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  • Venerdì 1 novembre 2019

Come un potente generale iraniano sta influenzando le proteste in Iraq

L'hanno raccontato Associated Press e Reuters: è l'ennesima storia sul potente Qassem Suleimani

Qassem Suleimani, al centro (Office of the Iranian Supreme Leader via AP, File)
Qassem Suleimani, al centro (Office of the Iranian Supreme Leader via AP, File)

Due inchieste pubblicate negli ultimi tre giorni, una di Associated Press e una di Reuters, hanno raccontato dell’importante ruolo avuto dall’Iran nelle proteste in corso da circa un mese nel vicino Iraq, nelle quali sono state uccise almeno 250 persone. Le due inchieste hanno parlato in particolare del ruolo svolto dal potente generale iraniano Qassem Suleimani, capo delle forze Quds, corpo speciale delle Guardie Rivoluzionarie iraniane incaricato di compiere operazioni all’estero. Suleimani non è un personaggio sconosciuto: se ne parla da anni come di uno degli uomini più potenti del Medio Oriente, con una presenza costante nei paesi considerati vicini all’Iran, come l’Iraq, la Siria e il Libano.

Le due inchieste si riferiscono alla complicata situazione in cui si trova l’Iraq, che da circa un anno è guidato dallo sciita Abdul Mahdi. All’inizio di ottobre decine di migliaia di iracheni avevano iniziato a protestare contro il governo, accusandolo di fare poco per risolvere i gravi problemi economici e politici del paese e chiedendo le dimissioni di Mahdi. Fin da subito l’Iran, paese a stragrande maggioranza sciita, aveva osservato con attenzione quello che stava succedendo in Iraq, dove il governo iraniano esercita grande influenza dalla fine del regime dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein, sunnita, ucciso durante l’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003.

La prima inchiesta pubblicata è stata quella di Associated Press, basata su alcune fonti rimaste anonime per questioni di sicurezza.

Secondo Associated Press, Suleimani arrivò a Baghdad il giorno dopo l’inizio delle proteste, spostandosi in elicottero nella cosiddetta “Green Zone”, la zona della città dove si trovano gli edifici governativi iracheni e molte ambasciate straniere. Qui il generale iraniano presidette una riunione di importanti funzionari della sicurezza iracheni, che si aspettavano invece la presenza del primo ministro Mahdi. Secondo due persone a conoscenza dei dettagli dell’incontro, Suleimani avrebbe detto: «Noi in Iran sappiamo come affrontare questo tipo di proteste. È successo e abbiamo riportato la situazione sotto controllo».

Il giorno dopo la visita di Suleimani, gli scontri tra manifestanti e forze di sicurezza irachene diventarono molto violenti, anche per la presenza di cecchini non identificati che sparavano al petto e alla testa dei manifestanti dai tetti della città. In meno di una settimana furono uccise circa 150 persone.

L’altra inchiesta, quella di Reuters, si riferisce invece a un incontro più recente, avvenuto mercoledì scorso tra Suleimani e il politico iracheno Hadi al Amiri.

Amiri è il leader della seconda forza nel parlamento iracheno, capo della potente milizia Badr, con legami molto stretti con le Guardie Rivoluzionarie, corpo militare che rappresenta la parte più conservatrice e antioccidentale del regime iraniano. Martedì scorso Amiri sembrava intenzionato a collaborare con Moqtaba al Sadr, popolare e controverso religioso sciita che alle ultime elezioni si era espresso a favore di un Iraq senza influenze esterne, né quella dell’Iran né quella degli Stati Uniti: aveva accettato di fare pressione insieme a Sadr affinché il primo ministro Mahdi si dimettesse.

Il giorno dopo però Amiri si era incontrato con Suleimani. Secondo cinque persone citate da Reuters e rimaste anonime, Suleimani avrebbe chiesto ad Amiri e ai leader delle sue milizie di continuare ad appoggiare il primo ministro Mahdi, e dargli tempo di adottare riforme in grado di calmare la situazione. Dopo questo incontro, Amiri aveva detto a Sadr di avere cambiato idea, perché una caduta del governo di Mahdi avrebbe provocato ancora più caos e instabilità.

Secondo diversi analisti, tra cui l’iracheno Hisham al Hashimi, l’Iran è intervenuto in Iraq con Suleimani per evitare di perdere influenza, per esempio tramite un cambio di governo che avrebbe potuto favorire un candidato ostile al regime iraniano.

Negli ultimi anni l’Iran è riuscito a ottenere grande influenza nella politica irachena, ma non solo. Le milizie sciite presenti nel paese – legate all’Iran e diventate ancora più potenti grazie alle vittorie militari contro l’ISIS – hanno costruito una specie di impero economico: hanno preso il controllo dei progetti di ricostruzione postbellici e hanno sviluppato innumerevoli attività illecite. L’Iran è interessato a continuare a contare in Iraq anche per evitare che il paese finisca completamente sotto l’influenza degli Stati Uniti.

A dispetto dell’intervento di Suleimani, per il momento sembra che l’Iran non sia stato in grado di imporre del tutto la propria volontà sugli eventi iracheni: le proteste infatti non si sono fermate, nonostante le violenze e i morti, e il primo ministro Mahdi non è riuscito ad assicurarsi del tutto la sua permanenza a capo del governo, e continua a essere considerato in bilico.