La situazione della Sea Watch 3

La nave olandese dell'ong tedesca ieri ha soccorso 65 persone, ma – di nuovo – per ora non si trova un porto sicuro in cui farle sbarcare

EPA/CHRIS GRODOTZKI / SEA-WATCH.ORG
EPA/CHRIS GRODOTZKI / SEA-WATCH.ORG

Le 65 persone soccorse ieri al largo della Libia continuano a trovarsi sulla nave Sea Watch 3, che batte bandiera olandese e appartiene alla ong tedesca Sea Watch. I migranti sono stati soccorsi ormai da più di 24 ore, ma ancora non si sa dove e nemmeno quando saranno fatti sbarcare. L’ong Sea Watch ha detto che tra loro ci sono una persona disabile e sette bambini, due dei quali con meno di 6 mesi di età.

Come tante altre volte negli ultimi mesi, l’Italia e altri paesi europei si stanno rifiutando di farsi carico dello sbarco e dell’accoglienza dei migranti. È quindi un caso simile, tra i tanti altri, a quello di inizio 2019 che riguardò i 47 migranti a bordo, anche allora, della Sea Watch 3. I migranti restarono a bordo della nave per due settimane, prima di essere fatti sbarcare a Catania (e prima che alla nave fosse impedito per diversi giorni di tornare in mare aperto). È uno dei casi per i quali il ministro dell’Interno Matteo Salvini è stato indagato per sequestro di persona.

La Sea Watch 3 ha detto di aver recuperato i migranti a circa 60 chilometri dalle coste libiche e per il momento non è chiaro dove si trovi: in un tweet pubblicato giovedì sera ha fatto sapere di essere «a poche miglia dalle nostre coste».

In mattinata Sea Watch aveva fatto sapere di aver chiesto alle autorità europee un porto sicuro e di essere ancora in attesa di «istruzioni in merito». La ong aveva aggiunto che all’alba una motovedetta libica si era avvicinata intimando alla nave di allontanarsi dalla costa libica, anche se difficilmente la ong avrebbe consegnato i migranti alla cosiddetta e controversa Guardia Costiera libica, più volte accusata di violenze e brutalità nei confronti delle persone che prende in custodia e che spesso si limita a riaccompagnare nei campi di detenzione gestiti dai trafficanti.

Sea Watch ha descritto le persone che ha soccorso come esauste e disidratate, con donne e bambini che per via dello spazio ridotto dormono in un’unica stanza mentre gli uomini dormono tutti sul ponte. Sea Watch ha anche parlato di «casi di ustioni gravi dovuti alla miscela di carburante e acqua del mare», una situazione molto frequente tra i migranti e che riguarda soprattutto le donne, che di solito vengono fatte accovacciare al centro dei gommoni tenendo gli uomini a cavalcioni sui bordi.

La più recente comunicazione del ministro degli Interni italiano, Matteo Salvini, in merito alla situazione della Sea Watch 3 è stata in linea con tutte quelle degli ultimi mesi: «Ho appena firmato una DIFFIDA ad avvicinarsi alle acque territoriali italiane. I nostri porti sono, e rimangono, chiusi». In realtà, come è noto da tempo, i porti italiani sono aperti, e navi che soccorrono migranti sono state più volte accolte nei porti italiani anche nelle ultime settimane.

Qualche giorno fa Salvini aveva anche annunciato un nuovo “decreto sicurezza” che, nella sua bozza, parla di un aumento dei poteri del ministro dell’Interno in materia di traffico navale e sbarchi dei migranti nei porti italiani, sottraendoli al ministero delle Infrastrutture; il decreto prevederebbe pene molto severe per le ong e per i manifestanti che agiscono contro le forze dell’ordine.

In tutto il 2019 dalla Libia sono sbarcate in Italia circa 1.100 persone, mentre più o meno altrettante sono state riportate in Libia. Le morti registrate in quel tratto di mare sono state circa 300.