Le famiglie sono scese dalla Sea Watch 3, ma 47 persone restano al largo

I bambini, i genitori e una donna ferita sono sbarcati a Lampedusa, mentre sugli altri il governo sta ancora litigando

L'arrivo in porto dei 18 migranti autorizzati a sbarcare. (ANSA/ELIO DESIDERIO)
L'arrivo in porto dei 18 migranti autorizzati a sbarcare. (ANSA/ELIO DESIDERIO)

La nave Sea Watch 3, che batte bandiera olandese e appartiene alla ong tedesca Sea Watch, ha fatto sbarcare a Lampedusa, in Italia, 18 persone che aveva salvato mercoledì al largo della Libia: sono due neonati e cinque bambini piccoli con i loro genitori, sette donne e tre uomini, insieme a una donna ferita. Le altre 47 persone salvate dalla Sea Watch 3 – tra cui un uomo disabile e una donna incinta – restano sulla nave, che non ha ancora avuto l’autorizzazione ad attraccare: come è spesso accaduto in questi mesi, la sua situazione è diventata un caso politico, col ministro dell’Interno Matteo Salvini che si oppone allo sbarco – senza strumenti per farlo – parlando di «porti chiusi», quando è chiaro a tutti gli osservatori che non può che finire come negli ultimi casi, cioè con la nave che sbarca in Italia. La nave si trova a 15 miglia da Lampedusa.

La Sea Watch 3 ha detto di aver recuperato i migranti a circa 60 chilometri dalle coste libiche, e che una motovedetta libica le aveva intimato di allontanarsi dalla costa libica (anche se difficilmente la ong avrebbe consegnato i migranti alla cosiddetta e controversa Guardia Costiera libica, più volte accusata di violenze e brutalità nei confronti delle persone che prende in custodia e che spesso si limita a riaccompagnare nei campi di detenzione gestiti dai trafficanti). Sea Watch ha descritto le persone che ha soccorso come esauste e disidratate.

Complice la campagna elettorale in vista delle europee del 26 maggio, e il momento di difficoltà politica della Lega dopo le ultime inchieste per corruzione, la posizione del ministro dell’Interno – e leader della Lega – si è fatta a parole pure più rigida che in passato: ieri Salvini ha annunciato di aver dato indicazioni alla nave di fare rotta verso la Tunisia, ma in realtà l’ordine non è mai partito. “L’indicazione di dirigersi verso la Tunisia che sarebbe stata data dall’Italia alla Sea Watch 3, come annunciato con foga dal ministro dell’Interno Salvini nel ribadire la chiusura dei porti italiani, è in realtà solo un’ipotesi”, ha scritto Repubblica. “Il Viminale non ha alcun titolo per indicare alla nave un porto sicuro in un altro paese”.

La legge impone al paese col più vicino “porto sicuro” di lasciar attraccare la nave, e quel paese è indubbiamente l’Italia. Luigi Di Maio, vicepresidente del Consiglio e leader del Movimento 5 Stelle, ha risposto alle dichiarazioni di Salvini dicendo: «Non posso commentare la prepotenza e l’arroganza di questo tipo, che ricorda Renzi quando gli chiedevano di far dimettere la Boschi. Una cosa è certa: questa prepotenza aumenta, soprattutto sull’immigrazione, quando la Lega è in difficoltà con gli scandali di corruzione. Non ci sto a rappresentare questo grande stratagemma per distrarre dall’emergenza del Paese che non è in questo momento l’immigrazione, ma la corruzione».