euro nella squadra, che per i successivi anni fu composta dai migliori giocatori israeliani in circolazione e vinse il campionato per due anni consecutivi fra il 2006 e il 2008. Gaydamak iniziò a finanziare regolarmente La Familia e concesse al gruppo diversi trattamenti di favore, dalla concessione di spazi alla vendita di biglietti. Nel 2008 si candidò alle elezioni per il sindaco di Gerusalemme, e lì si iniziò a capire quali fossero le sue reali intenzioni. Gaydamak infatti non aveva comprato solo il Beitar, ma fu anche sponsor principale della squadra basket di Gerusalemme, l’Hapoel, per tentare di ottenere consensi fra due società sportive molto influenti a Gerusalemme. Non ebbe successo e alle elezioni ottenne poco più del 3 per cento. Dopo la sconfitta elettorale diminuì drasticamente gli investimenti nelle due società, soprattutto nel Beitar, che venne quindi ridimensionato.

L’affare che nel 2013 portò in squadra due giocatori ceceni di religione musulmana, inizialmente considerato come un tentativo da parte della società di allontanarsi dall’immagine di squadra xenofoba, fu un’altra vicenda legata agli interessi imprenditoriali di Gaydamak, questa volta in Cecenia. In quel periodo infatti era in stretto contatto con l’imprenditore russo di origini azere Telman Izmailov, che possedeva delle attività commerciali nella regione. Nel gennaio del 2013 Gaydamak portò la squadra a Groznyj per disputare una partita amichevole contro il Terek, squadra locale che gioca tuttora nella prima divisione russa. La squadra venne accolta da Ramzan Kadyrov, presidente della Cecenia, membro del partito di Putin, Russia Unita, e proprietario del Terek Groznyj. A sorpresa, il Beitar tornò dalla Cecenia con due nuovi calciatori musulmani, Dzhabrail Kadiyev e Zaur Sadayev, il cui acquisto fu una mossa di Gaydamak per giustificare la strana relazione tra le due società.

Alla conferenza stampa di presentazione dei due giocatori partecipò anche il sindaco di Gerusalemme, oltre a Gaydamak e al direttore generale del club. Ma appena arrivati al centro sportivo per l’allenamento, Kadiyev e Sadayev iniziarono a essere insultati da un centinaio di tifosi, che non tolleravano la presenza di musulmani nella loro squadra. Successivamente, nel corso della partita in casa contro il Maccabi Netanya, Sadayev segnò un gol. Parte dello stadio esultò normalmente, ma gli ultras abbandonarono lo stadio in segno di protesta. Kadiyev e Sadayev rimasero in Israele quattro mesi, poi fecero ritorno in Cecenia.

Gaydamak lasciò il Beitar al termine di quella stagione e da lì iniziò ad avere una lunga serie di problemi con la giustizia: nel novembre del 2015 si è consegnato alle autorità francesi per scontare una condanna di tre anni e mezzo che nel 2009 gli fu comminata per il traffico illegale d’armi durante la guerra civile in Angola, caso noto anche come “Angolagate”.

Dai primi anni Duemila, La Familia, aiutata dai legami con il centrodestra israeliano prima e dagli interessi di Gaydamak poi, è diventata sempre più influente nella gestione del club. Fino agli anni Novanta i giocatori musulmani venivano normalmente acquistati dal Beitar, senza creare problemi fra i tifosi. Negli ultimi quindici anni, però, la situazione è radicalmente cambiata: la presenza degli ultras ha allontanato dallo stadio molte persone e ha attirato sempre più estremisti, facendo diventare il club un dei maggiori simboli del nazionalismo israeliano più estremo.