I dati sul coronavirus, per province

Gli ultimi dati ufficiali in Italia sul numero di persone positive al test, sui tamponi realizzati e sui ricoverati in terapia intensiva

(ANSA/ MATTEO CORNER)
(ANSA/ MATTEO CORNER)

Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Protezione Civile sabato 7 marzo, in Italia le persone risultate positive al test per il coronavirus (SARS-CoV-2) sono 5.883, comprese quelle “guarite” (589) e quelle morte (233). Rispetto al giorno precedente, i positivi sono stati 1.145 in più, la crescita più significativa in un solo giorno in Italia dall’inizio dell’epidemia. Le regioni più interessate continuano a essere Lombardia (2.742 casi attualmente positivi), Emilia-Romagna (937) e Veneto (505), ma sono molto significativi anche i dati provincia per provincia diffusi dalla Protezione Civile.

La provincia in cui finora ci sono stati più casi positivi al coronavirus – che non significa necessariamente la provincia con il numero reale più alto di contagiati – è quella di Lodi (811), dove si trova uno dei due focolai del virus, cioè la “zona rossa” che include tra gli altri il comune di Codogno. Seguono le province di Bergamo (761, dove negli ultimi giorni c’è stato un aumento notevole dei casi), Cremona (562), Piacenza (479), Brescia (413), Milano (361), Padova (216), Parma (229) e Pavia (221).

Per quanto riguarda le altre regioni, nelle Marche la provincia dove finora c’è stato il numero più alto di persone risultate positive al test per il coronavirus è quella di Pesaro, con 159 casi su 207 totali registrati nella regione. In Piemonte la provincia più colpita è Torino, con 55 positivi su 207 totali nella regione, seguita da Asti con 50. La regione del Sud con più positivi è finora la Campania: 61, di cui 17 in provincia di Napoli.

Un altro dato significativo da tenere d’occhio, elaborato dal Sole 24 Ore e disponibile però solo a livello regionale, è quello del numero di persone ricoverate con sintomi e quelle tenute in terapia intensiva, reparto che in molti ospedali del Nord sta particolarmente soffrendo per l’alto numero di pazienti con insufficienze respiratorie, uno dei sintomi più gravi della COVID-19, la malattia causata dal coronavirus.

Negli ultimi giorni il numero di ricoverati in terapia intensiva in tutto il territorio nazionale è aumentato progressivamente, passando da 35 il 25 febbraio a 567 il 7 marzo.

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In Lombardia, delle 2.742 persone che oggi risultano positive al coronavirus, 1.661 sono ricoverate in ospedale con sintomi non gravi, 359 sono in terapia intensiva (quindi hanno insufficienze respiratorie serie: sono 50 in più rispetto a ieri), e 722 sono in isolamento a casa propria (il dato diffuso ieri dalla Protezione Civile, che parlava di soli 77 isolati a casa propria, era sbagliato).

La Lombardia è la regione italiana con il maggior numero di persone ricoverate in terapia intensiva a causa del coronavirus. Seguono l’Emilia-Romagna, con 64 pazienti, e il Veneto, con 41. Anche per questa ragione il governo ha approvato venerdì sera nuove misure per affrontare l’emergenza provocata dal coronavirus: tra le altre cose, ha approvato l’assunzione di 20mila tra medici specialisti, infermieri e operatori sociosanitari, e l’acquisto di 5mila impianti di ventilazione assistita, necessari per attrezzare i reparti di terapia intensiva.

La Regione Lombardia ha inoltre stabilito che da lunedì 9 marzo su tutto il territorio regionale verranno sospese le visite e le terapie ambulatoriali e le operazioni chirurgiche non urgenti.

L’ultimo dato rilevante da considerare – anche questo disponibile solo su scala regionale – è quello dei tamponi. Finora il numero di tamponi realizzati in tutta Italia è stato di 42.062, di cui 15.778 in Lombardia, 14.429 in Veneto e 3.604 in Emilia-Romagna.

C’è un motivo per cui in Veneto si sono fatti molti più tamponi che in Emilia-Romagna, nonostante i casi risultati positivi per il coronavirus siano oggi di più in Emilia-Romagna che in Veneto: in Italia nei primi giorni dell’epidemia, quando il Veneto era la regione più interessata insieme alla Lombardia, i tamponi venivano fatti “a tappeto”, anche a persone senza sintomi. Poi le regole sono cambiate, soprattutto per razionalizzare il consumo dei tamponi ed evitare il sovraccarico dei laboratori che svolgono i test.

Oggi alle persone senza sintomi che sono entrate in contatto con persone risultate poi positive non viene fatto il tampone: viene chiesto di fare un periodo di isolamento a casa propria, limitando il più possibile il contatto con terzi; il test viene successivamente eseguito se emergono sintomi rilevanti che facciano sospettare una COVID-19.