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  • Venerdì 29 novembre 2019

Cosa succede in Iraq

Ieri l'esercito ha ucciso più di 40 persone, in un violento tentativo di reprimere le proteste contro il governo, e oggi il primo ministro Abdul Mahdi ha annunciato le sue dimissioni

Una manifestazione a Baghdad il 24 novembre (Erin Trieb/Getty Images)
Una manifestazione a Baghdad il 24 novembre (Erin Trieb/Getty Images)

Giovedì almeno 44 persone sono state uccise dalle forze di sicurezza irachene a Nassiriya e a Najaf, nel sud del paese, durante un violento tentativo di repressione delle manifestazioni che proseguono da diverse settimane. A Nassiriya, una delle città più coinvolte nelle proteste, l’esercito ha sparato contro i manifestanti che bloccavano ponti e strade della città, uccidendo almeno 33 persone. A Najaf, città santa sciita dove mercoledì i manifestanti avevano incendiato il consolato iraniano, sono state uccise 11 persone. Venerdì l’ayatollah Ali al Sistani, la massima autorità religiosa del paese, ha criticato duramente la gestione delle proteste da parte del primo ministro Adel Abdul Mahdi e ha esortato il parlamento a sfiduciarlo. Dopo queste dichiarazioni Abdul Mahdi ha annunciato le sue dimissioni.

A Nassiriya l’esercito era arrivato mercoledì, per aiutare la polizia locale nella gestione delle proteste iniziate a ottobre contro le politiche del primo ministro Adel Abdul Mahdi, l’alto tasso di disoccupazione e la corruzione della classe politica del paese. Il governo aveva incaricato delle operazioni il tenente Jamil al-Shammari, messo a capo di un reparto dell’esercito che era già intervenuto violentemente durante le manifestazioni a Baghdad. Giovedì mattina intorno alle 3, racconta il New York Times, l’esercito è arrivato con ruspe e bulldozer nella zona dove erano accampati i manifestanti, per cacciarli: i manifestanti hanno provato a resistere allo sgombero e l’esercito ha cominciato a sparare contro di loro, uccidendo almeno 25 persone e ferendone decine.

Adil al-Dikhili – governatore della regione di Dhi Qar, dove si trova Nassiriya – che per giorni aveva provato a calmare le proteste riducendo la presenza della polizia e trattando con i manifestanti si è dimesso giovedì sera, dopo aver chiesto il ritiro dell’esercito. Annunciando le sue dimissioni ha parlato del «disonore di far parte di un sistema che uccide le persone del mio stesso paese». Jamil al-Shammari, a cui il ministero dell’Interno aveva da poco affidato il comando delle operazioni contro i manifestanti, è stato richiamato a Baghdad e fonti citate da Al Jazeera dicono che sia stato rimosso dall’incarico. In poche ore, dice sempre Al Jazeera, a Nassiriya erano state uccise in tutto 33 persone e 234 erano state ferite.

Gli scontri a Najaf, una città a sud di Baghdad, si sono fatti più violenti dopo che nella notte tra mercoledì e giovedì i manifestanti avevano incendiato il consolato iraniano della città. Per tutta la giornata i manifestanti avevano occupato le strade intorno al consolato, bruciando copertoni e scontrandosi con la polizia: a fine giornata erano riusciti a dare fuoco al consolato, come già avevano provato a fare in precedenza. L’incendio del consolato è stato interpretato come un segnale piuttosto chiaro di come stia cominciando ad essere mal tollerata la crescente presenza iraniana in Iraq e l’influenza del governo dell’Iran nella politica irachena.

Dalla fine del regime di Saddam Hussein e in particolare durante gli anni di guerra allo Stato Islamico, l’Iran ha investito moltissime risorse militari ed economiche per ottenere influenza in Iraq, sostituendosi dal punto di vista militare e finanziario agli Stati Uniti. L’influenza dell’Iran è cresciuta ancora con la formazione del governo sciita del primo ministro Adel Abdul Mahdi e a inizio novembre due inchieste giornalistiche avevano raccontato come un potente generale iraniano fosse intervenuto direttamente per gestire la repressione delle manifestazioni e proteggere gli interessi iraniani. Il governo iracheno ha condannato l’attacco al consolato, ma non ha incolpato nessun gruppo preciso di manifestanti. La televisione di stato iraniana ha invece accusato le forze irachene di non aver fatto nulla per prevenire l’attacco al consolato, dove al momento dell’incendio non era rimasto comunque nessuno.

Le manifestazioni erano cominciate a ottobre a Baghdad e a Nassiriya, per protestare contro il governo di Mahdi, la disoccupazione e la corruzione della politica. Tra le altre cose, l’Iraq è il secondo produttore di petrolio al mondo e il dodicesimo paese più corrotto, secondo Transparency International, una persona su cinque vive al di sotto della soglia di povertà e la disoccupazione giovanile è intorno al 25 per cento. Le prime manifestazioni avevano portato a violentissimi scontri con la polizia, durante i quali erano morte 157 persone. A seguito della repressione le proteste erano state sospese, ma sono ricominciate pochi giorni fa, a un anno dalla formazione del governo di Mahdi. Secondo alcune stime, dall’inizio delle manifestazioni sono morte più di 350 persone e migliaia sono state ferite negli scontri.