I migranti sulla Mare Jonio sono sbarcati
La nave è stata fatta entrare nel porto di Lampedusa, ma è stata messa sotto sequestro ed è stata aperta un'inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina
Le 49 persone che si trovavano a bordo della nave Mare Jonio sono sbarcate martedì sera nel porto di Lampedusa, dove la nave è potuta entrare dopo diverse ore di attesa. La Guardia di Finanza ha però già sequestrato la nave, di proprietà della ong italiana Mediterranea, e la procura di Agrigento ha aperto un’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al momento contro ignoti. La Mare Jonio, che batte quindi bandiera italiana, aveva salvato 49 migranti a largo delle coste della Libia lunedì sera, ma finora il governo italiano si era rifiutato di permettere alla nave di attraccare in un porto italiano.
Inizia lo sbarco. I porti sono aperti, come prevede la legge. #MareJonio #SavingHumans @RescueMed pic.twitter.com/ST7hITZRae
— Erasmo Palazzotto (@EPalazzotto) March 19, 2019
I migranti erano stati soccorsi al largo delle coste della Libia. Come già accaduto diverse volte negli ultimi mesi, però, il governo italiano inizialmente non aveva reso disponibili i propri porti: ieri sera il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva commentato la notizia dicendo che «i porti erano e rimangono chiusi», mentre nelle prime ore di stamattina la Guardia di Finanza aveva vietato alla nave l’ingresso nelle acque italiane. Il sindaco di Lampedusa Totò Martello però aveva detto all’AGI che il governo non lo aveva informato delle condizioni della nave, e che il porto dell’isola restava aperto. Durante la giornata di oggi, poi, Salvini aveva anche detto che i responsabili della nave – che lui chiama «nave dei centri sociali» – dovevano essere «arrestati», altra cosa che non è avvenuta. Nella notte tra martedì e mercoledì il comandante della nave Pietro Marrone è dovuto andare in caserma della Guardia di Finanza, ma poi se ne è potuto andare: non ci sono indagati per ora, scrive Repubblica.
#migranti UPDATE/7 via Radio Radicale 20:12 🔴 #MAREJONIO sulla banchina 'Cavallo Bianco'. Sul posto Frontex, forze dell'ordine di tutti i corpi d'armata, CISOM, sanità ASP PA. Operatori umanitari: Mediterranean Hope e Forum Lampedusa Solidale. Non si vedono ancora UNHCR e OIM. pic.twitter.com/6MfTmiG5ub
— Sergio Scandura (@scandura) March 19, 2019
Secondo quanto raccontato dall’equipaggio di Mare Jonio, le operazioni di soccorso sono avvenute a 42 miglia nautiche (circa 77 chilometri) dalle coste libiche. I migranti si trovavano a bordo di un gommone che imbarcava acqua. Poco dopo l’inizio delle operazioni sul posto è arrivata anche la cosiddetta Guardia Costiera libica con cui però «non c’è stata alcuna tensione», secondo quanto detto al Corriere della Sera da Luca Casarini, storico attivista di sinistra e capo della missione Mare Jonio. Sempre secondo il Corriere tra le persone soccorse ci sono 12 minori, e diverse che soffrono di disidratazione.
Una direttiva diffusa proprio ieri sera dal ministero dell’Interno (PDF) ha messo per iscritto l’approccio che il governo sta applicando da circa un anno a questo genere di situazioni. Nella direttiva c’è scritto che le operazioni di soccorso condotte in zone SAR (cioè di ricerca e salvataggio) che non appartengono all’Italia e il cui comando è stato preso da autorità non italiane – cioè sostanzialmente quelle della Libia – non potranno concludersi in Italia, perché mettono a rischio «il buon ordine e la sicurezza dello stato costiero in quanto finalizzate all’ingresso di persone in violazione delle leggi di immigrazione nello Stato costiero».
In realtà la questione non è così semplice. Gli studiosi del diritto marittimo e internazionale sono piuttosto concordi nel separare la questione delle zone SAR e delle operazioni di soccorso da quelle di sbarco: dato che la Libia non può essere considerata un porto sicuro di sbarco, l’interpretazione più condivisa delle leggi internazionali prevede che una nave che soccorre delle persone nei pressi delle sue coste debba sbarcarle altrove, in un posto che garantisca assistenza adeguata e rispetto dei diritti umani. Nella stragrande maggioranza dei casi quel posto è l’Italia, dato che si trova a poche centinaia di miglia nautiche dalle acque libiche. Dal punto di vista giuridico, inoltre, è piuttosto difficile dimostrare che lo sbarco di una cinquantina di persone in cattive condizioni di salute rappresenti una minaccia per «il buon ordine e la sicurezza dello stato».
Peraltro, il caso della Mare Jonio è ancora più peculiare: la nave batte bandiera italiana – a differenza della maggior parte delle altre ong che operano nel Mediterraneo – e per questa ragione sarebbe stato ancora più complicato tenerla alla larga delle coste italiane.
Nei primi mesi del 2019, complici diversi fattori, gli sbarchi in Italia dal Nord Africa sono diminuiti moltissimo rispetto al 2018: in tutto sono arrivate 335 persone, contro le 5.945 dell’anno scorso. In compenso la rotta è diventata sempre più pericolosa, in proporzione: negli ultimi mesi nella stessa tratta si stima che siano morte 153 persone, a fronte delle 358 morte nello stesso periodo del 2018.