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  • Mercoledì 9 ottobre 2019

L’accordo di Malta sui migranti non ha convinto gli altri paesi europei

Il meccanismo automatico di ricollocamento per chi viene soccorso in mare sta incontrando molte resistenze e non è chiaro se e quando partirà

(ANSA / MATTEO BAZZI)
(ANSA / MATTEO BAZZI)

L’accordo di Malta sui migranti firmato due settimane fa da Italia, Germania, Francia e Malta, che prevede un meccanismo di ricollocamento automatico per le persone soccorse in alto mare, è stato discusso ieri dal Consiglio dell’Unione Europea sugli Affari interni, che raduna tutti i ministri dell’Interno dell’UE. I paesi che avevano stipulato l’accordo speravano di estenderlo a una decina di altri paesi, ma solo in tre hanno garantito la loro disponibilità: Irlanda, Lussemburgo e Portogallo, peraltro tre paesi non decisivi per allargare ulteriormente il meccanismo ad altri blocchi o regioni.

Al termine del Consiglio la ministra dell’Interno italiana Luciana Lamorgese ha detto che «dobbiamo cercare di allargare la condivisione», senza fornire ulteriori dettagli. Fonti del ministero dell’Interno hanno fatto sapere a Repubblica che il governo spera di trovare altri paesi disposti ad entrare nel meccanismo fra novembre e dicembre, per poi rendere operativo l’accordo. Non sarà facile, dato che difficilmente nel breve termine verranno superati gli ostacoli che hanno impedito l’ampliamento del meccanismo.

L’accordo di Malta prevede in sostanza un meccanismo di ricollocamento automatico dei migranti che arrivano in Italia e a Malta dopo essere stati soccorsi in mare: i migranti verranno poi redistribuiti tra i diversi paesi che aderiranno all’accordo, e sulla base del numero di questi verrà fissata anche la percentuale di migranti spettante a ciascuno. L’accordo riguarderà tutti i migranti che fanno richiesta di protezione, quindi non solo quelli che hanno più possibilità di ottenerla (come invece funzionava per il meccanismo di ricollocamento volontario proposto nel 2015 dalla Commissione Europea). La redistribuzione sarà obbligatoria per i paesi che aderiranno all’accordo, e i migranti verranno ricollocati entro quattro settimane dallo sbarco.

I migranti coinvolti nell’accordo saranno solo quelli soccorsi in mare e arrivati sulle coste a bordo di navi militari o di navi delle ong: cioè meno di uno su dieci di quelli che arrivano via mare in Italia. Saranno esclusi infatti migranti che arrivano in maniera autonoma sulle coste italiane, o grazie ai cosiddetti “sbarchi fantasma”. Come avevamo spiegato, non è una distinzione da poco: secondo un calcolo dell’ISPI soltanto il 9 per cento dei migranti che arrivano via mare viene soccorso in mare e trasportato in Italia da navi militari e ong. Dal giugno 2018 all’agosto 2019 i migranti soccorsi in mare – quelli a cui l’allora ministro Salvini provava a vietare l’arrivo in Italia – sono stati 1.346, contro i 15.095 arrivati in maniera autonoma. Diversi osservatori ritengono che il meccanismo, almeno per il momento, serva soprattutto a garantire una vittoria politica al nuovo governo italiano, considerato più filoeuropeista del primo governo di Giuseppe Conte (che in questi giorni ha definito «storico» l’accordo di Malta).

Una delle principali obiezioni sollevate ieri dal Consiglio riguarda proprio l’esiguità dei numeri: il flusso dei migranti che arrivano via mare in Italia è diminuito moltissimo a partire dall’estate del 2017 – grazie soprattutto agli accordi del governo italiano con le milizie libiche locali – e pochissimi paesi europei la considerano una “crisi”.

Nel 2019 sono arrivati via mare in Europa circa 82mila persone, delle quali meno di ottomila in Italia: in Grecia, per esempio, il flusso di migranti è tornato ad aumentare nelle scorse settimane, e fra agosto e settembre ne sono arrivati circa 20mila (era dalla fine del 2016 che non si registravano cifre del genere). Sembra che buona parte della discussione di ieri abbia riguardato proprio la Grecia e il rischio che il flusso aumenti ulteriormente, con gravi conseguenze soprattutto per le isole nei pressi della Turchia. In Spagna gli sbarchi sono calati dopo il picco del 2018, ma restano più del doppio rispetto a quelli avvenuti in Italia: dall’inizio del 2019 sono stati 19.413.

«Capisco le ragioni politiche», ha detto un diplomatico europeo a Politico, «capisco la necessità di aiutare un governo filoeuropeo, ma a giudicare dai fatti questo accordo è irrazionale». Durante il Consiglio ai ministri è stato mostrato un grafico che indica il numero dei richiedenti asilo arrivati nei vari paesi dell’UE in rapporto alla popolazione: Cipro, Malta e la Grecia erano in cima alla classifica, mentre l’Italia era al 16esimo posto.

Un altro problema è che diversi paesi europei continuano a non voler accogliere richiedenti asilo dai paesi del Sud Europa. Alla consueta opposizione dei paesi dell’Est si è aggiunta quella della Danimarca, il cui nuovo governo di centrosinistra ha adottato una linea più dura nei confronti dei migranti, mentre secondo la Stampa altri paesi come la Slovenia hanno contestato altri punti dell’accordo. Al termine del Consiglio il governo francese ha fatto sapere che una decina di paesi sarebbero pronti ad aderire all’accordo – più o meno la cifra che secondo varie fonti servirebbe a farlo partire ufficialmente – ma non è chiaro a chi si riferisse e quanto siano effettivamente disponibili ad aderire al meccanismo di ricollocamento.

Nei mesi invernali il flusso di migranti verso l’Italia calerà drasticamente, come avviene tutti gli anni, e di immigrazione si parlerà sempre meno: verosimilmente i flussi torneranno ad aumentare nella primavera nel 2020, ma non è ancora chiaro se per allora il governo italiano sarà riuscito ad applicare l’accordo.