I problemi del reddito di cittadinanza

Il 30 settembre scade la prima tranche di chi fece domanda nel 2019: a 18 mesi dall'erogazione dei primi assegni, ecco gli aspetti critici e le novità in arrivo

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, del Movimento 5 Stelle, che ha voluto fortemente l'introduzione del reddito di cittadinanza. (ANSA/ ALESSANDRO DI MEO)
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, del Movimento 5 Stelle, che ha voluto fortemente l'introduzione del reddito di cittadinanza. (ANSA/ ALESSANDRO DI MEO)

Per le circa 410mila famiglie che avevano fatto domanda del reddito di cittadinanza nel marzo del 2019, il prossimo 30 settembre scadrà la prima tranche del sussidio. Dopo 18 mesi dall’introduzione della misura di aiuto economico, che fu fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle per abbattere la povertà nel paese ma anche per favorire l’inserimento lavorativo di coloro che non avevano un impiego, ci sono ancora alcuni aspetti critici: sia perché a detta di molti osservatori il “patto per il lavoro” previsto nell’accordo per il reddito di cittadinanza non è stato così efficace, sia perché ora c’è un’importante novità per il rinnovo della domanda di reddito di cittadinanza.

Il reddito di cittadinanza viene riconosciuto per un periodo massimo di 18 mesi ai nuclei familiari in possesso di determinati requisiti legati alla cittadinanza e alla situazione economico-patrimoniale: per esempio, è necessario avere un ISEE inferiore ai 9.360 euro e un patrimonio immobiliare diverso dalla prima casa di abitazione inferiore a 30mila euro. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio statistico dell’INPS, aggiornati all’8 settembre, nel 2020 hanno percepito almeno una mensilità di reddito di cittadinanza 1 milione e 248mila nuclei familiari, per un totale di circa 3 milioni e 165mila persone, con un assegno mensile medio di 570 euro.

Come ha ricostruito il Sole 24 Ore in due articoli usciti oggi sull’edizione cartacea, il 30 settembre la misura scadrà per 410mila nuclei familiari, ed entro la fine dell’anno per più della metà delle famiglie che attualmente beneficiano del reddito di cittadinanza: 635mila nuclei familiari sul milione e 160mila famiglie che percepiscono l’assegno, un totale di 1 milione e 588mila persone. La maggior parte dei nuclei familiari che beneficiano del reddito di cittadinanza a cui scadrà l’erogazione da qui a fine anno abitano in Campania (125.419), Sicilia (114.387), Puglia (59.015), Lazio (56.020) e Lombardia (49.098).

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I nuclei familiari per cui il reddito scadrà al 30 settembre possono chiedere il rinnovo della misura per altri 18 mesi a patto che ci sia un mese di interruzione nella prestazione. Va considerato che nel 35 per cento dei nuclei familiari che attualmente beneficiano del reddito di cittadinanza ci sono minori, mentre nel 18,8 per cento ci sono persone disabili. Inoltre, i componenti dei nuclei familiari che hanno richiesto il rinnovo del reddito di cittadinanza e che sono in grado di lavorare dovranno accettare la prima offerta di lavoro utile proposta nell’ambito del “patto”, anche se fosse in una regione diversa da quella di residenza, altrimenti la famiglia perderà il diritto a ottenere il sussidio.

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Il reddito di cittadinanza, infatti, ha un duplice obiettivo: sostenere i nuclei familiari con un aiuto economico, ma anche favorire progetti di inclusione sociale e lavorativa e agevolare la ricerca di lavoro attraverso la guida dei cosiddetti navigator, i circa 3mila dipendenti dell’Agenzia nazionale per il lavoro (ANPAL) che offrono consulenza presso i tradizionali centri per l’impiego. Tuttavia, nei primi 18 mesi il contributo del reddito di cittadinanza al calo della disoccupazione non sembra avere dato i risultati sperati.

Le persone in età adulta che fanno parte dei nuclei familiari che attualmente percepiscono il reddito di cittadinanza e che sono maggiorenni, non lavorano e non stanno seguendo un corso di studio, e pertanto secondo i requisiti stabiliti dal decreto sono ritenute in grado di poter lavorare, sono 1 milione e 230mila. Finora, però, le offerte di lavoro nell’ambito del “patto” sono state solo 220mila e solo 196mila persone hanno trovato lavoro. Inoltre, secondo i dati dei centri per l’impiego solo il 71,5 per cento delle persone risultate idonee a un’offerta di lavoro si è presentato all’appuntamento, e delle 507mila che si sono presentate quasi 70mila sono state esonerate per carichi di cura di bambini o disabili gravi. In tutto, fino a ora, sono state circa 21mila le persone che sono state sanzionate per aver violato a vario titolo il “patto di lavoro”.

Già lo scorso ottobre era stato osservato che la parte dello strumento relativa all’agevolazione dell’impiego avesse alcuni limiti. Delle circa 2,2 milioni di persone che componevano gli 843 mila nuclei familiari che percepivano il reddito di cittadinanza, solo 704mila erano considerati “occupabili”, e a causa di ritardi e problemi organizzativi, ancorché previsti, fino a quel momento non si erano osservati miglioramenti nei dati sull’occupazione. A dicembre 2019, erano 28mila le persone che avevano trovato lavoro nell’ambito del “patto per il lavoro”.

È anche per rendere più efficace il reddito di cittadinanza che secondo il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, presto dovrebbe arrivare uno strumento informatico in grado di collegare in maniera più efficiente chi richiede lavoro e chi lo offre – una cosa che peraltro consentirebbe anche di individuare più facilmente chi rifiuta le offerte nell’ambito del “patto”.

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Nelle ultime settimane c’è stata una polemica tra il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, e Tito Boeri, suo predecessore, il quale sosteneva che la metà dei percettori del reddito di cittadinanza non fossero persone che ne avevano realmente bisogno. Il direttore centrale dell’INPS, Daniele Checchi, ha chiarito che «circa 1 milione e 486mila individui risulterebbero, nelle stime, percettori di RdC pur non risultando nella platea dei poveri relativi elaborata seguendo i criteri OECD» – ovvero quelli dell’OCSE, l’organizzazione che raggruppa 35 dei paesi più sviluppati al mondo – ma che «non è possibile fare nessuna deduzione scientificamente affidabile circa l’inclusione di possibili evasori nella platea». In più, la pandemia da coronavirus ha ulteriormente aggravato la situazione economica di molte famiglie.

Il Sole ha spiegato che da gennaio 2020 a oggi il numero dei richiedenti è cresciuto del 25,8 per cento e che solo ad agosto sono stati investiti più di 650 milioni di euro in sussidi. In totale, dall’aprile del 2019 sono stati destinati 8,5 miliardi di euro ai sussidi da reddito di cittadinanza e pensione di cittadinanza. Tuttavia, se si considera che le misure sono finanziate soltanto fino al 2021, i critici dello strumento sostengono che sarebbe necessario puntare anche sulla formazione e su diversi percorsi di orientamento lavorativo come alternativa al ricorso del reddito di cittadinanza.