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  • Domenica 9 giugno 2019

In Moldavia sta succedendo una cosa importante

I Socialisti filorussi e una forza europeista hanno formato un governo per estromettere il potente oligarca che controlla da anni il paese, ma la Corte Costituzionale ha annullato tutto

Vladimir Plahotniuc, secondo da sinistra, e l'ex primo ministro moldavo Pavel Filip, secondo da destra, alla guida di una manifestazione contro il nuovo governo. (AP Photo/Roveliu Buga)
Vladimir Plahotniuc, secondo da sinistra, e l'ex primo ministro moldavo Pavel Filip, secondo da destra, alla guida di una manifestazione contro il nuovo governo. (AP Photo/Roveliu Buga)

Un nuovo governo formato da una coalizione tra i Socialisti filorussi e un partito europeista e anticorruzione è stato nominato in Moldavia, quattro mesi dopo le elezioni di febbraio, ma la Corte Costituzionale del paese ne ha contestato la legittimità, rimuovendo il presidente del paese e sciogliendo il parlamento.

Si tratta di uno sviluppo molto importante di una lunga crisi politica che ha interessato uno degli stati più poveri d’Europa, e soprattutto di un momento potenzialmente storico per il paese: la nuova coalizione di governo, infatti, ha tentato di estromettere dal potere Vlad Plahotniuc, un oligarca accusato estesamente di corruzione e di controllare e manipolare i settori chiave del paese, dalla politica al sistema giudiziario ai media. Plahotniuc e il suo Partito Democratico Moldavo (PDM), però, stanno provando in tutti i modi a rimanere al potere, e non è detto che la transizione avverrà in modo pacifico (e nemmeno che avverrà certamente).

Domenica, la Corte Costituzionale – considerata vicina a Plahotniuc – ha infatti rimosso il presidente del paese Igor Dodon, leader dei Socialisti, sciolto il Parlamento e convocato nuove elezioni: non è però ancora chiaro se le decisioni verranno effettivamente eseguite, perché la comunità internazionale si sta schierando a favore del nuovo governo, che da parte sua sembra intenzionato a proseguire nonostante la decisione della Corte Costituzionale.

Maia Sandu, leader di ACUM e nominata ieri prima ministra moldava. (AP Photo/Andreea Alexandru)

Come si è arrivati al nuovo governo
I due partiti che sabato, dopo mesi di trattative e stalli, avevano trovato un accordo per formare un governo sono il Partito Socialista di Dodon, presidente del paese dal 2016, e l’ACUM, una coalizione tra partiti di centrodestra europeisti e anticorruzione, guidata dall’ex consulente della Banca Mondiale Maia Sandu. È stato uno sviluppo inaspettato: Dodon e Sandu si sfidarono alle presidenziali del 2016, che Sandu perse per meno di 80mila voti accusando l’avversario di aver diffuso notizie false e diffamanti sul suo conto attraverso gli influenti media filorussi del paese. E i Socialisti e il PDM (quello di Plahotniuc) da diversi anni collaborano efficacemente al Parlamento, nonostante siano formalmente avversari, e spesso hanno agito evidentemente per escludere dal potere i partiti europeisti e Sandu, che il Post aveva intervistato lo scorso settembre.

Il presidente moldavo Igor Dodon, a sinistra, e quello russo Vladimir Putin. (Maxim Shemetov/Pool Photo via AP)

Le cose sono però cambiate negli ultimi mesi, e ACUM e i Socialisti hanno accettato di allearsi per formare una maggioranza – avrebbero 61 parlamentari su 100 – ed escludere dal governo il PDM e Plahotniuc, da anni considerato da tutti l’uomo più potente della Moldavia, pur non avendo mai ricoperto incarichi di governo e godendo di un bassissimo consenso popolare personale. Plahotniuc è un tipo misterioso – non si conosce esattamente l’origine della sua ricchezza e nemmeno la sua vera nazionalità – e temuto, ed è stato associato ai principali scandali avvenuti nel paese in tempi recenti. Formalmente è europeista ed è stato a lungo il principale interlocutore in Moldavia dell’Unione Europea (non è uno stato membro, e non lo diventerà in un futuro prossimo), che però spesso ha più o meno esplicitamente condannato i suoi abusi di potere.

La Moldavia sta a metà

In sostanza, Sandu e Dodon hanno provato a cogliere l’occasione di impasse seguita alle ultime elezioni, in cui nessun partito aveva ottenuto la maggioranza, per fare un colpo di mano. Russia, Unione Europea e Stati Uniti si sono tutti espressi a favore della nuova coalizione di governo annunciata sabato, caso più unico che raro in cui le tre potenze si sono ritrovate sullo stesso fronte: si spiega con il fatto che l’opacità del modo di condurre il potere di Plahotniuc è stata a lungo fonte di imbarazzo per l’Occidente, che secondo molti non vede l’ora di trovare un alleato migliore in Moldavia, e che la Russia ha da sempre strettissimi legami con Dodon e i Socialisti.

Che cosa è successo sabato
Sabato, Sandu è stata nominata prima ministra, affiancandosi così al potere a Dodon, che è presidente (le due figure hanno entrambi ampi poteri, per certi versi complementari). Zinaida Greceanîi, leader del Partito Comunista (alleato dei Socialisti) è stata nominata presidente del Parlamento, e nella lunga seduta sono stati pronunciati discorsi a loro modo storici: Greceanîi si è riferita al PDM come al partito «di opposizione», mentre Sandu ha parlato di «dittatura caduta».

Durante la nomina del nuovo governo, però, la Corte Costituzionale moldava ha annunciato in diretta televisiva che tutti i voti e le nomine di sabato erano da considerarsi annullate perché illegittime, appellandosi a una precedente decisione che imponeva la scadenza massima per la formazione del governo al 7 giugno. Si tratta di un cavillo: l’esito delle elezioni fu certificato il 9 marzo, e da quel momento furono fissati tre mesi per la formazione di un governo. La scadenza sarebbe dovuta quindi essere il 9 giugno, ma secondo la Corte il periodo fissato era di 90 giorni, e quindi sarebbe finito il 7 giugno.

Plahotniuc ha detto che il PDM avrebbe fatto ricorso a tutte le vie legali possibili per impedire la formazione del governo, definita «un colpo di stato», e si è appellato ai suoi sostenitori perché protestino contro la nuova coalizione. Dodon ha risposto chiedendo una transizione pacifica, mentre Andrei Năstase, il principale alleato di Sandu, ha proposto un emendamento che riconosceva formalmente che il sistema giudiziario moldavo è “ostaggio” di Plahotniuc. L’emendamento è stato approvato. Nel 2018, Năstase vinse le elezioni a sindaco di Chişinău, la capitale, ma un tribunale annullò la vittoria appellandosi a un cavillo legale: intervistato dal Post lo scorso settembre, Năstase aveva sostenuto che molti giudici moldavi sono ricattati da Plahotniuc, cosa che ha ribadito sabato in Parlamento.

La Corte Costituzionale tra sabato e domenica ha sospeso Dodon da presidente, nominando al suo posto – ad interim – l’ex primo ministro Pavel Filip, del PDM, e ha ordinato lo scioglimento del Parlamento. Filip domenica ha convocato nuove elezioni per il Parlamento – che ha sciolto con un decreto – e per il presidente, entrambe a settembre. Domenica c’è stata una manifestazione di sostenitori di Plahotniuc, che è arrivata davanti al palazzo presidenziale per chiedere che la rimozione di Dodon venisse eseguita. Si è svolta pacificamente, nonostante le preoccupazioni iniziali, anche se i manifestanti hanno lanciato alcuni tacchini – alcuni vivi, alcuni morti, alcuni che sono morti durante la protesta – oltre le recinzioni. I siti di news moldavi, tuttavia, non spiegano le motivazione di questa particolare forma di protesta. Il gesto è stato comunque condannato da un’associazione animalista.

Vladimir Plahotniuc insieme ad alcuni suoi sostenitori, durante una protesta in cui sono stati lanciati dei tacchini oltre la recinzione che protegge il palazzo presidenziale.  (AP Photo/Roveliu Buga)

Dodon, Sandu e Năstase stanno però contestando la decisione della Corte Costituzionale, ma non è chiaro come si evolverà la situazione. Da un lato, sembra illegittima la pretesa di Plahotniuc di annullare la formazione del governo, visto che è stata ratificata dal Parlamento, ma dall’altro la nuova maggioranza non sembra avere strumenti legali per annullare la decisione della Corte Costituzionale. Secondo Matei Rosca di Politico Europe, è probabile che avranno un ruolo decisivo le potenze straniere: se Unione Europea, Stati Uniti e Russia si schiereranno con forza a favore del nuovo governo, è possibile che la nuova maggioranza resista. Sandu intanto ha detto che il nuovo governo domani inizierà a riunirsi per sostituire i capi di varie istituzioni chiave del paese, nonostante la decisione della Corte Costituzionale.

Filorussi vs europeisti
L’ultima crisi politica moldava dimostra che è un paese più complesso di come viene spesso raccontato, e cioè diviso nettamente tra filoeuropeisti e filorussi, narrazione spesso applicata impropriamente ai paesi dell’Est Europa. Le divisioni politiche interne al paese seguono spesso linee diverse e più sfumate, come testimoniato dall’alleanza tra il blocco più filorusso del paese, ufficialmente sostenuto da Vladimir Putin, e quello più europeista, che negli ultimi anni ha ricevuto per esempio il sostegno della cancelliera tedesca Angela Merkel e dell’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. La nuova alleanza ha anche cambiato radicalmente gli equilibri politici del paese, visto che per anni l’ACUM e la maggior parte degli osservatori internazionali hanno accusato Socialisti e PDM di complottare per spartirsi il potere.