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  • Lunedì 4 marzo 2019

Dove finirà Shamima Begum?

Nel 2015 una quindicenne britannica si unì all'ISIS in Siria e sposò un combattente olandese: ora vorrebbe tornare a casa ma le è stata tolta la cittadinanza

Shamima Begum in un'intervista data a Sky News nel 2019
Shamima Begum in un'intervista data a Sky News nel 2019

Nel febbraio del 2015 i giornali di mezza Europa raccontarono la storia di tre adolescenti britanniche che avevano deciso di scappare in Siria per unirsi allo Stato Islamico (o ISIS). Le televisioni mostrarono le immagini girate dalle telecamere a circuito chiuso all’aeroporto londinese di Gatwick, dove si vedevano le tre ragazze passare i controlli di sicurezza prima di prendere un aereo diretto verso la Turchia, e poi a Istanbul, in attesa di salire un autobus per arrivare in Siria. La storia colpì molto l’opinione pubblica britannica e diversi analisti provarono a spiegare il motivo di una fuga tanto improvvisa e in apparenza poco comprensibile. Una delle tre adolescenti, che erano amiche e secondo le famiglie non avevano dato segni evidenti di radicalizzazione, era Shamima Begum, di 15 anni.

Oggi Begum si trova al centro di un caso molto complicato, sia dal punto di vista legale che politico: è sotto il controllo dei curdi, in Siria, ma il Regno Unito le ha tolto la cittadinanza e non è chiaro cosa sarà di lei. Quella di Begum è una vicenda importante anche per capire quale sarà la sorte di molti altri foreign fighters: cittadini europei che hanno combattuto con l’ISIS e vorrebbero tornare a casa, soprattutto ora che è iniziata la battaglia per conquistare l’ultimo territorio ancora sotto il controllo dell’ISIS in Siria.

Kadiza Sultana, Shamima Begum e Amira Abase all’aeroporto di Gatwick, vicino Londra (AP Photo/Metropolitan Police)

Shamima Begum, che oggi ha 19 anni, si radicalizzò su Internet e fu aiutata ad andare in Siria da Aqsa Mahmoud, 20enne scozzese di Glasgow, considerata una delle reclutatrici più attive dell’ISIS.

Pochi giorni dopo il suo arrivo a Raqqa, la capitale siriana del cosiddetto “Califfato Islamico”, Begum si sposò con un foreign fighter olandese, Yago Riedijk, che allora aveva 23 anni e con cui ebbe tre figli, due dei quali sono morti. In un’intervista data domenica al giornalista britannico Quentin Sommerville, corrispondente di BBC in Medio Oriente, Riedijk ha detto che all’inizio ebbe dei dubbi a sposare Begum, perché lei era molto più giovane di lui: poi però si convinse, perché lei «era cosciente» di quello che stava facendo. Riedijk, detenuto oggi in una prigione curda, ha aggiunto: «Fu una sua scelta, aveva chiesto di avere un partner, e a me era stato proposto di diventarlo».


Sia Begum che Riedijk vorrebbero tornare nei loro paesi di provenienza, ma non è facile, e nelle ultime due settimane la situazione di Begum si è oltremodo complicata. Il 19 febbraio, infatti, il Regno Unito ha annunciato di avere tolto a Begum la cittadinanza britannica.

Una portavoce del ministero dell’Interno ha spiegato che il governo ha potuto prendere una decisione del genere perché era in ballo la sicurezza nazionale e perché Begum non sarebbe rimasta senza stato, visto che avrebbe potuto sfruttare la cittadinanza bengalese della madre e ottenere così il passaporto del Bangladesh. Poco dopo, però, il Bangladesh ha specificato di non avere alcuna intenzione di dare la cittadinanza a Begum, che ora si trova in una specie di limbo legale.

Dopo la decisione del governo britannico su Begum, nel Regno Unito è iniziato un dibattito che ha coinvolto tutte le forze politiche del Parlamento. Jeremy Corbyn, leader dei Laburisti, ha detto: «È nata nel Regno Unito, ha il diritto di rimanere nel Regno Unito. Certamente ci sono diverse domande a cui deve rispondere, ma ora ha bisogno di appoggio». Corbyn, insieme a diversi altri politici dell’opposizione, ha sostenuto che sia responsabilità del Regno Unito farsi carico di Begum ed eventualmente processarla per i crimini commessi. Il governo, però, si è detto in disaccordo, anche per alcune frasi che la stessa Begum aveva pronunciato in una recente intervista a Sky News.

Begum ha sostenuto che all’inizio vivere nel Califfato Islamico era bello, era come l’ISIS lo raccontava nei suoi video di propaganda, anche se poi le cose si sono complicate con la sconfitta di Raqqa: «Avevi avuto qualche rimorso prima di quel momento?», le ha chiesto il giornalista di Sky News; «No», ha risposto lei, che ha aggiunto di non avere mai avuto problemi con le atrocità compiute dall’ISIS, tra cui le decapitazioni.


Durante l’intervista data domenica a BBC, Yago Riedijk, marito di Begum, ha ipotizzato che sia lui che lei potrebbero andare a vivere nei Paesi Bassi, visto che il governo olandese finora non gli ha tolto la cittadinanza. Anche questa soluzione, però, potrebbe comportare diversi problemi.

I Paesi Bassi potrebbero anzitutto non riconoscere come valido il matrimonio tra Begum e Riedijk, visto che quando fu celebrato lei aveva un’età al di sotto di quella minima prevista dalla legge olandese. Inoltre, ha notato la corrispondente di BBC Anna Holligan, un eventuale permesso di soggiorno potrebbe esserle negato anche a causa dei presunti reati commessi andando in Siria, tema sul quale il governo olandese ha mostrato di essere particolarmente sensibile. Di recente, infatti, il dipartimento di Giustizia dei Paesi Bassi ha ribadito la pericolosità delle donne jihadiste di ritorno dalla Siria e ha sottolineato come molte di loro, nonostante non abbiano ricevuto addestramento militare e non abbiano attivamente combattuto, rappresentino una «minaccia potenziale di lungo termine» a causa della loro esposizione prolungata all’ideologia dell’ISIS. Secondo le stime del governo, i foreign fighters olandesi dell’ISIS ancora in Siria sono circa 135. Non si sa quanti siano quelli che vogliono tornare nei Paesi Bassi, ma il governo li ha avvisati di non aspettarsi alcun aiuto, e la scorsa settimana ha tolto la cittadinanza a uno di loro, Outhmane B.

Shamima Begum non è l’unica cittadina europea a essere andata in Siria per unirsi all’ISIS e a voler tornare indietro contro il parere del proprio governo. Quella del ritorno dei foreign fighters è una questione di cui si parla da tempo e a cui non è ancora stata trovata una soluzione. Il problema è che nessuno li vuole: i curdi non hanno le risorse e nemmeno la volontà di mettere in piedi processi per i centinaia di foreign fighters dell’ISIS che si trovano nelle loro prigioni, mentre i paesi di provenienza temono di non avere legislazioni adeguate per assicurarne una condanna.

Non si sa dove si trovi esattamente Begum ora. Fino a qualche giorno fa era al campo profughi di al Hol, nel nord della Siria, ma le autorità curde hanno deciso di spostarla dopo che aveva ricevuto alcune minacce. Begum ha partorito il suo terzo figlio nel campo e l’ha chiamato Jarrah, come il suo primo figlio che è morto a causa di una malattia. Riedijk si trova in una prigione curda nel nordest della Siria: se dovesse tornare nei Paesi Bassi, rischierebbe fino a sei anni di carcere.