Una canzone di René Aubry

Si possono chiamare canzoni se nessuno le canta?

(EPA/PABLO SANCHEZ)
(EPA/PABLO SANCHEZ)

Ieri aveva compiuto 60 anni Bryan Adams, che pure lui qualcosa di buono lo ha fatto (io poi quest’estate sono stato qui).
C’è una canzone inedita di George Michael (qui invece quelle vecchie).
E una nuova di Joe Henry, lui finirà inevitabilmente in questa newsletter, presto. Ha fatto un disco nuovo, e ha un cancro.
Olivia Colman (lei) invece ha registrato una versione di un famoso vecchio pezzo dei Portishead (qui c’è un vivace dietro le quinte con altri ingredienti).

Salento
Non so se si possano chiamare canzoni se nessuno le canta: questo è un pezzo strumentale, una cosa per sparigliare, ma che a me viene da canticchiarla, soprattutto quando il pezzo sboccia, esplode, mi vengono solo verbi orrendamente retorici e pomposi. Però è così, c’è una lunga preparazione circospetta e poi dopo tre minuti il pezzo se ne va via felice. Lui si chiama René Aubry, ha 63 anni, è molto famoso soprattutto in Francia come compositore di musiche da coreografie e spettacoli teatrali, e ha lavorato assai con Carolyn Carlson con cui ha avuto una lunga relazione e un figlio. In Italia di lui si conobbe una cosa che stava dentro uno spettacolo di Carlson perché venne usata negli anni Novanta come sigla di Nonsolomoda. Poi a un certo punto gli è venuto un innamoramento pugliese e in un disco del 1998 ha chiamato questa canzone Salento. Canzone, insomma.

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