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  • Martedì 10 settembre 2019

Il Parlamento britannico ha chiuso, e ora?

Il primo ministro Boris Johnson non ha ottenuto le elezioni anticipate e dovrà chiedere un nuovo rinvio di Brexit, ma non è detto che l'Europa lo conceda (e forse a Johnson andrebbe bene così)

Il Parlamento britannico a Londra (Chris J Ratcliffe/Getty Images)
Il Parlamento britannico a Londra (Chris J Ratcliffe/Getty Images)

Lunedì è stata un’altra giornata molto caotica al Parlamento britannico, dove il governo guidato dal conservatore Boris Johnson ha perso l’ennesimo voto su Brexit – il sesto su sei da quando Johnson è diventato primo ministro – e non è riuscito ad avere la maggioranza sufficiente per convocare le elezioni anticipate.

Lunedì è stato anche l’ultimo giorno dei lavori parlamentari prima dell’inizio del periodo di sospensione di cinque settimane voluto dallo stesso governo Johnson, con una decisione contestata dalle opposizioni e ritenuta da molti antidemocratica. Con il Parlamento chiuso fino a metà ottobre e con la scadenza di Brexit che si avvicina (per ora è fissata al 31 ottobre), è difficile fare previsioni su quello che succederà: ci sono alcune cose che il governo britannico è obbligato a fare, e poi però ce ne sono altre che non dipendono dal Regno Unito e che saranno altrettanto importanti per definire il futuro di Brexit.

Lunedì nella politica britannica sono successe tre cose importanti. Prima: è entrata in vigore la legge che obbliga il governo Johnson a chiedere un rinvio di Brexit nel caso non si trovi un accordo con l’Unione Europea entro il 31 ottobre (è la legge che prova a impedire il cosiddetto “no deal“). La legge, promulgata lunedì dalla Regina, era stata approvata in Parlamento con i voti di tutte le opposizioni e di una ventina di parlamentari conservatori “ribelli”, poi espulsi dal partito su decisione di Johnson.

Seconda: John Bercow, il controverso speaker della Camera bassa del Parlamento, ha annunciato che lascerà l’incarico a fine ottobre. Bercow è considerato uno dei politici più originali e controversi del Regno Unito, e pur essendo Conservatore negli ultimi anni si è fatto molto apprezzare dall’opposizione per la sua gestione di Brexit, spesso ostile ai governi in carica.

Terza, e più importante: il Parlamento britannico ha bocciato di nuovo la proposta del governo di andare a elezioni anticipate, che quindi non si terranno sicuramente prima della fine di ottobre, come invece aveva sperato Johnson. La proposta di elezioni anticipate, che per passare avrebbe dovuto essere sostenuta dai due terzi dei parlamentari, era già stata bocciata una volta. Le opposizioni, guidate dal Partito Laburista, hanno temuto infatti che durante la campagna elettorale Johnson cambiasse la data del voto – cosa che per legge avrebbe potuto fare – spostandolo a dopo il 31 ottobre, di fatto facendo succedere lo scenario del “no deal” nonostante l’opposizione del Parlamento. Il timore delle opposizioni era sembrato fondato, visto che Johnson aveva detto più volte che il suo governo avrebbe portato il Regno Unito fuori dall’Unione Europea entro il 31 ottobre, con o senza un accordo.

Gli ultimi giorni di lavori del Parlamento prima delle sospensione di cinque settimane sono stati caotici e molto divisivi, e non solo perché hanno portato a una specie di implosione del Partito Conservatore, con espulsioni e dimissioni di membri importanti ed ex ministri. Lo scontro tra governo e opposizione è stato durissimo, con scene inusuali per la Camera bassa del Parlamento britannico. Lunedì sera, per esempio, diversi parlamentari di opposizione hanno mostrato cartelli con scritto «silenced» («silenziati») per protestare contro la sospensione del Parlamento voluta da Johnson.

Alcuni hanno anche tentato di bloccare lo speaker John Bercow, che per completare le procedure di sospensione del Parlamento a un certo punto doveva spostarsi alla Camera dei Lord, la Camera alta. Alex Sobel, deputato laburista coinvolto nella protesta, ha detto che il tentativo di bloccare Bercow riprendeva un episodio del 1629, quando i parlamentari si opposero a una sospensione del Parlamento voluta da Carlo I e bloccarono l’uscita dalla Camera dei Comuni dell’allora speaker, riuscendo ad approvare una serie di mozioni per condannare il Re. Alla fine, comunque, Bercow è riuscito ad andare alla Camera dei Lord, seguito da diversi Conservatori, mentre le opposizioni sono rimaste nella Camera dei Comuni a protestare e cantare.

A causa della sospensione, per le prossime cinque settimane il Parlamento britannico rimarrà chiuso. Il 14 ottobre ci sarà il Queen’s Speech, il discorso della Regina, che inaugurerà l’inizio di una nuova sessione parlamentare, mentre il 17 si terrà a Bruxelles una riunione del Consiglio europeo, organo che riunisce tutti i capi di stato e di governo dell’Unione Europea e che probabilmente deciderà se concedere o meno il rinvio di Brexit.

Sulla questione del rinvio, comunque, ci sono diverse incognite. Nonostante lunedì sia entrata in vigore la legge che obbliga il governo a chiedere di rimandare la data di Brexit, Johnson ha fatto capire di non essere intenzionato a insistere più di tanto, preferendo di gran lunga l’opzione del “no deal”. Secondo i giornali britannici, tra cui il Guardian, negli ultimi giorni il governo avrebbe esaminato diverse opzioni per aggirare la legge e far succedere Brexit entro il 31 ottobre, a qualsiasi condizione: per esempio convincere uno dei paesi membri a votare contro il rinvio, che per passare deve essere approvata all’unanimità.

Le opposizioni hanno già detto che se il governo dovesse decidere di non rispettare la legge, Johnson e i suoi ministri potrebbero subire un procedimento legale senza precedenti. Il problema è che al Regno Unito potrebbe non bastare la richiesta di rinvio di Brexit, per ottenerla: il governo potrebbe dover convincere l’Unione Europea di avere un piano B all’accordo trovato tra i negoziatori europei e il governo di Theresa May, accordo bocciato tre volte dal Parlamento britannico. Per il momento né il governo né il Parlamento del Regno Unito hanno mostrato di avere un’alternativa, e stando a quando hanno raccontato negli ultimi giorni diversi funzionari europei, Johnson non ha portato nuove proposte da poter esaminare e discutere.

In altre parole Johnson potrebbe anche chiedere un rinvio di Brexit, ma senza fare passi in più per convincere l’Unione Europea a concederla: in quel caso rispetterebbe la legge entrata in vigore lunedì nel Regno Unito, ottenendo però allo stesso tempo quello che si era prefissato, cioè Brexit entro il 31 ottobre.