• Sport
  • Mercoledì 29 gennaio 2020

È quel difficile periodo dell’anno in cui l’Italia gioca il Sei Nazioni

Non vinciamo una partita da una vita e non c'è più molto entusiasmo, ma negli ultimi mesi sono cambiate tante cose e questa edizione sembra imprevedibile

(Yomiuri Shimbun via AP Images )
(Yomiuri Shimbun via AP Images )

Inizia quel periodo dell’anno in cui l’Italia di rugby gioca nel torneo Sei Nazioni, una delle competizioni sportive più antiche al mondo, in cui non riusciamo a vincere una partita da ben cinque anni. L’edizione che sta per cominciare, e che l’Italia inaugurerà sabato a Cardiff contro i campioni in carica del Galles, è la ventunesima con l’attuale formato e la 126ma dalla prima in assoluto. È anche una delle più imprevedibili, almeno in partenza: si gioca ad appena tre mesi di distanza dalla Coppa del Mondo, un appuntamento che ha influito sulla preparazione delle nazionali e sull’organizzazione di campionati e tornei continentali. Dalla fine della Coppa del Mondo a oggi, inoltre, quattro delle sei partecipanti al Sei Nazioni hanno cambiato allenatore, Italia compresa.

Franco Smith e Luca Bigi alla presentazione del Sei Nazioni (Mike Hewitt/Getty Images)

Lo scorso novembre la federazione ha concesso la risoluzione anticipata del contratto all’allenatore irlandese Conor O’Shea, che ha lasciato con sei mesi di anticipo dicendo: «Ho amato ogni minuto passato in Italia e credo davvero in quello che abbiamo fatto e in quanto potrà essere raggiunto negli anni a venire». Il suo successore sarebbe dovuto essere Rob Howley, vice allenatore del Galles, che però è stato scartato dopo essere finito indagato – e recentemente sanzionato – per aver scommesso per anni su centinaia di partite di rugby, pratica severamente vietata ai tesserati.

Con l’avvicinarsi del Sei Nazioni, la federazione ha dovuto trovare rapidamente un rimedio, affidando temporaneamente l’incarico al sudafricano Franco Smith. Nei piani iniziali sarebbe dovuto essere l’assistente del nuovo allenatore, ma le complicazioni legate al caso Howley hanno portato a questa soluzione. Smith ha 47 anni e fino alla scorsa stagione ha allenato la squadra sudafricana dei Cheetahs di Bloemfontein. Conosce già molto bene il rugby italiano, dato che giocò a Bologna e con la Benetton Treviso tra il 2001 e il 2005. Della squadra della famiglia Benetton fu anche allenatore per sei anni dal 2007 al 2013 vincendo due campionati e una coppa.

Franco Smith con la Benetton Treviso nel 2004 (Giulio Napolitano /LaPresse)

La Nazionale si trova quindi in un periodo di piena transizione nel quale dovrà disputare l’appuntamento più importante della sua stagione, sotto ogni aspetto: da quello sportivo, alla ricerca di una vittoria che manca da troppo tempo, a quello economico, dato che quest’anno il montepremi complessivo ha raggiunto la quota record di 18 milioni di euro: la prima classificata ne riceverà sei (uno in più in caso di Grande Slam), l’ultima ne prenderà uno e mezzo.

Oltre all’allenatore, è cambiato anche il capitano. Sergio Parisse avrebbe dovuto ritirarsi dalla Nazionale lo scorso ottobre in occasione dell’ultima partita di Coppa del Mondo contro la Nuova Zelanda. L’incontro però non venne mai disputato a causa del tifone che colpì il Giappone in quei giorni. Questo ha rimandato al Sei Nazioni l’ultima presenza del rugbista italiano più forte di tutti i tempi, in programma il 14 marzo a Roma contro l’Inghilterra. Parisse si aggregherà alla squadra soltanto per quella partita; nel frattempo il suo vecchio incarico da capitano è stato affidato a Luca Bigi, ventottenne con 24 presenze in Nazionale che conosce bene le due squadre dalle quali proviene la maggioranza dei convocati, Benetton Treviso e Zebre Parma, avendo giocato in entrambe.

Leggi anche: I 31 convocati dell’Italia per il Sei Nazioni

Non ci sono grossi problemi con gli infortuni, ma la squadra è quella. Il livello medio è discreto, manca generalmente di esperienza e leadership ma molti giocatori ancora giovani ne guadagneranno, e siamo corti nei mediani di mischia e nei mediani d’apertura. I giocatori più talentuosi che in certe condizioni favorevoli potrebbero cambiare in positivo il Sei Nazioni italiano sono grossomodo Jake Polledri, Abraham Steyn e Matteo Minozzi. Le certezze sono date invece da Dean Budd, Sebastian Negri e Jayden Hayward, tutti provenienti da Treviso, il miglior club italiano.

Matteo Minozzi con i London Wasps (Matthew Lewis/Getty Images)

Partiamo ancora una volta da grandi sfavoriti e da un altro livello rispetto ad almeno quattro delle nostre rivali: da queste si può inizialmente escludere la Scozia, la squadra che negli ultimi anni, migliorando molto, ha relegato l’Italia in ultima posizione. Gli scozzesi tuttavia non si presentano nel migliore dei modi, dopo aver avuto alcuni problemi interni, anche disciplinari. L’Italia avrà poi il piccolo vantaggio di giocare lo scontro diretto in casa alla terza giornata: il resto dipenderà molto da come le due squadre arriveranno a quel giorno. Una vittoria in questa edizione dopo ventidue sconfitte consecutive sarebbe significativa, ma non è affatto una cosa scontata. Se non dovesse arrivare nemmeno quest’anno, l’obiettivo minimo è non subire sconfitte pesanti e ottenere dei bonus difensivi (perdendo con sette o meno punti di scarto).