Non basta piantare più alberi per salvare il mondo

Le iniziative per farlo rischiano di distrarci dalla vera emergenza: ridurre il più possibile l'impiego dei combustibili fossili, scrivono tre scienziati sul New York Times

(Mike Hewitt/Getty Images)
(Mike Hewitt/Getty Images)

Durante il suo discorso sullo stato dell’Unione lo scorso 4 febbraio, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non ha mai espressamente citato il cambiamento climatico, la più grande crisi ambientale del nostro tempo che sta influendo e influirà sull’esistenza dell’intero genere umano. Trump ha però detto che: “Per proteggere l’ambiente, alcuni giorni fa, ho annunciato che gli Stati Uniti parteciperanno al progetto della ‘One Trillion Trees Initiative’, uno sforzo ambizioso per far lavorare insieme il governo e i privati per piantare nuovi alberi in America e nel resto del mondo”. La decisione di Trump era stata anticipata qualche giorno prima al World Economic Forum di Davos, facendo sollevare diverse perplessità sull’utilità del progetto per ridurre gli effetti ormai inevitabili del cambiamento climatico.

La One Trillion Trees Initiative è una piattaforma che dovrebbe favorire la collaborazione tra gli stati e le società private per piantare più alberi, con l’obiettivo di arrivare a mille miliardi di nuove piante in giro per il mondo. L’idea, sostenuta da alcuni ricercatori, è che in questo modo si potrebbero ottenere importanti risultati per assorbire parte dell’anidride carbonica (CO2) in eccesso nell’atmosfera prodotta dalle attività umane. La CO2 è uno dei principali gas serra e impedisce alla Terra di disperdere nella giusta misura il calore ricevuto dal Sole, con il conseguente riscaldamento anomalo del pianeta e il cambiamento del suo clima.

Il tema dei nuovi alberi era tornato di attualità e nel dibattito pubblico nell’estate dello scorso anno, in seguito alla pubblicazione sulla rivista scientifica Science di uno studio, nel quale gli autori dicevano che piantare una grande quantità di alberi fosse “la soluzione attualmente più efficace contro il cambiamento climatico”. Le iniziative legate agli alberi erano diventate ulteriormente popolari grazie ad alcuni famosi youtuber, che avevano dedicato al tema video visualizzati da milioni di persone su YouTube.

Piantare nuovi alberi è sicuramente una buona cosa, ma dalla scorsa estate diversi ricercatori hanno espresso dubbi sull’efficacia di iniziative come questa per contrastare il cambiamento climatico. A ottobre del 2019, per esempio, un gruppo di ricercatori ha pubblicato una valutazione su Science smontando buona parte degli assunti e delle conclusioni dell’articolo diffuso nell’estate. Offrendo dati, modelli e analisi, gli autori hanno scritto che: “L’affermazione che piantare nuovi alberi sia la soluzione più efficace per il clima è semplicemente scorretta dal punto di vista scientifico ed è pericolosamente ingannevole”.

Tre scienziati, che si occupano da tempo di temi ambientali e analisi dei cambiamenti climatici, hanno da poco scritto un articolo di commento al tema sul New York Times, accodandosi alle critiche uscite in autunno su Science e spiegando in termini più accessibili perché quella dei mille miliardi di alberi sia un’illusione:

Piantare alberi rallenterebbe il riscaldamento del pianeta, ma l’unica cosa che potrà salvare noi e le generazioni future da pagare un alto prezzo in termini di denaro, di vite umane e di danni alla natura è una riduzione rapida e significativa delle emissioni di anidride carbonica derivante dall’utilizzo dei combustibili fossili, che deve essere portata a zero entro il 2050.

(In questo caso, “portare a zero” non significa che non potremo più produrre anidride carbonica in assoluto, ma che per ogni tonnellata di CO2 ci dovranno essere sistemi per rimuoverne altrettanta dall’atmosfera, in modo che il bilancio netto sia in equilibrio.)

Trasmettere il messaggio che sia sufficiente piantare alberi per risolvere un problema complesso, e con una miriade di implicazioni, come il riscaldamento globale rischia di diventare una pericolosa distrazione e di far perdere di vista le cause che stanno determinando il cambiamento climatico. “‘L’unico modo per fermare il surriscaldamento di questo pianeta passa attraverso soluzioni politiche, economiche, tecnologiche e sociali che mettano fine all’impiego dei combustibili fossili”, dice l’articolo.

Come è stato dimostrato dai ricercatori, non c’è nessuna possibilità di piantare così tanti alberi da riuscire a riassorbire l’enorme quantità di anidride carbonica che viene prodotta e immessa nell’atmosfera dai paesi industrializzati. Far ricrescere una foresta aiuterebbe sicuramente a ridurre alcuni effetti su base locale, determinati dalla sua precedente scomparsa, ma non sarebbe sufficiente per ridurre la quantità di CO2 al punto da influire positivamente sul cambiamento del clima.

Condividendo le posizioni di diversi altri ricercatori ed esperti, i tre scienziati scrivono nel loro articolo che ci si dovrebbe concentrare per trattare il cambiamento climatico come un problema di “inquinamento da anidride carbonica”, occupandosi della prima causa delle emissioni, cioè l’impiego dei combustibili fossili:

Indipendentemente dal fatto che la deforestazione, il dissodamento dei terreni per l’agricoltura e le emissioni di metano dagli allevamenti contribuiscano al cambiamento climatico. Messi tutti insieme, questi fattori costituiscono solamente il 20 per cento delle emissioni totali di gas serra. L’inquinamento da anidride carbonica derivante dai combustibili fossili è la principale ragione per cui il cambiamento climatico è un problema così urgente. Risolviamo questo, e la necessità di altre soluzioni per il cambiamento climatico non sarà così impellente.

Su scala globale, i combustibili fossili forniscono l’80 per cento circa di tutta l’energia utilizzata al mondo. Per questo motivo le politiche e le leggi per limitarne l’impiego faticano ad affermarsi: nessun governo vuole rinunciare al proprio benessere o alle proprie opportunità di crescita nel breve periodo, avviando un passaggio alle energie rinnovabili che si prospetta costoso e lungo da realizzare.

In realtà, diversi studi hanno dimostrato come il passaggio alle fonti rinnovabili possa costituire una grande opportunità, sia per la ricerca sia per lo sviluppo tecnologico, con ricadute positive sull’occupazione. Gli investimenti in nuovi sistemi e infrastrutture per le rinnovabili hanno importanti ritorni economici già nel medio periodo, ma si tendono spesso a sovrastimare le complicazioni del passaggio da un sistema inquinante a quello nuovo e più pulito.

I progetti su piccola o media scala avviati finora, da governi nazionali o amministrazioni locali più lungimiranti, hanno mostrato quando sia difficile “decarbonizzare” società e cicli produttivi, complici i numerosi conflitti d’interessi tra i governi e le gigantesche multinazionali che hanno il controllo dei combustibili fossili.

Nel loro articolo sul New York Times, i ricercatori ricordano che si sente spesso dire che l’energia da fonti rinnovabili è troppo costosa e quindi non competitiva con quella tradizionale e più inquinante. In realtà nemmeno i combustibili fossili sono economici: si stima che ogni anno si spendano circa 5mila miliardi di dollari per fornire sussidi per il consumo di combustibili fossili, senza contare i costi nel lungo periodo derivanti dall’emissione di così tanta anidride carbonica e altre sostanze inquinanti (un costo soprattutto sociale, considerato l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute degli individui). E non è nemmeno così vero che siano il libero mercato e la concorrenza a determinare il successo delle compagnie petrolifere: più della metà delle prime 20 società attive nel settore è di proprietà pubblica.

La sfida più importante per risolvere il cambiamento climatico è rendere l’energia pulita economica, sicura e largamente disponibile. Questo e nuove regole sull’inquinamento da combustibili fossili farà da acceleratore per l’innovazione, l’impiego e il nostro benessere. Quando si parla di ridurre velocemente le emissioni, concentriamoci su ciò che deve essere fatto: regolamentare l’inquinamento da anidride carbonica e rendere l’energia pulita accessibile a tutti. Piantare alberi non porta a questo.