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  • Venerdì 3 maggio 2019

Ci vorrà ancora un po’ per il governo in Spagna

Devono vedersela Pedro Sanchez e Pablo Iglesias, ma è difficile che si decida qualcosa prima delle elezioni europee e amministrative di fine maggio

Un uomo davanti a un cartellone elettorale del PSOE. (Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images)
Un uomo davanti a un cartellone elettorale del PSOE. (Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images)

Con ogni probabilità bisognerà aspettare fino a dopo le elezioni europee del 26 maggio per capire come si risolverà lo stallo politico seguito alle elezioni spagnole di domenica scorsa. La questione da risolvere è che accordo troveranno il Partito Socialista (PSOE) di Pedro Sanchez e Unidas Podemos, la lista di sinistra guidata da Pablo Iglesias: sono le due forze che più naturalmente possono allearsi per formare la maggioranza (quasi, in realtà: ci arriviamo) che nessun partito ha raggiunto da solo alle elezioni. Ma entrambi i partiti hanno parecchio da perdere da una trattativa condotta male, come spiega El Paìs, e per questo sarà un negoziato lento.

Con il 28,7% e 123 seggi, il PSOE di Sanchez ha vinto le elezioni per la prima volta dal 2011. I Socialisti hanno guadagnato 38 seggi e sono venuti fuori da una crisi che sembrava irreversibile, ma non si sono avvicinati alla soglia dei 176 seggi, quelli necessari per la maggioranza. Sanchez può ragionevolmente puntare a presiedere il prossimo governo spagnolo, e secondo El Paìs vorrebbe fosse un governo di minoranza, ma Iglesias ha già detto di non voler concedere i suoi 42 voti senza niente in cambio.

Rispetto alle ultime elezioni, Unidas Podemos ha perso 29 seggi, tantissimi: la convinzione nel partito è che la perdita di consensi sia stata dovuta al sostegno dato al governo Sanchez negli ultimi mesi. El Paìs fa l’esempio della legge sullo stipendio minimo di 900 euro mensili: una misura nata grazie all’iniziativa di Podemos, ma che alla fine è stata percepita da molti come un provvedimento del governo Sanchez.

Per questo, in cambio del suo sostegno a un nuovo governo, Iglesias vuole dei ministri e voce in capitolo sulla composizione del governo. Sanchez, da parte sua, crede che la forza del suo governo fin qui sia stata proprio l’armonia tra i ministri, che si era scelto da solo, e non vorrebbe perdere questo tipo di controllo. Le trattative si terranno su queste basi, e la loro riuscita dipenderà probabilmente da quanto saranno disposti a concedere i due leader: tenendo presente che comunque Sanchez dovrà coinvolgere altri partiti più piccoli, come i nazionalisti baschi e quelli delle Canarie, e forse perfino gli indipendentisti catalani: i quali chiederanno a loro volta in cambio qualcosa, seppur in misura più limitata.

I rapporti tra il PSOE e Podemos sono stati ottimi, negli ultimi mesi: la collaborazione nella maggioranza è stata tranquilla e produttiva, e i due partiti sono perfino riusciti ad approvare una complicata legge di bilancio, poi affossata dagli indipendentisti catalani. Questo rende la coalizione tra i due partiti la più probabile per il prossimo governo: anche perché il partito di centrodestra Ciudadanos, che con i suoi 57 deputati rappresenta la principale alternativa a Podemos per i Socialisti, ha già escluso categoricamente un’alleanza con il PSOE.

Podemos, secondo El Paìs, sa che non può non appoggiare il governo Sanchez, perché i suoi elettori non ne capirebbero il motivo. La Spagna poi arriva da anni di governi brevi, instabili o proprio assenti – tra il 2015 e il 2016 ci furono due elezioni a distanza di sei mesi, perché non si era riusciti a formare un governo – e difficilmente nuove incertezze e ritardi sarebbero ben graditi. C’è da vedere quanto riuscirà a ottenere Iglesias sulla base di queste premesse.

Ma al momento è in corso quella che El Paìs descrive come una pausa. Dopo le elezioni c’è stata la settimana con il ponte del primo maggio, e molti politici sono andati in vacanza. Nel frattempo è cominciata la campagna elettorale in vista del 26 maggio, quando in Spagna ci saranno, oltre alle elezioni europee, anche quelle amministrative, con le quali si rinnoveranno tra le altre cose i parlamenti regionali di 12 delle 17 comunità autonome spagnole e migliaia di sindaci. Anche se la politica nazionale spagnola segue regole molto diverse da quelle delle sue molte e variegate comunità locali, il risultato di quelle elezioni potrebbe influire sui rapporti di forza con cui il PSOE e Podemos si presenteranno alle trattative per il governo. La stessa cosa, e anzi ancora di più, vale per il risultato delle europee. Se non altro, nessuno dei due partiti sembra intenzionato a dedicarsi a quelli che potrebbero essere lunghi e faticosi negoziati nel mezzo di una campagna elettorale.