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  • Mercoledì 15 luglio 2020

In Irlanda hanno paura di essere contagiati dai turisti statunitensi

Nel paese cresce la preoccupazione per la possibilità di una nuova ondata di contagi da coronavirus causata dai turisti che non rispettano la quarantena volontaria

Una cameriera con visiera protettiva porta una pinta di birra al tavolo di un pub di Dublino, il 29 giugno 2020, primo giorno di riapertura dei locali dopo il lockdown (Charles McQuillan/Getty Images)
Una cameriera con visiera protettiva porta una pinta di birra al tavolo di un pub di Dublino, il 29 giugno 2020, primo giorno di riapertura dei locali dopo il lockdown (Charles McQuillan/Getty Images)

Nelle ultime settimane in Irlanda si è aperto un acceso dibattito su una possibile nuova ondata di contagi da coronavirus, e in particolare sui rischi che potrebbe provocare la circolazione nel paese dei turisti provenienti dagli Stati Uniti, il paese con il più alto numero di contagi al mondo.

Le attuali norme irlandesi prevedono che chi arrivi dagli Stati Uniti, che sia turista o residente in Irlanda di ritorno, effettui un periodo di quarantena volontaria di quattordici giorni e compili un modulo dove viene indicato dove alloggerà durante l’isolamento. Non sono previste multe per la violazione della quarantena, ma solo per non aver compilato il modulo o per falsa attestazione.

Secondo quanto denunciano però numerosi irlandesi, sarebbero molti i turisti che non rispettano la quarantena volontaria e ciò starebbe mettendo a rischio la salute dei residenti. Gli statunitensi non sarebbero gli unici a eludere la quarantena, ma le preoccupazioni degli irlandesi sembrano concentrarsi su chi proviene dagli Stati Uniti, dove il 14 luglio sono stati registrati più di 60mila nuovi casi di contagio, milioni di persone sono tornate in lockdown.

Secondo quanto racconta il New York Times, tour operator, ristoratori e proprietari di pub hanno paura di una nuova diffusione del contagio: nelle prime settimane di luglio hanno raccontato sui social media esperienze con clienti arrivati dagli Stati Uniti che ignoravano le disposizioni sulla quarantena. Una radio irlandese ha intervistato alcuni turisti americani in arrivo all’aeroporto di Dublino e alcuni di loro hanno ammesso che non avevano programmato di mettersi in quarantena.

Gli esercenti accusano il governo di non effettuare abbastanza controlli per verificare che la quarantena sia rispettata. Gli imprenditori del settore turistico inoltre vivono una doppia contraddizione: da un lato hanno l’esigenza di tornare a lavorare dopo le chiusure imposte per contenere l’epidemia, in conflitto con il timore di venire contagiati dai turisti; dall’altro hanno la consapevolezza che difficilmente chi attraversi l’oceano per una vacanza possa pensare di trascorrerla per quattordici giorni in isolamento.

A ciò si aggiunge il fatto che i turisti che arrivano dagli Stati Uniti rappresentano una grossa fetta delle entrate per il turismo sull’isola d’Irlanda, non solo per quanto riguarda la Repubblica d’Irlanda, ma anche per l’Irlanda del Nord, che è parte del Regno Unito. Il premier irlandese Michéal Martin il 14 luglio ha detto in parlamento che il numero di turisti provenienti dagli Stati Uniti è “abbastanza basso”, mentre il ministro degli Esteri Simon Coveney, pur ammettendo che ci sono prove che alcuni turisti abbiano violato o ignorato le norme sulla quarantena, ha detto che dagli Stati Uniti in un giorno arrivano nell’isola non più di 200/250 persone e si tratterebbe per la maggior parte di residenti di ritorno.

In Irlanda, come in altri paesi dell’Unione Europea, è stato imposto un lungo lockdown per controllare la diffusione del contagio che ha portato dai quasi 1.000 nuovi casi quotidiani accertati del mese di aprile agli attuali 20 circa al giorno. Dall’inizio dell’epidemia, in Irlanda, un paese di circa 4 milioni e mezzo di abitanti, i contagi confermati sono stati più di 25mila e i morti 1.746.

Pub, ristoranti e alberghi hanno potuto riaprire il 29 di giugno, ma nel rispetto del distanziamento fisico e con il numero degli ingressi contingentato. Ora però si teme che una nuova ondata, causata dai contagi provenienti dall’estero, possa portare a nuove chiusure. È la preoccupazione, fra gli altri, dello chef stellato JP McMahon che lo scorso 11 ha scritto una serie di tweet dopo aver ospitato nel suo ristorante di Galway alcuni turisti stranieri, fra cui alcuni provenienti dal Texas, manifestando preoccupazione per il fatto che non era chiaro se si fossero sottoposti alla quarantena. McMahon ha accusato direttamente il governo di «consentire alle persone arrivare senza vigilare la quarantena» e ha affermato che «se continua così, c’è da aspettarsi una seconda ondata e ulteriori chiusure di ristoranti e bar».

Le attuali disposizioni sulla quarantena volontaria scadono il 20 luglio. Nel paese in molti ora chiedono che sia istituita la quarantena obbligatoria, mentre alcuni membri dell’opposizione laburista chiedono la sospensione dei voli dagli Stati Uniti e da altri paesi considerati ad alto rischio di contagio.