Ora Facebook ha due comitati di controllo

Sta per insediarsi il gruppo di esperti voluto dall'azienda a garanzia degli utenti, ma alcuni critici hanno deciso di organizzarsi da sé con un comitato-ombra

(AP Photo/Andrew Harnik)
(AP Photo/Andrew Harnik)

Il comitato di controllo di Facebook, un organo indipendente voluto dal fondatore Mark Zuckerberg per dirimere le questioni etiche più complesse del social network, comincerà i suoi lavori pubblici tra la metà e la fine di ottobre. Il comitato, che in inglese di chiama Oversight Board, è stato spesso presentato dai media come la “Corte Suprema di Facebook”, cioè come un’assemblea influente e capace di prendere decisioni importanti.

Ma un gruppo di alto profilo di critici di Facebook sostiene che in realtà il comitato sia uno strumento inefficace per risolvere i problemi del social network e venerdì, a un giorno dall’annuncio di inizio dei lavori, ha reso pubblica la creazione di un altro comitato parallelo, che si chiamerà “Real Facebook Oversight Board” e che, come mostra il nome, ha l’obiettivo di contrapporsi direttamente all’Oversight Board, anche per contestare il fatto che, probabilmente, il comitato non sarà pronto in tempo per le elezioni negli Stati Uniti.

Il comitato di controllo di Facebook – quello originale – è stato proposto da Zuckerberg nel 2018 e annunciato nel 2019. L’identità dei suoi 40 membri è stata resa pubblica nei mesi scorsi, e ci sono molti nomi celebri e importanti. Ci sono Helle Thorning-Schmidt, ex prima ministra della Danimarca, la premio Nobel Tawakkul Karman, l’ex direttore del Guardian Alan Rusbridger, l’ex vicepresidente della Corte europea per i diritti dell’uomo Andras Sajo, la leader della sezione africana di Internet Without Borders Julie Owono.

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Inizialmente il comitato avrebbe dovuto avere ampi poteri di decisione. Nel 2018 Zuckerberg disse che i suoi membri avrebbero dato «giudizi definitivi su che tipo di discorso sia accettabile» sulla piattaforma, ma via via questi poteri sono stati ristretti. Nei primi tempi, infatti, il comitato potrà accogliere soltanto appelli di utenti che ritengono che i loro post siano stati rimossi ingiustamente. Non potrà esprimersi, invece, sui post che vengono tenuti online dal social network, e che sono quelli che di solito generano più polemiche.

Una delle polemiche più gravi di quest’anno, per esempio, si è aperta a fine maggio, quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump auspicò in un tweet e in un post su Facebook che le proteste contro il razzismo negli Stati Uniti, che avevano portato anche al saccheggio di alcuni negozi, fossero fermate con le armi da fuoco. Per farlo, inoltre, usò un vecchio detto razzista. Twitter decise di eliminare il tweet, Facebook decise di mantenere il post online, generando molte proteste anche all’interno dell’azienda. Su decisioni come questa il comitato non si potrà esprimere, ma le cose potrebbero cambiare con il tempo.

Le opinioni sul comitato sono già piuttosto forti prima ancora dell’inizio dei lavori. Molti giornalisti americani influenti, come per esempio la columnist del New York Times Kara Swisher, sono critici. Swisher ha scritto che lo scopo del comitato sembra quello di «fermare l’oceano con le mani». Gli esperti legali hanno giudizi più sfumati e in alcuni casi positivi. Un paper dello Yale Law Journal sostiene che il comitato potrebbe creare un precedente interessante per la moderazione dei contenuti online.

Le preoccupazioni nei confronti del comitato sono aumentate con l’annuncio che i lavori cominceranno nella seconda metà di ottobre: con queste tempistiche è molto probabile, infatti, che il comitato non farà in tempo a pronunciarsi a proposito delle elezioni americane di inizio novembre, anche se per ora Facebook non ha detto niente in merito. Le elezioni americane rischiano di essere molto combattute, e Facebook sarà certamente usato per amplificare propaganda e disinformazione in un momento molto delicato: avere un organismo di giudizio indipendente e imparziale avrebbe fatto comodo.

Così venerdì un gruppo informale di esperti e critici di Facebook ha deciso di creare il “Real Facebook Oversight Board”. Anche questo comitato-ombra è formato da membri di alto profilo, come l’ex presidente dell’Estonia Toomas Hendrik Ilves, la professoressa di Harvard Shoshana Zuboff, autrice di Il capitalismo della sorveglianza, Roger McNamee, ex investitore di Facebook diventato critico dell’azienda, Maria Ressa, giornalista e dissidente filippina, e Carole Cadwalladr, giornalista del Guardian che ha scritto alcuni dei primi e più importanti articoli sul caso Cambridge Analytica.

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La prima riunione del comitato-ombra si terrà il primo di ottobre. I suoi membri sono molto agguerriti. Zuboff, in un comunicato, ha detto che Facebook è «un calderone fumante di bugie, violenza e pericolo che destabilizza le elezioni e i sistemi democratici in giro per il mondo». Cadwalladr, in un’intervista a NBC News, ha detto: «Questa è una risposta di emergenza. Sappiamo che ci saranno molti casi in cui Facebook sarà cruciale, prima e dopo le elezioni».

Lo scopo del gruppo, dice Cadwalladr, è di «controbilanciare lo spin di Facebook», e già da qui si capisce che la formazione “Real Facebook Oversight Board” è soprattutto un’iniziativa di protesta simbolica. NBC ha scritto che i manager di Facebook si sono indispettiti alla notizia della creazione di un comitato-ombra e hanno protestato contro gli organizzatori. Alan Rusbridger, invece, ha commentato dicendo: «Più siamo e meglio è».

Il comitato-ombra ha detto di ricevere finanziamenti da Luminate, un’organizzazione filantropica sostenuta economicamente dall’Omidyar Group, che a sua volta è l’organizzazione di Pierre Omidyar, il fondatore di eBay diventato filantropo e attivista. L’Omidyar Group, tra le altre cose, è l’editore del giornale online The Intercept.

Il comitato originale, invece, è finanziato direttamente da Facebook con 160 milioni di dollari, che secondo il social network dovrebbero essere sufficienti a sostenerne le attività per almeno sei anni.