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(AP Photo/Susan Walsh, File)

La Russia sta già interferendo nella campagna elettorale americana per favorire Trump

Ne sono convinte le stesse agenzie di intelligence americane, che lo hanno comunicato al Congresso facendo arrabbiare il presidente

Secondo l’intelligence statunitense, la Russia sta già interferendo nella campagna presidenziale del 2020 con l’obiettivo di far rieleggere Donald Trump: lo hanno detto alcuni funzionari durante un incontro a porte chiuse al Congresso la scorsa settimana con i parlamentari che si occupano di intelligence. Secondo la ricostruzione di alcuni giornali statunitensi, tra cui il New York Times, la Russia sarebbe intenzionata a interferire sia nella campagna elettorale delle primarie dei Democratici sia in quella delle elezioni presidenziali, come fece nel 2016.

La comunicazione dell’intelligence ha provocato la protesta di alcuni deputati Repubblicani e la reazione infastidita di Trump, che più volte ha detto di non credere alla CIA, all’FBI e all’intelligence nazionale, nemmeno ai dirigenti che ha scelto lui stesso, secondo i quali la Russia ha interferito nelle ultime elezioni per favorirlo, sostenendo che sia una tesi diffusa allo scopo di delegittimare la sua vittoria contro Hillary Clinton.

Mercoledì, peraltro, Trump aveva annunciato di voler sostituire Joseph Maguire, attuale direttore dell’Intelligence – una carica di governo che segue la collaborazione fra le agenzie e il governo – con Richard Grenell, ambasciatore statunitense in Germania e persona considerata a lui molto vicina. Maguire è stato sostituito proprio pochi giorni dopo avere consentito che i suoi collaboratori informassero il Congresso delle intenzioni della Russia. La Casa Bianca è intervenuta dicendo che è stata una coincidenza e che Grenell era già d’accordo con l’amministrazione per assumere il nuovo ruolo.

Il modo in cui la Russia starebbe interferendo nella campagna elettorale, come già avvenuto per le elezioni statunitensi del 2016 e altre nei paesi occidentali negli anni successivi, è soprattutto alimentando i conflitti interni alla popolazione e la sfiducia e disillusione verso il modello della democrazia liberale e di riflesso migliorando l’immagine della Russia, un paese guidato da un governo autoritario.

Nel 2016 si ritiene che la Russia avvantaggiò Trump con disinformazione e attacchi informatici anche per questi motivi – in campagna elettorale Trump aveva dimostrato più volte la sua fascinazione per leader e modelli autoritari – e le sue valutazioni non sono cambiate. La funzionaria dell’intelligence che ha diretto l’incontro a porte chiuse coi deputati statunitensi, scrive il Washington Post, ha detto che il governo russo ha una esplicita «preferenza» per Trump.

Diverse fonti hanno raccontato al New York Times che per interferire nelle elezioni statunitensi del 2020 la Russia userà alcuni metodi già impiegati nel 2016, oltre ad alcuni nuovi strumenti. Dell’ultima categoria fanno parte per esempio «un uso più creativo di Facebook e degli altri social network», scrive il New York Times: «al posto di impersonare cittadini americani come fecero nel 2016, i funzionari russi stanno lavorando per fare in modo che siano gli americani stessi a diffondere informazioni false», così da aggirare le precauzioni prese in questi anni dai social network contro gli account “finti”.

I funzionari russi addetti alla disinformazione stanno anche lavorando da server interni agli Stati Uniti, in modo che le agenzie americane come l’FBI abbiano maggiori difficoltà a individuare i loro sforzi, dato che per legge possono lavorare all’interno del territorio statunitense soltanto con molte limitazioni.

Alcune fonti sentite dal New York Times sostengono inoltre che diversi altri paesi ostili agli Stati Uniti, fra cui anche la Russia, potrebbero fare uso dei “ransomware”, software malevoli che limitano l’accesso ai dispositivi che infettano, rendendo necessario il pagamento di un riscatto per rimuovere la limitazione e rendere nuovamente accessibili i file archiviati. Già lo scorso anno, per esempio, per due settimane l’amministrazione della città americana di Baltimora fu presa di mira da un attacco del genere.

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