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  • Domenica 6 dicembre 2020

Alle elezioni in Venezuela l’opposizione a Maduro è messa male

Si vota per rinnovare l'Assemblea nazionale, l'unica istituzione ancora fuori dal controllo del regime, che quasi sicuramente vincerà

Nicolás Maduro durante un evento elettorale il 3 dicembre. (AP Photo/Ariana Cubillos)
Nicolás Maduro durante un evento elettorale il 3 dicembre. (AP Photo/Ariana Cubillos)

Oggi si terranno le elezioni in Venezuela per rinnovare l’Assemblea nazionale, il principale organo legislativo del paese e l’ultimo ancora controllato dall’opposizione al regime autoritario del presidente Nicolás Maduro. Secondo le aspettative, a causa delle divisioni dell’opposizione e dell’attenta preparazione del regime, da cui ci si aspettano brogli elettorali, l’Assemblea dovrebbe tornare alle forze filogovernative, e questo potrebbe creare gravi problemi a Juan Guaidó, il presidente del Venezuela riconosciuto da buona parte della comunità internazionale, che trae la propria legittimità costituzionale proprio dall’essere il presidente dell’Assemblea nazionale.

Alle ultime elezioni per il rinnovo dell’Assemblea, nel 2015, la vittoria dell’opposizione fu una sorpresa. Il regime venezuelano era al potere da ormai 16 anni, aveva dato per scontata la vittoria, ma l’opposizione, quell’anno, aveva saputo presentarsi forte e con un messaggio unitario. Nei primi anni di convivenza con il regime, l’Assemblea provocò diverse difficoltà a Maduro, che però manteneva il controllo di tutte le altre istituzioni. Le cose cambiarono molto dopo le elezioni presidenziali del 2018, che Maduro vinse grazie a brogli diffusi: a causa dei brogli, l’Assemblea dichiarò Maduro presidente illegittimo e nominò come presidente ad interim il secondo in linea di successione, cioè il presidente dell’Assemblea stessa, Juan Guaidó.

Da allora (era il gennaio del 2019) in Venezuela ci sono stati due presidenti, che si definiscono «usurpatore» l’uno con l’altro. Gran parte della comunità internazionale (soprattutto l’Occidente e buona parte dei paesi latinoamericani) ha riconosciuto Guaidó; altri hanno continuato a riconoscere Maduro. Nonostante grandi proteste nei primi mesi, che in seguito sono scemate, Maduro ha mantenuto il controllo del paese, e nel giro di poco ha creato un altro organo legislativo, la cosiddetta Assemblea costituente, per sostituire l’Assemblea nazionale e dare una parvenza di legittimità al suo governo. Maduro a un certo punto ha anche fatto eleggere un secondo presidente dell’Assemblea nazionale.

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Alla lunga, questa situazione ha gravemente indebolito Juan Guaidó: dopo quasi due anni, il tentativo di rovesciare il regime si può definire un fallimento.

Maduro è ancora al potere, l’esercito gli è rimasto fedele e i venezuelani che si oppongono al regime sono scoraggiati. Anche gli alleati in Occidente sono sempre più tentennanti: soprattutto in Europa, il sostegno nei confronti di Guaidó è sempre più incerto, e nei mesi scorsi Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri, ha inviato una missione diplomatica a Caracas, la capitale del Venezuela, per cercare di trovare un accordo sulle elezioni. La mossa di Borrell è però stata criticata, perché potrebbe avere dato al regime legittimità di interlocutore riconosciuto.

Alle elezioni di oggi, Maduro è intenzionato a «salvare» l’Assemblea nazionale, come dice uno slogan della propaganda filoregime, e ha mobilitato molte forze per garantirsi la vittoria, spingendo i dipendenti pubblici a votare, rafforzando il controllo sugli organi di gestione del processo elettorale, e così via. Secondo tutti gli analisti, la vittoria del partito di governo, il Partito socialista unito del Venezuela (PSUV), è praticamente certa.

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Hanno contribuito anche le divisioni dell’opposizione, all’interno della quale ci sono stati gravi scontri tra chi chiedeva di boicottare le elezioni e chi chiedeva di parteciparvi, perché nonostante i brogli meglio mantenere una presenza nell’Assemblea che esservi esclusi del tutto. Alla fine gran parte dell’opposizione boicotterà il voto, garantendo probabilmente una vittoria ancora più netta di Maduro.

Se il PSUV vincerà le elezioni, come previsto, a gennaio il mandato di Juan Guaidó come presidente dell’Assemblea nazionale decadrà, e con esso anche la giustificazione costituzionale della sua nomina a presidente ad interim del paese. L’opposizione, specie quella che ha deciso di boicottare il voto, sostiene che in realtà il mandato di Guaidó non decade perché le elezioni di oggi saranno sicuramente illegittime. Ma Maduro avrà più argomenti di prima per convalidare la legittimità del suo governo, e l’opposizione sarà sempre più debole e isolata.