I 47 migranti della Sea Watch sono sbarcati

Per decisione della procura di Agrigento, che ha anche disposto il sequestro della nave: Salvini non sembra averla presa bene

(ANSA/FRANCESCO TERRACINA)
(ANSA/FRANCESCO TERRACINA)

Le 47 persone ancora a bordo della nave Sea Watch 3 – appartenente alla ong tedesca Sea Watch – sono state trasferite su un’imbarcazione delle Guardia Costiera per essere portate a Lampedusa, dopo un giorno passato in mare per mancanza di autorizzazione ad attraccare. Lo sbarco è stato possibile come conseguenza di un sequestro della nave disposto dalla procura di Agrigento ed eseguito dalla Guardia di Finanza, che ha agito in autonomia nonostante il ministro dell’Interno Matteo Salvini avesse più volte comunicato la sua opposizione. Una cosa simile era già successa in passato nel caso della nave Mare Jonio, il cui sbarco era stato permesso sempre dalla procura di Agrigento. Secondo i giornali, Salvini ha commentato: «la magistratura faccia come crede ma il Viminale continua e continuerà a negare lo sbarco».

La Sea Watch 3 aveva oltrepassato il limite delle acque territoriali italiane, infrangendo un divieto proveniente dal ministero dell’Interno. Sabato pomeriggio il capitano dell’imbarcazione aveva comunicato l’intenzione di entrare nelle acque territoriali dirigendosi verso il porto di Lampedusa, chiedendo la revoca del divieto di ingresso “per ragioni umanitarie che supererebbero le motivazioni della direttiva del ministero dell’Interno”. Ieri 18 migranti che erano stati salvati al largo della Libia (due neonati, cinque bambini piccoli con i loro genitori, otto donne e tre uomini) erano stati fatti sbarcare, e a bordo ne erano rimasti 47.

Venerdì il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva annunciato di aver dato indicazioni alla nave di fare rotta verso la Tunisia, ma in realtà l’ordine non era mai partito. «L’indicazione di dirigersi verso la Tunisia che sarebbe stata data dall’Italia alla Sea Watch 3, come annunciato con foga dal ministro dell’Interno Salvini nel ribadire la chiusura dei porti italiani, è in realtà solo un’ipotesi», aveva scritto Repubblica. «Il Viminale non ha alcun titolo per indicare alla nave un porto sicuro in un altro paese». In diversi altri casi simili avvenuti negli ultimi mesi, alla fine le imbarcazioni erano state fatte attraccare in Italia – i porti italiani sono aperti – e i migranti erano stati fatti sbarcare: il fatto che sia in corso l’ultima settimana di campagna elettorale, in tutto questo, aveva probabilmente complicato questo meccanismo.

La federazione delle chiese evangeliche italiane e quella delle chiese protestanti avevano offerto le proprie strutture per ospitare i migranti, mentre l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umaniaveva inviato una lettera (pdf) al governo italiano: conteneva molte preoccupazioni per il contenuto di una direttiva emanata dal ministero dell’Interno per interpretare in maniera ancora più restrittiva le norme che regolano i salvataggi in mare, dal momento che «le operazioni che hanno scopi di salvataggio non possono costituire una violazione delle legislazioni nazionali sull’immigrazione» e «dato che il governo italiano si rifiuta di mettere in pratica operazioni per proteggere la vita e la dignità umana, il ruolo delle organizzazioni umanitarie è indispensabile». La lettera proseguiva sostenendo che il ministero dell’Interno italiano volesse «criminalizzare tutti i migranti che si trovano in situazioni vulnerabili» con accuse di legami con criminalità e terrorismo che «non sono basate sui fatti», e che «l’uso strumentale della lotta al traffico di esseri umani» finisca per «contribuire a quello stesso traffico».

‏Matteo Salvini aveva risposto alla lettera criticando sbrigativamente l’ONU – «un organismo internazionale che costa miliardi di euro ai contribuenti, che ha come membri la Corea del Nord e la Turchia, regimi totalitari, e viene a fare la morale sui diritti umani all’Italia» – e ribadendo che non intendeva far attraccare la Sea Watch 3 in Italia né far sbarcare i migranti su altre imbarcazioni. «Come ministro dell’Interno ho detto: “costi quello che costi, questo barcone non attracca e questi immigrati non scendono”. Perché altrimenti non esiste più la legge. Adesso hanno chiesto alla Capitaneria di Porto di prenderli a bordo perché li facciamo scendere noi: col piffero».

La questione della Sea Watch 3 è resa ancora più attuale anche dalle discussioni attorno al cosiddetto “decreto sicurezza bis“, un nuovo decreto legge del quale circola una bozza che il ministro Salvini dice da giorni di voler portare in Consiglio dei ministri (prima si parlava di venerdì scorso, ora di lunedì). La bozza del decreto contiene misure per aumentare i poteri del ministro dell’Interno in materia di traffico navale e sbarchi dei migranti nei porti italiani (sottraendoli al ministero delle Infrastrutture), e pene molto severe per le ong e per i manifestanti che agiscono contro le forze dell’ordine.