Sull’Artico nevicano microplastiche

In alcuni campioni di neve raccolti vicino alle Svalbard ne sono state trovate concentrazioni molto alte, ma non è ancora chiaro come siano arrivate lì

Scienziati dell'Alfred Wegener Institute durante la raccolta dei campioni di neve nell'Artico (Kajetan Deja/Alfred Wegener Institut)
Scienziati dell'Alfred Wegener Institute durante la raccolta dei campioni di neve nell'Artico (Kajetan Deja/Alfred Wegener Institut)

Un gruppo di scienziati tedeschi e svizzeri ha trovato minuscoli frammenti di plastica e gomma nella neve caduta sullo stretto di Fram, il tratto di mar Glaciale Artico tra le isole Svalbard e la Groenlandia, in quantità tali da dedurre che ci siano arrivati dall’atmosfera. Si sapeva già che sui fondali e nelle acque dell’Artico c’è una grande quantità di microplastiche, nome con cui si indicano i pezzi di plastica di dimensioni inferiori ai 5 millimetri, e secondo un’altra ricerca proprio nell’Artico ce n’è la più alta concentrazione: la loro presenza nella neve sopra i tratti di mare ghiacciati indicherebbe che uno dei modi in cui le microplastiche raggiungono l’Artico è nevicando.

I campioni di neve utilizzati per lo studio, pubblicato il 14 agosto sulla rivista Science Advances, erano stati raccolti durante alcune spedizioni di ricerca tra il 2015 e il 2017 e sono stati analizzati nei laboratori dell’Istituto Alfred Wegener di Bremerhaven. I ricercatori hanno trovato più di 10mila frammenti di plastica per litro, molto più di quanto si aspettassero. Tra le altre cose hanno potuto riconoscere pezzetti di pneumatici, frammenti di vernice e, forse, fibre sintetiche. La stessa analisi è stata fatta su campioni di neve raccolti sulle Alpi svizzere e in varie parti della Germania: anche lì, forse meno sorprendentemente, sono state trovate grandi quantità di microplastiche, maggiori (fino a 154mila per litro) nei campioni tedeschi.

Secondo i ricercatori, guidati da Melanie Bergmann, le microplastiche sono arrivate nella neve raccolta grazie ai venti atmosferici prima e alle precipitazioni poi, anche se non è ancora ben chiaro in che modo esattamente arrivino a percorrere grosse distanze come quelle che separano le Svalbard dalle zone più densamente popolate e inquinate. Uno studio pubblicato ad aprile da un gruppo di ricerca franco-britannico aveva dimostrato che attraverso le precipitazioni le microplastiche sono arrivate anche sui Pirenei, in aree lontane da fonti di inquinamento. Non è possibile tuttavia sapere da dove arrivino le microplastiche trovate in questi studi. Secondo i ricercatori dell’Alfred Wegener Institut è possibile che parte dei frammenti trovati nella neve provengano da navi rompighiaccio.

Le microplastiche trovate nella neve sull’Artico descritte nell’articolo di Melanie Bergmann e collaboratori (Science Advances)

Bergmann e i suoi colleghi studiano la presenza di particelle di plastica nell’Artico dal 2002 e nel corso degli anni ne hanno trovate sempre di più. In uno dei punti in cui le rilevano sono decuplicate.

Non si sa ancora quali siano gli effetti della presenza di microplastiche nell’acqua e nell’aria sulla salute di persone e animali che vi entrano in contatto: sono stati fatti alcuni studi, ma non ci sono grandi certezze per ora anche perché gli effetti potrebbero essere molto variabili a seconda del tipo di microplastiche e delle loro dimensioni. L’unica cosa che si sa per certa è che gli animali marini ne ingeriscono in grande quantità e che quelli in cima alla catena alimentare, come squali, delfini e orche, ne ingeriscono più di tutti perché le assorbono non solo dall’acqua ma anche mangiando altri animali.