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  • Giovedì 23 maggio 2019

Guida alle elezioni europee nei Paesi Bassi

Si vota oggi, in anticipo rispetto al resto del continente: se la giocano il partito del primo ministro Mark Rutte e un nuovo partito di destra radicale

Una donna in abiti tradizionali olandesi attende il suo turno per votare in una scuola a Staphorst, nei Paesi Bassi. (AP Photo/Muhammed Muheisen)
Una donna in abiti tradizionali olandesi attende il suo turno per votare in una scuola a Staphorst, nei Paesi Bassi. (AP Photo/Muhammed Muheisen)

I Paesi Bassi sono uno dei sei membri fondatori del progetto di integrazione europea: c’erano già nel 1951 quando venne istituita la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) e a Roma nel 1957 per la firma dei trattati embrionali della futura Unione. Due dei principali trattati dell’Unione vennero firmati in due città olandesi, Maastricht e Amsterdam, e da sempre i Paesi Bassi sono stati tra i principali promotori dell’integrazione europea (anche se questo processo subì una battuta d’arresto nel 2005 quando proprio gli olandesi votarono contro la Costituzione europea, assieme ai francesi).

Pur essendo di dimensioni ridotte, i Paesi Bassi hanno una popolazione di 17 milioni di abitanti, cosa che dà loro diritto ad eleggere 26 deputati al Parlamento Europeo (diventeranno 29 quando il Regno Unito lascerà definitivamente l’Unione Europea). Si vota oggi giovedì 23 maggio, come nel Regno Unito, mentre la stragrande maggioranza degli altri paesi europei voteranno domenica, compresa l’Italia.

Oggi il 78 per cento degli olandesi ha una visione positiva dell’UE, la stessa percentuale di quelli che sono favorevoli all’euro come moneta unica, ma alle europee di quest’anno i due principali contendenti son il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) del primo ministro Mark Rutte e soprattutto il Forum per la Democrazia (FvD) di Thierry Baudet, un opinionista euroscettico di 37 anni, che tra le altre cose si oppone al multiculturalismo e che fa campagna elettorale per uscire dall’Unione Europea. In tre anni, cioè da quando esiste, FvD è passato dall’1,8 per cento al 14,53 per cento delle ultime elezioni amministrative. Dagli ultimi sondaggi è dato al 18 per cento, 3 punti in più rispetto al VVD.

Intermezzo

Quest’anno l’Eurovision – il più grande concorso musicale del mondo – è stato vinto dal cantante che rappresentava i Paesi Bassi, Duncan Laurence, con la canzone Arcade. Laurence era considerato il favorito già dall’inizio della competizione; i Paesi Bassi non vincevano l’Eurovision dal 1975. Se ve lo siete persi è il momento di recuperare. (L’Italia, che era rappresentata da Mahmood con la sua canzone “Soldi”, vincitrice dell’ultimo Festival di Sanremo, è arrivata seconda).


Quali sono i partiti principali

I Paesi Bassi sono una monarchia costituzionale con un parlamento bicamerale: il re, Willem-Alexander, ha un ruolo puramente simbolico e cerimoniale. La figura politica più importante per la politica olandese è il primo ministro. Da quasi dieci anni l’incarico è ricoperto da Mark Rutte, che appartiene al Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD). Rutte e il suo partito sono fra i più fedeli alleati del partito europeo liberale e del presidente francese Emmanuel Macron.

Dal 2017 Rutte governa grazie a una coalizione di centro formata dal suo partito, il VVD, dall’Appello Cristiano Democratico (CDA), dal partito liberale D66, un gruppo liberale e socialdemocratico nato all’inizio degli anni 2000, e dall’Unione Cristiana: la coalizione controlla la maggioranza dei seggi nella camera bassa del parlamento, ma alle elezioni locali di marzo ha perso la maggioranza al senato.

Fino agli anni Novanta nei Paesi Bassi la politica è stata dominata dai partiti di centro cristiani, che all’origine erano tre ma poi si unirono nel 1973 nell’Appello Cristiano Democratico (o CDA). L’elettorato nei Paesi Bassi è considerato altamente volatile e negli ultimi anni si sono affermati sempre di più i partiti centro liberali come il VVD.

Uno dei personaggi più famosi della politica olandese è Geert Wilders, un politico famoso soprattutto per le sue dure critiche contro l’Islam, che nel 2004 fondò un partito populista di estrema destra, il Partito delle Libertà (PVV), fortemente anti-islamico e antieuropeista. Wilders è probabilmente il leader politico europeo con il programma più radicale nei confronti di Islam e immigrazione, fatta eccezione per i gruppi apertamente neofascisti o neonazisti. Il suo Partito per la libertà chiede la chiusura di tutte le moschee olandesi e il divieto di ingresso nel paese per i musulmani. In passato Wilders ha sostenuto la necessità di vietare la circolazione del Corano e lo ha paragonato al Mein Kampf di Adolf Hitler.

Al momento Wilders è tra i principali alleati del fronte “populista” guidato da Matteo Salvini e Marine Le Pen, che al Parlamento Europeo otterrà più o meno 80 seggi: di recente Wilders ha anche partecipato alla manifestazione della Lega a Milano, con un apprezzato intervento in cui a un certo punto ha urlato “Basta Islam” (ricevendo sonori applausi dai manifestanti).

Negli ultimi tre anni però il suo partito ha perso consensi a favore di un’altra formazione populista, il Forum per la Democrazia (FvD), un nuovo partito di estrema destra conservatore ed euroscettico che tra le altre cose chiede l’uscita del paese dall’Unione Europea, e che al momento è davanti nei sondaggi.

Oltre a questi, gli altri partiti olandesi che si contenderanno i seggi al Parlamento Europeo quindi sono i Verdi, i socialisti, e il Partito animalista olandese (che potrebbe eleggere almeno un deputato).

Cosa vogliono

Il PVV è un partito di destra populista e nazionalista: venne fondato nel 2004 da Geert Wilders, che non condivideva più le posizioni filo-europeiste del VVD di cui faceva parte. Il PPV è noto per essere fortemente anti-islamico e contrario all’euro, vorrebbe che i Paesi Bassi uscissero dall’Unione Europea, così da poter stringere accordi commerciali con gli altri paesi senza dover sottostare alle regole europee. Uno dei suoi slogan è: «Prendiamo le decisioni politiche all’Aia, non a Bruxelles».

Tra i partiti più liberisti ed europeisti, oltre al VVD, c’è anche Democrats 66 (D66), che vorrebbe maggiore cooperazione tra gli stati in materia di asilo, mercato energetico, difesa comune, lotta alla criminalità organizzata e tasse. D66 vorrebbe anche dare più poteri al Parlamento Europeo, che al momento è l’unico organo direttamente eletto dai cittadini europei, ma che non ha, ad esempio, potere di iniziativa legislativa. Vorrebbe anche che la Francia scambiasse il suo seggio permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con un seggio europeo (cosa che difficilmente la Francia accetterà di fare), così come nelle altre organizzazioni internazionali. D66 è un affiliato dell’ALDE, il gruppo politico liberale europeo che dalla prossima legislatura non esisterà più ma creerà un gruppo più esteso assieme ai deputati che verranno eletti in Francia nelle liste del partito di Macron.

Anche il VVD, il partito liberale di Rutte, sederà nel nuovo ALDE, ma a differenza di D66 vorrebbe ridare maggior sovranità agli stati e limitarsi a migliorare la cooperazione fra di loro. Un tema molto importante per il VVD è l’immigrazione, verso cui l’Unione dovrebbe assumere un atteggiamento più deciso, ma anche meno burocratico.

I Verdi vanno molto forte nei paesi nel Nord Europa, e nei Paesi Bassi non sono da meno: al momento i sondaggi li danno all’11 per cento, al terzo posto dietro FvD e VVD. Vorrebbero creare una serie di misure di sostenibilità comuni in tutta l’UE, tra cui una rete ferroviaria comune per i treni ad alta velocità. Inoltre sono tra quei partiti che vorrebbero che i cittadini europei potessero scegliere tra liste di candidati europei, invece che nazionali, così come proporre direttamente le questioni su cui legiferare al Parlamento, un po’ come succede per i parlamenti nazionali dove i cittadini possono proporre una legge se raggiungono un numero abbastanza alto di firme.

Bas Eickhout, già europarlamentare per i verdi olandesi alla scorsa legislatura, è anche uno dei due candidati del gruppo politico europeo alla presidenza della Commissione Europea. Come ha detto al Guardian, a questo giro sono molto fiduciosi di riuscire ad ottenere un buon risultato a livello europeo e di essere quindi chiamati al tavolo delle trattative per determinare una nuova maggioranza in Parlamento. Al momento si stima che i due gruppi che hanno governato nelle ultime due legislatura, PPE e S&D, perderanno diversi seggi e avranno bisogno di nuovi alleati.

FvD, invece, dice che l’UE al momento è fondamentalmente “antidemocratica” e vorrebbe tenere un referendum sull’uscita dei Paesi Bassi: è rimasto uno dei pochi partiti euroscettici che puntano il loro programma sull’uscita dall’Unione, dopo tutto quello che sta passendo il Regno Unito per riuscirci.

Chi vincerà

Data la volatilità della politica olandese è difficile prevedere l’esito delle elezioni: ci si attende soprattutto un buon risultato dell’FvD, che è dato al 18 per cento e che quindi otterrà tra i 5 e i 6 deputati.

Il VVD segue FvD nei sondaggi con poco più del 15 per cento dei voti, che dovrebbero portargli tra i 4 e i 5 seggi. I Verdi sono invece all’11 per cento e riusciranno forse ad avere 4 seggi, mentre CDA e Laburisti sono in difficoltà, fermi tra il 9 e il 10 per cento: entrambi non riusciranno ad avere più di 3 deputati, che sideranno rispettivamente nel Partito popolare europeo (PPE) e nell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici (S & D).

Il risultato dipenderà anche dagli argomenti che domineranno le elezioni. Parlare del clima ha funzionato sia per FvD (che è scettico nei confronti delle responsabilità umane sul cambiamento climatico) sia per i Verdi, che invece chiedono misure ancora più ambiziose per contrastare il cambiamento climatico.

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Questo articolo fa parte di una serie di guide alle elezioni europee del 2019. Qui trovate tutte le altre pubblicate finora.