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  • Sabato 2 febbraio 2019

Il nuovo meccanismo europeo per aggirare le sanzioni statunitensi all’Iran

È stato avviato da Francia, Germania e Regno Unito per non far affossare l'accordo sul nucleare iraniano, ma avrà efficacia limitata

Il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente iraniano Hassan Rouhani a New York il 18 settembre 2017 (LUDOVIC MARIN/AFP/Getty Images)
Il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente iraniano Hassan Rouhani a New York il 18 settembre 2017 (LUDOVIC MARIN/AFP/Getty Images)

Francia, Germania e Regno Unito hanno avviato un nuovo meccanismo per permettere alle proprie aziende di fare affari con l’Iran senza incorrere nelle sanzioni statunitensi: si chiama Special Purpose Vehicle (SPV) ed è stato progettato con lo scopo di convincere il governo iraniano a non affossare l’accordo sul nucleare concluso nel 2015. La sopravvivenza dell’accordo era stata messa in pericolo lo scorso maggio, quando gli Stati Uniti avevano annunciato il loro ritiro dall’intesa e la successiva reintroduzione delle sanzioni statunitensi all’Iran. I paesi europei si erano detti in disaccordo con la decisione presa dal presidente americano Donald Trump, e per questo avevano cominciato a lavorare sull’istituzione del SPV.

Il problema di fondo è che la capacità delle aziende europee di fare affari con l’Iran, a differenza di quello che si potrebbe pensare, non dipende solo dalla volontà di Europa e Iran. Gli Stati Uniti hanno un strumento formidabile di condizionamento, al di là delle pressioni politiche: ovvero l’extraterritorialità delle proprie sanzioni.

Le sanzioni statunitensi sono fatte da due componenti. C’è una componente primaria che si applica a cittadini e aziende americane, a cui è imposto il divieto di commerciare e di utilizzare i conti di particolari individui del paese che si vuole colpire, in questo caso l’Iran. C’è poi una componente secondaria, extraterritoriale, che si rivolge a soggetti non americani: prevede che qualsiasi società, ovunque abbia la sede, debba rispettare le sanzioni americane quando vengono usati i dollari per compiere le transazioni (cioè quasi sempre) e quando le stesse aziende hanno succursali negli Stati Uniti o sono controllate da americani. Il risultato è che negli ultimi mesi praticamente tutte le grandi aziende europee che avevano ricominciato a fare affari con l’Iran hanno smesso, per paura di vedere danneggiati i loro interessi negli Stati Uniti.

L’SPV è stato realizzato da parte europea creando l’Instrument in Support of Trade Exchanges, o INSTEX, registrato in Francia e diretto dal banchiere tedesco Per Fischer, ex direttore di Commerzbank, la seconda banca più grande della Germania. Francia, Regno Unito e Germania, che devono ancora stabilire un budget e definire le regole, sono gli azionisti di INSTEX. Per funzionare, l’Iran dovrà ora mettere in piedi un meccanismo simile per gestire le transazioni per conto delle aziende iraniane. Come aveva scritto l’ISPI qualche mese fa, il funzionamento dell’SPV si basa sulla permuta, «per esempio l’invio di petrolio iraniano a società francesi, che permetterebbe a Teheran di accumulare credito da impiegare poi per pagare altre società europee per beni importati in Iran». In questo modo non c’è scambio diretto di denaro né nel sistema finanziario SWIFT [la Società per le telecomunicazioni interbancarie che gestisce i bonifici internazionali, con sede a Bruxelles] né in banche iraniane colpite da sanzioni.

Come ha detto anche il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, l’SPV è per lo più «un atto politico. È un gesto per proteggere le compagnie europee» e rassicurare il governo iraniano del moderato Hassan Rouhani. INSTEX, infatti, avrà probabilmente efficacia limitata e difficilmente verrà usato per fare transazioni significative. Le più grandi aziende europee interessate al mercato iraniano hanno già detto che non torneranno in Iran fino a che saranno in vigore le sanzioni degli Stati Uniti.

È difficile dire ora se e quanto funzionerà l’SPV, e se sarà giudicato dal governo iraniano sufficientemente efficace e utile per continuare a tenere in piedi l’accordo sul nucleare, nonostante il ritiro americano. Certamente l’avvio di INSTEX non arriva nel momento migliore dei rapporti tra Iran e UE. A gennaio l’UE aveva imposto le sue prime sanzioni all’Iran dalla firma del trattato sul nucleare iraniano, in risposta ai test su missili balistici e ai tentati attentati in territorio europeo contro iraniani invisi al regime di Teheran. Lo stesso ministro degli Esteri britannico Jeremy Hart ha detto: «Parliamoci chiaro. Questo impegno [l’SPV, ndr] non ci preclude in alcun modo di prendere provvedimenti verso le attività ostili e destabilizzanti dell’Iran».