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  • Mercoledì 8 luglio 2020

I comuni italiani contro il 5G

La prima ordinanza è stata firmata dal sindaco di Scanzano Jonico, in Basilicata, il 18 luglio 2019: oggi i comuni che si oppongono alle antenne ritenendole dannose per la salute sarebbero più di 500


La maglietta indossata da un attivista anti-5G durante una manifestazione alla stazione centrale di Bruxelles, in Belgio, il 4 luglio 2020 (EPA/Aris Oikonomou EPA-EFE/Aris Oikonomou)
La maglietta indossata da un attivista anti-5G durante una manifestazione alla stazione centrale di Bruxelles, in Belgio, il 4 luglio 2020 (EPA/Aris Oikonomou EPA-EFE/Aris Oikonomou)

Le reti 5G, – che consentiranno di scambiarsi dati molto più velocemente su smartphone, computer e numerosi altri dispositivi – sono da tempo osteggiate con campagne e iniziative da chi sostiene che le onde radio siano nocive per la salute. Nelle ultime settimane diversi comuni hanno preso provvedimenti e firmato ordinanze contro l’installazione delle antenne necessarie alla diffusione delle nuove reti 5G, considerandole pericolose per la salute, senza che però esistano evidenze scientifiche della sua pericolosità.

Secondo il sito “Alleanza Italiana per lo Stop al 5G”, che si è fatto promotore di questa campagna, sarebbero più di 500 i comuni o gli enti italiani che in forme diverse hanno preso provvedimenti contro il 5G, e tra gli ultimi in ordine di tempo c’è il comune di Reggio Calabria: il 6 luglio il sindaco della città Giuseppe Falcomatà, del PD, ha firmato un’ordinanza che prevede il blocco dell’installazione delle antenne per il 5G.

Falcomatà ha detto di aver preso il provvedimento sulla base del principio di precauzione perché «non esistono certezze sugli effetti della nuova tecnologia». Il “principio di precauzione” è la premessa della maggior parte delle ordinanze che in piccoli paesi, ma anche in capoluoghi di provincia come Vicenza, Udine, Grosseto e Siracusa, hanno bloccato la diffusione sul territorio della rete 5G.

Recentemente all’elenco dei comuni che si oppongono al 5G si sono aggiunti quello di Agliana, nel pistoiese, e quello di Martano, in provincia di Lecce. «Come massima autorità sanitaria locale ritengo che il progresso debba fare un passo di lato quando si ha a che fare con la salute dei cittadini – aveva dichiarato il sindaco di Agliana, Luca Benesperi, l’11 giugno scorso – per di più in un territorio fortemente antropizzato come il nostro, dove vi sono molteplici fonti di inquinamento. Non essendoci studi definitivi ma comunque ampia letteratura a sostegno, in base al “principio di precauzione” questo provvedimento mira a tutelare la salute dei cittadini aglianesi». A Martano l’ordinanza di blocco delle antenne è stata firmata la scorsa settimana, ma solo in provincia di Lecce ci sono altri 42 comuni che avevano preso provvedimenti simili nelle settimane scorse.

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Invece a Vicenza Telecom e WindTre hanno fatto ricorso al Tar contro l’ordinanza firmata dal sindaco di Francesco Rucco che nel mese di maggio aveva sospeso la sperimentazione e l’installazione della tecnologia 5G. Gli operatori di telefonia hanno chiesto l’annullamento del provvedimento ricordando di aver vinto nel 2018 un bando valido in tutto il territorio italiano per i diritti d’uso delle frequenze 5G. Telecom e WindTre parlano inoltre di «un danno di immagine e un danno economico».

In assoluto la prima ordinanza anti-5G era stata firmata dal sindaco di Scanzano Jonico, in Basilicata, il 18 luglio 2019, quindi meno di un anno fa. Per sostenere il blocco furono portati come prove studi sull’elettrosmog «potenzialmente cancerogeno», ma anche una sentenza del Tar del Lazio che obbligava i ministeri dell’Ambiente, della Salute e dell’Istruzione ad avviare «una campagna informativa sulle modalità d’uso e sui rischi per la salute e per l’ambiente connessi all’uso di telefoni cellulari e cordless, con particolare riferimento ai soggetti più giovani e, quindi, più vulnerabili».

Negli ultimi mesi, secondo il Corriere della Sera e Wired, il numero dei comuni che hanno preso provvedimenti del genere è sensibilmente aumentato, e la causa sarebbe l’emergenza coronavirus: secondo una teoria del complotto (smentita dalla scienza) esisterebbe infatti un nesso tra i casi di contagio da coronavirus e le antenne 5G. Questa convinzione si sarebbe radicata in una parte dell’opinione pubblica che avrebbe condizionato le scelte di alcuni amministratori.

Contemporaneamente alle battaglie dei comitati contro il 5G, nell’elenco delle priorità per il rilancio del paese nel piano della task force guidata da Vittorio Colao è stata inserita invece la richiesta di un’accelerazione della diffusione del servizio. Nella slide numero 27 del piano si manifesta la necessità di «adeguare i livelli di emissione elettromagnetica in Italia ai valori europei» così da alzare le soglie «per accelerare lo sviluppo delle reti 5G». Nel documento c’è poi un passaggio che sembra un riferimento diretto ai sindaci contrari al 5G. Si chiede infatti di «escludere l’opponibilità locale» ai progetti citati in precedenza «se i protocolli nazionali sono rispettati».

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Nel recente “decreto semplificazione” approvato (salvo intese) dal Consiglio dei ministri del 6 luglio e il cui testo non è stato ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, il governo potrebbe intervenire per limitare la possibilità dei sindaci di bloccare lo sviluppo della rete 5G, in particolare dando una lettura più restrittiva dei poteri dei primi cittadini concessi dalla legge 36/2001 sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, punto d’appoggio giuridico delle ordinanze anti-5G. L’art. 8 comma 6 della legge dice infatti che «i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici».

Nella relazione illustrativa del decreto semplificazione il governo ha introdotto una norma che modifica «l’attuale disciplina che prevede che i comuni possano adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici». Una formulazione di questo tipo però, secondo quanto scritto dall’avvocato Fulvio Sarzana su Agenda Digitale, sito che si occupa di tematiche riguardanti il digitale e la Pubblica amministrazione, porterebbe a innumerevoli ricorsi dei comuni al Tar e alla Corte Costituzionale, dato che potrebbe essere considerata in contrasto con i poteri costituzionali degli enti locali.