In Israele si voterà ancora
Per la terza volta in un anno, perché di nuovo nessuno è riuscito a trovare una maggioranza per governare
Mercoledì a mezzanotte il parlamento israeliano, la Knesset, ha approvato il suo scioglimento: poco dopo ha votato una legge per organizzare nuove elezioni il prossimo due marzo. Saranno le terze elezioni politiche in Israele in un anno, dopo quelle di aprile e settembre 2019, che non hanno dato a nessun partito o coalizione una chiara maggioranza. I colloqui per un governo di unità nazionale tra i due principali partiti – Likud del primo ministro Benjamin Netanyahu, e Blu e Bianco guidato dal centrista Benny Gantz – non avevano portato a niente e mercoledì scadevano i 21 giorni che la legge concedeva per le trattative.
Le elezioni di aprile – anticipate rispetto alla data naturale di novembre per contrasti nella maggioranza del governo di Netanyahu – erano finite con Likud e Blu e Bianco appaiati con 35 seggi a testa; quelle di settembre, a cui si era arrivati dopo che nessuno era riuscito a trovare alleati per un governo di maggioranza, erano finite con 33 seggi per Blu e Bianco e 32 per Likud, a cui era comunque stato dato il primo incarico di formare il governo. Per formare una maggioranza parlamentare sarebbero serviti 61 voti sui 120 della Knesset, ma Netanyahu e la sua coalizione di destra formata da partiti nazionalisti e religiosi si erano fermati a 55 voti. Gantz aveva allora ricevuto il mandato, ma non era riuscito a mettere d’accordo i variegati partiti che si oppongono alla destra.
In entrambe le situazioni era risultata decisiva la presa di posizione di Yisrael Beiteinu, il partito di destra nazionalista ma laico guidato da Avigdor Lieberman, che si è rifiutato di appoggiare un governo Netanyahu per via della presenza dei partiti della destra religiosa vicini alle comunità ultra-ortodosse e per ragioni simmetriche non ha voluto votare per un ipotetico governo Gantz supportato dai partiti che rappresentano gli arabi-israeliani.
Da quando Gantz aveva rimesso il suo mandato, la legge concedeva 21 giorni di tempo al parlamento per trovare un accordo per un nuovo governo. Gantz e Netanyahu si erano detti più volte intenzionati a trovare un accordo per un governo di unità nazionale, che evitasse nuove elezioni, ma gli ultimi colloqui tra i due sono falliti negli ultimi giorni. Netanyahu si era impuntato affinché nel nuovo governo entrassero anche i suoi alleati ultra-ortodossi; Gantz si rifiutava di lasciare l’incarico di primo ministro a Netanyahu, a causa della sua recente incriminazione per corruzione e truffa (la storia è spiegata qui).
Al momento non è detto che le prossime elezioni producano una situazione migliore di quella attuale. I sondaggi più recenti dicono che Blu e Bianco potrebbe ottenere 37 seggi e Likud 33, rendendo comunque necessaria la formazione di qualche tipo di coalizione.
Da qui al prossimo marzo, tuttavia, ci sono diverse cose che potrebbero cambiare. Anche a causa dell’incriminazione di Netanyahu, Likud sembra intenzionato a organizzare nuove primarie interne per scegliere il nuovo leader. Netanyahu gode ancora di ampio sostegno nel suo partito ed è probabile che possa ottenere una nuova vittoria, ma nelle ultime settimane è stato sfidato dal suo ex ministro Gideon Saar, che ha annunciato l’intenzione di candidarsi. Netanyahu, inoltre, dovrà fare i conti con l’incriminazione, che formalmente non gli impedirà di candidarsi o continuare a fare il primo ministro, ma politicamente potrebbe danneggiarlo e indebolirlo (ne avevamo parlato qui). Netanyahu, inoltre, sembra intenzionato a chiedere al parlamento di votare la sua immunità, cosa che gli ha già causato grosse critiche, per esempio da parte di Lieberman.