Matteo Salvini è di nuovo indagato per sequestro di persona

Per non avere autorizzato per giorni lo sbarco dei migranti a bordo della nave Sea Watch 3, alla fine di gennaio

Matteo Salvini (Andreas Gebert/Getty Images)
Matteo Salvini (Andreas Gebert/Getty Images)

Il ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini, è stato nuovamente iscritto nel registro degli indagati per il reato di sequestro di persona riferito a un episodio risalente alla settimana compresa tra il 24 e il 30 gennaio scorso. L’accusa si riferisce alla decisione del governo di non autorizzare per giorni lo sbarco di 47 migranti a bordo della nave Sea Watch 3 della ong tedesca Sea Watch, bloccata a circa un miglio dalle coste della Sicilia. La notizia è stata data dallo stesso Salvini, che ha detto che la procura distrettuale di Catania gli ha comunicato di avere trasferito gli atti del procedimento penale al tribunale dei ministri, l’organo al quale spetta la prima decisione se procedere o meno con le indagini (il tribunale dei ministri è un organo particolare: esiste in ogni distretto di Corte d’appello ed è composto da tre magistrati sorteggiati ogni due anni). Salvini ha aggiunto che la procura generale ha chiesto l’archiviazione del caso.

Riguardo alle nuove accuse, Salvini ha detto: «Ci risiamo. E’ la nave olandese che è intervenuta in acque libiche. Se n’è fregata dell’alt e delle indicazioni del governo olandese di andare in Tunisia e ha messo a rischio la vita delle decine di migranti a bordo per arrivare in Italia con un gesto politico». Le cose in realtà non sono andate come sostiene Salvini: la Sea Watch 3 ha dimostrato di avere tentato di mettersi in contatto con la cosiddetta Guardia costiera libica e con le autorità olandesi, senza però ricevere risposta (qui la ricostruzione di quanto successo).

Salvini era già stato accusato di sequestro di persona per il caso della nave Diciotti. Anche in quel caso, la procedura era arrivata al tribunale dei ministri di Catania, che per poter rinviare a giudizio Salvini aveva dovuto chiedere l’autorizzazione a procedere alla sua camera di appartenenza, il Senato. Il 20 marzo, però, il Senato aveva negato l’autorizzazione a procedere, grazie ai voti di Lega, Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Fratelli d’Italia.