Le notizie di domenica sul coronavirus in Italia

I morti nelle ultime 24 ore sono stati 433, il numero dei casi totali è arrivato a 178.972, mentre le persone uscite dalla terapia intensiva sono state 98

(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Le persone morte per COVID-19 accertate nelle ultime 24 ore sono state 433, ha comunicato oggi la Protezione Civile. In tutto dall’inizio dell’epidemia i morti sono diventati 23.660. Sono stati inoltre registrati 3.047 nuovi contagi, portando il totale accertato – che rappresenta solo una parte di quello reale – a 178.972. I nuovi pazienti “guariti o dimessi” sono 2.128, mentre le persone attualmente positive rilevate con i tamponi sono 108.257. I ricoveri in terapia intensiva sono invece 2.635, 98 in meno rispetto a ieri.

In Lombardia, la regione di gran lunga più colpita dall’epidemia, i morti sono stati 163, e i casi totali sono diventati 66.236 (855 in più di ieri).

Oggi è stato il secondo giorno senza la conferenza stampa delle 18 della Protezione Civile, che sarà organizzata soltanto il lunedì e il giovedì. I dati continueranno comunque a essere comunicati quotidianamente, più o meno alla stessa ora.

Anche oggi si è discusso della cosiddetta “fase due” della gestione del coronavirus, cioè quella legata all’allentamento delle restrizioni. Il governo sta preparando un decreto con varie detrazioni e misure di sostegno all’economia – fra cui sembra ci sia anche un “bonus vacanze” – e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in un lungo post su Facebook ha confermato l’intenzione di «adottare un piano nazionale contenente linee guida omogenee per tutte le Regioni, in modo da procedere, ragionevolmente il 4 maggio, a una ripresa delle attività produttive attualmente sospese, secondo un programma ben articolato, che contemperi la tutela della salute e le esigenze della produzione». Non è ancora chiaro, però, quando sarà presentato il piano in questione e cosa conterrà.

Nel frattempo le regioni si stanno muovendo abbastanza in ordine sparso e propongono di introdurre ulteriori allentamenti prima del 4 maggio, la data in cui scadranno le attuali restrizioni.

In Piemonte e Campania c’è grande circospezione, in Emilia-Romagna si stanno valutando varie riaperture, nelle regioni governate dalla Lega si parla esplicitamente di tornare alla normalità. L’ordine sparso con cui si stanno muovendo le regioni rimane comunque piuttosto trasversale, e si notano approcci molto diversi anche fra le regioni governate dalla stessa area politica.

Nessuno di questi discorsi tiene conto, inoltre, del fatto che ogni eventuale riapertura non sarà probabilmente accompagnata dalla riapertura delle scuole: venerdì sera la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha firmato un’ordinanza riguardo agli esami di maturità e lasciato intendere di nuovo che gli studenti potrebbero tornare in classe soltanto a settembre.

Come leggere questi dati
Leggendo i comunicati giornalieri della Protezione Civile bisogna usare alcune cautele: in primo luogo per la distinzione tra il numero delle persone attualmente positive e quello complessivo dei contagiati, che può creare un po’ di confusione; e in secondo luogo perché sappiamo ormai che i contagiati e i morti sono molti di più di quelli rilevati dai dati.

Inoltre c’è un problema su cosa intenda la Protezione Civile quando parla di “guariti”: questo dato infatti comprende anche le persone dimesse dagli ospedali, ma che potrebbero essere ancora malate, e non comprende tutte le persone che sono state malate di COVID-19 ma non hanno mai fatto il tampone, e quindi non risultano né nel conteggio dei malati né, in un secondo momento, in quello dei guariti.

Perché i casi aumentano ancora?
Una conseguenza della scarsa precisione dei dati raccolti fin qui è che anche ora che la situazione sembra complessivamente migliorare (il calo dei ricoveri in terapia intensiva ne è un segnale) il numero dei nuovi casi sembra ancora molto alto.

Una possibile risposta è che l’aumento del numero dei casi confermati sia legato all’aumento del numero di tamponi effettuati: più test si fanno, più casi si trovano. Questo dimostrerebbe anche che nelle prime settimane dall’inizio dell’epidemia il basso numero di test non aveva permesso di identificare tutti i casi, che sono stati (e sono ancora oggi) più di quanti dicano i numeri ufficiali.