Sta arrivando la pelle fatta di fungo

È un'alternativa più sostenibile a quella animale, per fare giacche e borse: la stanno producendo aziende americane e anche una italiana

La pelle di MycoWorks
(Facebook)
La pelle di MycoWorks (Facebook)

Da qualche anno il micelio, la parte vegetativa del fungo (paragonabile alle radici, mentre quello che si mangia è il frutto), viene usato per creare plastica, materiale da imballaggio, carne vegetale, tessuti per vestiti, scarpe e borse. Alcuni laboratori stanno cercando di ricavare un materiale simile alla pelle ma più rapido da produrre e meno inquinante rispetto a quella ricavata dagli animali e a quella di origine sintetica, fatta spesso con la plastica.

I prodotti di pelle sono sempre molto richiesti: nel 2018 il mercato valeva 48 miliardi di dollari (40 miliardi di euro) in tutto il mondo, soprattutto per l’aumento di richieste della nuova classe medio borghese in Cina e dei millennials (i nati dalla metà degli anni Ottanta ai primi anni Duemila), interessati in modo particolare alle sneaker. Negli ultimi anni sono però cresciute anche le critiche e le preoccupazioni per l’inquinamento causato dalla lavorazione delle pelli, per le conseguenze sulla salute dei lavoratori nelle concerie e per il trattamento degli animali. A questi problemi etici si aggiunge la difficoltà nel rifornirsi della pelle necessaria, sia per quantità che per qualità.

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Per questo, sempre più aziende stanno cercando nuove soluzioni: nel 2018 Chanel diventò la prima azienda di lusso a non vendere più pelle di serpente, coccodrillo, lucertola e altri animali esotici, non potendone tracciare del tutto la provenienza per assicurasi che non venissero prodotte in modo illegale. Le concerie occidentali lavorano quasi esclusivamente pelle di animali macellati per l’industria alimentare e utilizzano gli avanzi per la piccola pelletteria. Alcune nuove imprese studiano valide alternative: oltre alla pelle di funghi, c’è l’eco-pelle cresciuta in laboratorio, quella stampata in 3D, quella ricavata dagli scarti della lavorazione dell’ananas o quella di pesce derivata dagli scarti dell’industria alimentare.

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Una delle aziende che producono pelle dai funghi si chiama MycoWorks e, come ha raccontato il Washington Post, venne fondata nel 2013 dall’artista e scultore di San Francisco Philip Ross e dalla sua assistente Sophia Wang. Ross lavorava da anni il micelio per realizzare sedie, tavoli e altri oggetti e così ebbero insieme l’idea di sperimentarne l’uso anche nella moda. Nel loro laboratorio di Emeryville, in California, gli scarti dell’industria agricola vengono usati per alimentare il ganoderma, un fungo mangia legno, e per farne crescere il micelio. Lasciato a se stesso, il micelio svilupperebbe il frutto del fungo ma, a date temperature, livelli di umidità e altri fattori ambientali, produce delle fibre. MycoWorks le tratta e lavora fino a ottenere un materiale simile alla pelle che ha chiamato Reishi, un altro nome del ganoderma. Stando ai test condotti dal laboratorio, il Reishi è più resistente della pelle e simile per aspetto e durata.

 

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Il Reishi è biodegradabile, perché «alcuni funghi mangiano sé stessi: se gli dai pezzi di un altro fungo della loro specie lo divorano», ha spiegato al Washington Post Jonathan Schilling, professore di biologia dei microorganismi e membro del comitato scientifico di MycoWorks. La coltivazione di micelio potrebbe anche aiutare a ridurre l’anidride carbonica nell’aria: recenti studi hanno infatti mostrato che alcune piante che vivono in simbiosi con i funghi aiutano a immagazzinare nel terreno fino al 70 per cento di anidride carbonica in più, riducendone la quantità nell’aria.

MycoWorks ha ricevuto 17 milioni di dollari in finanziamenti e sta costruendo una terza fabbrica che le consentirà di aumenterà la capacità produttiva di altri 7.432 metri quadrati di pelle all’anno. I prodotti in Reishi non sono ancora in vendita ma il materiale era stato presentato alla Settimana della moda di New York lo scorso febbraio; l’azienda annuncerà prossimamente collaborazioni con marchi di moda.

Bolt Threads è un’altra azienda che produce materiali e tessuti eco-sostenibili. Fu fondata nel 2009 in California da un bioingegnere, un biofisico e un biochimico, e da allora ha messo a punto MicroSilk, una seta prodotta dalla fermentazione di zucchero, lievito e acqua, e Mylo, una pelle fatta con il micelio, che può essere realizzata in pochi giorni.

Bolt Threads ha raccolto 213 milioni di dollari (180 milioni di euro) dagli investitori, ha messo in vendita una cravatta di seta MicroSilk a 314 dollari (265 euro), un berretto in lana e MicroSilk a 198 dollari (167 euro) e ha presentato su Kickstarter una borsa in Mylo a 400 dollari (338 euro), andata esaurita in una settimana. Collabora inoltre con l’azienda di moda Stella McCartney, una tra le più attente a ridurre l’impatto ambientale dei suoi prodotti: ha realizzato un completo da tennis in MicroSilk e una borsetta in Mylo, che però non sono ancora in vendita.

 

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Anche in Italia c’è un’azienda che produce pelle di fungo. Grado Zero Espace si trova a Montelupo Fiorentino e da 17 anni inventa nuovi materiali. Tra questi c’è MuSkin, che proviene dal Phellinus ellipsoideus, una specie di grossi funghi che crescono nelle foreste subtropicali. Potete comprarlo qui: un pezzo della migliore qualità da 13-20 centimetri x 23-30, spessa fino a un centimetro, costa 49 euro.