• Mondo
  • Lunedì 20 luglio 2020

Chi è Mark Rutte

Il primo ministro olandese, leader dei cosiddetti "paesi frugali", sta venendo descritto come il più cattivo dei cattivi: ma è davvero così?

Mark Rutte (AP Photo/Francisco Seco, Pool)
Mark Rutte (AP Photo/Francisco Seco, Pool)

Negli ultimi giorni il primo ministro dei Paesi Bassi, il 53enne Mark Rutte, è stato ampiamente descritto come il più rigido e cattivo tra i leader europei, a causa delle sue posizioni su due temi centrali nell’attuale dibattito politico dell’Unione Europea: il Fondo per la ripresa, il principale strumento per stimolare la ripresa economica europea dopo l’epidemia da coronavirus, e il nuovo bilancio pluriennale dell’Unione. Entrambi i temi sono stati trattati nell’ultimo Consiglio Europeo, tenuto a Bruxelles lo scorso fine settimana, senza però che venisse trovato un accordo a causa soprattutto delle divisioni tra due schieramenti: quello guidato da Rutte, dei cosiddetti “frugal four” (i paesi frugali, cioè Austria, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi), e quello a cui appartiene anche l’Italia, e che comprende i paesi del Sud Europa, alcuni dei quali molto colpiti dall’epidemia da coronavirus.

Rutte è stato criticato da diversi leader europei, tra cui il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, per le sue posizioni: il governo olandese, per esempio, si è detto contrario ad aumentare il contributo al bilancio dell’Unione Europea per evitare che l’Unione diventi – ancor di più, secondo alcuni – una pachidermica macchina burocratica; si è opposto alla concessione di denaro a fondo perduto ai paesi più in difficoltà, dicendo che l’unico sistema accettabile sarebbe stato quello dei prestiti; e ha insistito nell’introdurre un meccanismo di veto che permetta al Consiglio Europeo – e quindi ai singoli governi dell’Unione – di respingere i piani nazionali con cui ciascun paese dovrà indicare come vuole utilizzare i soldi del Fondo per la ripresa, facendo sì quindi che il modo in cui spendere i soldi ricevuti dall’UE sia concordato con i paesi dell’UE.

Rutte è uno dei leader più longevi dell’Unione Europea, insieme alla cancelliera tedesca Angela Merkel, e uno dei più apprezzati per la sua abilità a negoziare.

La cancelliera tedesca Angela Merkel e il primo ministro olandese Mark Rutte a Berlino, il 2 ottobre 2019 (AP Photo/Michael Sohn)

Rutte è il più giovane di sette fratelli. Ha studiato Storia nella città olandese di Leiden e ha iniziato molto presto a scalare le gerarchie del suo partito mentre lavorava come responsabile delle risorse umane per la società britannica-olandese Unilever. Dal 2002 al 2006 è stato ministro – prima degli Affari sociali e l’occupazione, poi dell’Istruzione, della cultura e della scienza – e poi è diventato leader del Partito popolare per la libertà e democrazia, di orientamento liberale e conservatore, carica che mantiene ancora oggi.

– Leggi anche: Facce da Consiglio Europeo

Fin dall’inizio della sua carriera politica, Rutte si è distinto per il suo particolare stile di vita: «È il più sobrio tra tutti i leader dei paesi europei. Possiede pochissime cose, non ha interesse per le cose materiali e vive 24 ore al giorno, 7 giorni a settimana, per il suo lavoro», ha detto Diederik Samson, ex leader del Partito Laburista olandese, che per un periodo ha fatto parte della coalizione di governo insieme al partito di Rutte, il Partito popolare per la libertà e la democrazia (VVD, la sigla in olandese), di centrodestra.

Rutte vive da moltissimi anni in un appartamento modesto a L’Aia. Si muove in bicicletta o con una vecchia Saab, «si paga da solo i caffè che beve e rifiuta qualsiasi rimborso per le spese sostenute in servizio», ha scritto il giornalista Thomas Erdbrink sul New York Times. «Quando assiste a eventi pubblici, fa la coda come tutti. Ai festival musicali che gli piace frequentare, balla insieme al resto della gente».

Nel 2018 il presidente francese, Emmanuel Macron, visitò l’ufficio di Rutte a L’Aia, che si trova all’angolo del complesso del Parlamento olandese e che è molto più piccolo di quelli di diversi capi di stato e di governo europei. Tom-Jan Meeus, opinionista politico per il quotidiano olandese NRC Handelsblad, scrisse con tono divertito: «Macron avrà pensato che quello che stava vedendo fosse l’entrata dell’ufficio, e non tutto l’ufficio di un leader europeo».

Il suo rigido rispetto per le regole, che gli viene riconosciuto anche dai suoi avversari politici, è stato molto commentato di recente in occasione della morte di sua madre 96enne, ricoverata in una casa da riposo. A causa delle regole imposte per limitare la diffusione del coronavirus, anche nei Paesi Bassi, così come in Italia e in diversi altri paesi del mondo, erano state vietate le visite di familiari e amici alle persone ricoverate nelle case di riposo. Nel rispetto delle regole, Rutte non era andato a trovare sua madre nonostante stesse morendo, riuscendo a vederla solo la notte prima del decesso. Poche ore dopo aveva guidato una riunione di governo convocata per affrontare la crisi provocata dal coronavirus.

Il comportamento del primo ministro olandese era stato apprezzato soprattutto perché diversi altri politici europei erano stati molto meno ligi alle regole: per esempio Dominic Cummings, consigliere del primo ministro britannico Boris Johnson, aveva violato il lockdown guidando per oltre 400 chilometri per andare a casa dei suoi genitori; e Jaroslaw Kaczynski, leader del partito al governo in Polonia, aveva visitato la tomba di sua madre e quella del suo fratello gemello mentre i cimiteri del paese erano ancora chiusi.

Mark Rutte insieme a Giuseppe Conte in un ristorante a L’Aia (EPA/SEM VAN DER WAL)

Negli ultimi anni Rutte ha spostato il suo partito dal centro verso destra, soprattutto per non perdere l’appoggio di quell’elettorato attratto dai partiti di destra radicale, che nei Paesi Bassi sono sempre più influenti. I due principali – entrambi fortemente euroscettici, e contrari a dare soldi a fondo perduto ai paesi del Sud Europa – sono il Partito per la libertà, guidato da Geert Wilders, e il Forum per la democrazia, più giovane e guidato da Thierry Baudet.

Per contrastare in particolare l’ascesa di Wilders, vicino a Matteo Salvini e fortemente contrario ai sussidi previsti nel Fondo per la ripresa, dal 2010 Rutte ha sviluppato quello che l’Economist ha definito un «delicato e flessibile euroscetticismo», oltre ad adottare politiche più conservatrici su diversi temi, cercando allo stesso tempo di non perdere i consensi tra l’elettorato moderato. Tra le altre cose, Rutte è stato criticato per i tagli agli stipendi di infermieri e insegnanti, e per le posizioni sempre più rigide adottate sull’immigrazione.

Geert Wilders con in mano un cartello con scritto “non un centesimo all’Italia” durante una protesta a L’Aia (EPA/Sem van der Wal)

Rutte non è stato l’unico politico a rivedere le proprie posizioni per frenare l’ascesa dei partiti di destra radicale. “Appello cristiano democratico”, forza di centrodestra e parte della coalizione di governo insieme al partito di Rutte, ha adottato posizioni ancora più rigide sui negoziati sul bilancio dell’Unione Europea. Questa situazione, hanno scritto diversi osservatori italiani e stranieri, potrebbe spiegare le linee di Rutte nelle ultime riunioni del Consiglio Europeo: adottare una linea troppo morbida, infatti, avrebbe potuto indebolirlo politicamente e lasciare spazio alle destre radicali olandesi, uno scenario che vorrebbe evitare anche l’Unione Europea.

C’è un’ultima cosa da considerare per capire la posizione di Rutte nei negoziati sul Fondo per la ripresa e il bilancio pluriennale.

L’euroscetticismo nei Paesi Bassi, ha scritto l’Economist, è particolare e si manifesta per lo più su temi legati all’economia. Circa il 70 per cento degli olandesi voterebbe per rimanere nell’Unione Europea – un dato molto alto, se si considera che in Italia questa percentuale scende al 53 per cento – ma solo un terzo vorrebbe più Europa nella vita del paese. Allo stesso tempo, le posizioni che hanno caratterizzato la linea negoziale olandese durante quest’ultimo Consiglio Europeo sono molto popolari nei Paesi Bassi: in particolare l’utilizzo di prestiti e non sussidi, l’introduzione di un meccanismo di veto sull’uso dei soldi del Fondo per la ripresa, e l’opposizione a usare le risorse del proprio bilancio nazionale – necessarie per emettere debito comune – per dare soldi ai paesi del Sud Europa, come l’Italia, considerati “spendaccioni” e incapaci di mettere in pratica riforme strutturali e non solo assistenziali.

Tutti questi elementi si sono aggiunti all’approccio che i Paesi Bassi hanno tradizionalmente mantenuto nei confronti dell’europeismo, favorevole all’integrazione economica ma molto meno a quella politica; e hanno condizionato le posizioni di Rutte sul Fondo per la ripresa e il bilancio pluriennale dell’Unione, contribuendo a rendere il governo olandese il leader di fatto dei tanto criticati “frugal four”.