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  • Martedì 5 novembre 2019

In Brasile si parla di Bolsonaro e dell’omicidio di Marielle Franco

Una nuova testimonianza – subito smentita dalla magistratura – lo ha associato direttamente ai sospettati dell'assassinio dell'attivista politica di Rio de Janeiro

Da giorni il presidente brasiliano Jair Bolsonaro è al centro di un nuovo scandalo, che lo ha coinvolto peraltro in un periodo già di per sé delicato della sua presidenza, dopo l’estate degli incendi in Amazzonia e il più recente caso della misteriosa perdita di petrolio che ha interessato le coste nord-orientali del paese. La settimana scorsa la popolare rete televisiva Rede Globo ha trasmesso una testimonianza – che è apparsa subito traballante e che è stata presto smentita dalla magistratura – che associa Bolsonaro all’omicidio dell’attivista e politica Marielle Franco, consigliera comunale di Rio de Janeiro uccisa in un agguato nel marzo del 2018.

Il nome di Bolsonaro era già circolato in relazione all’omicidio, che aveva suscitato estese proteste e rivendicazioni nella sinistra brasiliana e internazionale. Ci sono alcune prove, infatti, che collegano il presidente a uno dei due assassini, ma la novità rivelata da Rede Globo è stata una testimonianza diretta di un portinaio potenzialmente molto compromettente per Bolsonaro, che infatti l’ha commentata subito con un video in cui è apparso infuriato e piuttosto turbato. Nei giorni seguenti alla notizia di Rede Globo sono emersi grandi dubbi sull’attendibilità della testimonianza, smentita categoricamente dalle autorità brasiliane.

Quando fu uccisa, Franco aveva 38 anni, ed era un’attivista amata e influente che si batteva per i diritti umani nelle favelas, contro gli abusi della polizia, per i diritti delle donne e per quelli delle minoranze etniche. Fu uccisa il 14 marzo 2018 da un uomo a bordo di un’auto che le sparò quattro colpi: il principale sospettato è Ronnie Lessa, un ex poliziotto, attualmente sotto processo insieme all’uomo sospettato di aver guidato l’auto, Élcio Vieira de Queiroz. L’omicidio apparve da subito motivato politicamente, e fu seguito da proteste e manifestazioni in tutto il mondo: a oggi la polizia non ha ancora indicato nessun mandante dell’omicidio.

Una manifestazione per chiedere la verità sull’omicidio di Marielle Franco a San Paolo, il 31 ottobre. (AP Photo/Andre Penner)

Lo scorso marzo, subito dopo gli arresti, emerse una foto di Queiroz amichevolmente abbracciato a Bolsonaro, che si difese dicendo che durante la campagna elettorale aveva fatto migliaia di foto. Fu scoperto poi che prima della sua elezione a presidente Bolsonaro viveva nello stesso complesso residenziale di Lessa, la cui figlia aveva peraltro avuto una relazione con il figlio di Bolsonaro. Questi elementi accostarono il nome di Bolsonaro quanto meno agli ambienti degli assassini ma di per sé non provavano niente, e generarono poco più che ipotesi e teorie. Bolsonaro negò di conoscere i due sospettati, e la polizia escluse un suo coinvolgimento.

Lo scorso martedì, però, il telegiornale serale di Rede Globo ha trasmesso una testimonianza di un portinaio del complesso residenziale in cui vivevano Bolsonaro e Lessa, che ha raccontato che il giorno dell’omicidio di Franco, Queiroz arrivò in auto all’ingresso identificandosi come un visitatore di Bolsonaro, allora deputato. Il portinaio ha raccontato di aver contattato “il signor Jair” informandolo della visita, e ricevendo istruzioni di lasciar passare Queiroz. L’auto, una volta entrata, si diresse però verso la casa di Lessa, poco distante da quella di Bolsonaro. Il portinaio allora contattò di nuovo “il signor Jair”, che gli disse che sapeva dove stava andando l’uomo, e di lasciarlo proseguire. Poche ore dopo Queiroz e Lessa avrebbero ucciso Franco.

La testimonianza ha provocato grandi reazioni in Brasile ed è stata ripresa anche da diversi giornali stranieri, tanto che il giorno dopo Bolsonaro ha pubblicato sui social network un video di risposta, lungo oltre venti minuti e girato in Arabia Saudita, dove era per una visita ufficiale. Nel video Bolsonaro nega categoricamente le accuse, spiegando che quel giorno era a Brasilia per un voto al Parlamento (informazione peraltro inclusa nel servizio di Rede Globo), e sostenendo di non avere niente a che fare con l’omicidio. Ma più che per le smentite, il video ha attirato attenzione per l’atteggiamento di Bolsonaro, infuriato e a tratti apparentemente commosso e indignato per le accuse. Tra le altre cose, Bolsonaro ha accusato il gruppo Globo – da cui dipende anche il grande quotidiano O Globo – di essersi accanito contro di lui, minacciando di non rinnovargli le licenze televisive quando scadranno, nel 2022. «Perché volete distruggermi?», chiede Bolsonaro a un certo punto.

Oltre che con Globo e in generale con i media, Bolsonaro se l’è presa con Wilson Witzel, governatore dello stato di Rio de Janeiro un tempo suo alleato e oggi suo rivale. Secondo Bolsonaro, Witzel avrebbe diffuso dettagli riservati sulle indagini ai media per avvantaggiarsi in vista delle elezioni presidenziali del 2022.

Dopo la trasmissione televisiva, comunque, il controverso ministro della Giustizia Sergio Moro ha chiesto alla magistratura di indagare sulla testimonianza del portinaio, ipotizzando che possa aver detto cose false per errore oppure mentendo intenzionalmente per incastrare Bolsonaro. La procura generale ha già detto che i tabulati telefonici e le registrazioni del sistema di comunicazione del complesso residenziale smentiscono il portinaio, e che fu Lessa – e non Bolsonaro, che appunto non era lì – a far entrare Queiroz. La procura ha detto che indagherà per capire se il portinaio si è sbagliato o ha mentito intenzionalmente.