A che punto è il contact tracing in Italia

Il governo dovrebbe decidere a breve a chi affidare la realizzazione dell'app per tracciare i contagi – ci sono due forti candidati – ma servirà soprattutto un piano per usare i dati

di Emanuele Menietti – @emenietti

Il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli (ANSA / MATTEO BAZZI)
Il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli (ANSA / MATTEO BAZZI)

Aggiornamento delle 23:20 del 16 aprile 2020
Il governo ha scelto l’applicazione proposta da Bending Spoons e realizzata in collaborazione con il Centro Medico Santagostino. Quello che segue è l’articolo originale pubblicato nel primo pomeriggio di oggi, che anticipava la probabile decisione sull’app per il contact tracing.

Il gruppo di esperti nominato dalla ministra dell’Innovazione, Paola Pisano, sta terminando il proprio lavoro per indicare l’applicazione che potrà essere impiegata per il tracciamento dei contatti (“contact tracing”), nel tentativo di ridurre la diffusione del coronavirus in Italia. Il lavoro di selezione ha coinvolto 74 esperti in diverse discipline, che hanno esaminato le proposte presentate da aziende e centri di ricerca in risposta al bando rapido avviato da Pisano alla fine di marzo. L’iniziativa è seguita con grande interesse perché potrebbe offrire nuovi strumenti per contenere i contagi, ma le informazioni disponibili sono ancora poche e parziali.

Come è stato segnalato da diverse fonti negli ultimi giorni, sembra che gli esperti abbiano identificato come migliore candidata un’applicazione realizzata da Bending Spoons, azienda con sede a Milano e con una forte presenza nel mercato delle app, in collaborazione con il Centro Medico Santagostino (CMS), che negli ultimi anni ha aperto numerosi ambulatori in Lombardia e a Bologna, offrendo servizi sanitari a prezzi piuttosto convenienti e con un approccio orientato sul digitale per la gestione dei pazienti (prenotazioni, pagamenti, assistenza online e cartelle cliniche).

L’app è in attesa di una valutazione da parte della presidenza del Consiglio, che ha come seconda scelta un’altra applicazione che si chiama CovidApp ed è stata sviluppata tramite una collaborazione di ricercatori ed esperti informatici. La prima opzione sembra abbia convinto di più perché può contare su un’azienda come Bending Spoons che ha già una forte presenza nel mercato delle applicazioni, con alcuni casi di successo come Live Quiz. La società produce e gestisce inoltre numerose app per il mercato internazionale, soprattutto per gli iPhone, e che raggiungono spesso i primi posti nelle classifiche delle applicazioni più diffuse.

Tracciamento dei contatti
Il tracciamento dei contatti è utile durante un’epidemia per identificare le persone che potrebbero essere state infettate da un contagiato. Viene effettuato per lo più intervistando le persone risultate positive al coronavirus, con l’obiettivo di ricostruire con quali individui siano entrate in contatto e siano quindi state esposte al rischio del contagio. È un lavoro che richiede tempo e personale adeguatamente formato, due risorse che scarseggiano durante una pandemia.

La tecnologia potrebbe aiutare a risolvere il problema, con soluzioni per rendere più diffuso e condiviso il contact tracing. Esperienze in questo senso sono già state condotte in alcuni paesi asiatici, come la Corea del Sud, con applicazioni che tengono traccia della posizione geografica delle persone e le avvisano nel caso in cui siano passate nelle vicinanze di qualcuno risultato poi positivo al coronavirus.

La settimana scorsa Apple e Google hanno annunciato di essere al lavoro per inserire una sorta di standard nei sistemi operativi iOS e Android per semplificare la realizzazione di app per il contact tracing. Le istituzioni sanitarie potrebbero quindi realizzare soluzioni basate su un sistema unico e condiviso, semplificando la gestione dei dati e offrendo qualche garanzia in più per la privacy.

L’applicazione data per favorita
Finora non sono state diffuse molte informazioni sull’app realizzata da Bending Spoons con il CMS, ma dovrebbe avere un funzionamento simile a quello cui stanno lavorando Apple e Google, basato quindi sulla tecnologia Bluetooth (BLE). Semplificando molto, tramite l’app, ogni smartphone emette periodicamente un codice identificativo univoco (ID) e anonimo che può essere captato dagli altri smartphone che utilizzano la stessa app nelle vicinanze, entro qualche metro. Se uno dei proprietari dell’app segnala di essere risultato positivo al coronavirus, il sistema consente di avvisare le persone con cui era stato in prossimità nei giorni precedenti.

Bending Spoons fa parte dell’iniziativa Pan-European Privacy-Preserving Proximity Tracing (PEPP-PT), una collaborazione avviata a livello europeo per stabilire soluzioni comuni per il contact tracing, che si rivelino utili e al tempo stesso in grado di tutelare la privacy degli utenti. Nel documento di presentazione, PEPP-PT spiega di avere pensato a sistemi come il Bluetooth per rilevare eventuali contatti a rischio per il contagio, in modo che i dati siano gestiti in forma anonima e rimangano per lo più sugli smartphone dei singoli utenti. L’idea di base è la stessa di Apple e Google, ma non è ancora chiaro come potranno cambiare le app nel momento in cui il tracciamento sarà reso possibile direttamente grazie ai loro sistemi operativi.

Stando a quanto risulta al Post, Bending Spoons e CMS hanno realizzato un prototipo dell’applicazione, con un approccio piuttosto flessibile. L’idea di fondo è che alle funzioni di base se ne possano aggiungere altre, in maniera modulare, in modo da offrire in tempi rapidi nuove versioni della app che rispondano ad altre esigenze. Il sistema potrebbe essere impiegato, per esempio, per aggiungere una sezione in cui compilare il modulo per l’autodichiarazione necessario per gli spostamenti, semplificando sia il lavoro di compilazione sia quello di verifica da parte delle forze dell’ordine.

Privacy
Utilizzando il Bluetooth si ottengono dati sui contatti a rischio, mentre non vengono salvate o condivise informazioni sugli spostamenti degli utenti né coordinate geografiche. Questa impostazione sembra essere un buon compromesso per tutelare da un lato la privacy degli utenti e dell’altro garantire il funzionamento del sistema. In Corea del Sud, dove sono state anche impiegate le informazioni geografiche tramite GPS si è assistito alla diffusione di informazioni che – seppure anonime – consentivano di risalire con una certa facilità alle identità delle persone coinvolte.

CovidApp
L’opzione di riserva indicata dagli esperti consultati dalla ministra dell’Innovazione è secondo giornali e altre fonti CovidApp, frutto di un progetto condiviso tra diversi informatici, con un approccio più aperto (il codice è disponibile in una libreria online). Le informazioni sul principio di funzionamento sono anche in questo caso un po’ vaghe, ed è difficile verificare le affermazioni nella documentazione circa la possibilità di avere risultati più accurati grazie allo sfruttamento di altre soluzioni oltre al Bluetooth.

L’idea di fondo non è comunque molto diversa da quella dell’altra applicazione, anche se in questo caso sono previste due app distinte: CovidApp per gli utenti e CovidDoc per il personale sanitario, cui spetta il compito di confermare le segnalazioni di chi si dichiara positivo al coronavirus. Il sistema dà anche la possibilità di fornire informazioni geografiche tramite il GPS, ma con un’opzione da attivare volontariamente e consapevoli dei maggiori rischi per la privacy (il sistema è comunque pensato per mantenere anonima l’identità di chi partecipa).

Serve un piano
Negli ultimi giorni sembra che le attività di valutazione delle soluzioni per il contact tracing da parte del governo abbiano subìto un sensibile rallentamento, forse dovuto alla recente nomina di Vittorio Colao a responsabile della preparazione dei progetti per la cosiddetta “fase 2” dell’emergenza sanitaria in corso, e cioè quella in cui saranno allentate alcune restrizioni a patto di riuscire a tenere sotto controllo la diffusione del coronavirus. Il tracciamento dei contatti sarà una delle strategie da seguire, ed è quindi probabile che debba esserci un confronto sul lavoro fatto finora e i piani che ha in mente il gruppo di lavoro di Colao. Ed è questo il vero tema di fondo.

A prescindere da quale soluzione tecnologica sarà scelta, il contact tracing potrà funzionare soltanto se il governo elaborerà un piano coerente ed efficace per gestire i dati raccolti tramite l’applicazione. Si dovrà decidere se raccogliere le informazioni in un registro online centralizzato o se mantenere la maggior parte dei dati solo sui singoli smartphone, occorrerà stabilire come segnalare gli utenti con un esito positivo ai test per il coronavirus, e sarà necessario decidere se affidare la gestione delle segnalazioni alle istituzioni sanitarie (medici di base, personale ospedaliero) o a quelle amministrative (sindaci, regioni). Insomma, sarà necessario un meccanismo perché si possano trarre più informazioni possibili dai dati disponibili.

Come ha dimostrato l’esperienza della Corea del Sud, il contact tracing può funzionare solamente se viene integrato in una strategia più ampia di rilevazione dei contagi. Secondo diversi esperti, sarà quindi necessario effettuare centinaia di migliaia di test sierologici, che cercano gli anticorpi al coronavirus nel sangue, nelle fasce della popolazione più esposte come: personale sanitario, lavoratori nei settori essenziali e con costante contatto con il pubblico (come hanno iniziato a fare in ordine sparso e senza coordinarsi alcune Regioni). Per i positivi sarà poi necessario effettuare approfondimenti diagnostici per rilevare se abbiano un’infezione in corso, e a quel punto tracciare tutti i contatti che hanno avuto nelle due settimane precedenti per identificare gli eventuali esposti.