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  • Lunedì 28 gennaio 2019

(Quasi) nessuno vuole suonare al Super Bowl

Una volta era uno dei più grandi traguardi per un artista pop, oggi per molti artisti è una specie di guaio da cui stare alla larga

Il concerto di Justin Timberlake all'ultimo Super Bowl (ANGELA WEISS/AFP/Getty Images)
Il concerto di Justin Timberlake all'ultimo Super Bowl (ANGELA WEISS/AFP/Getty Images)

Il 3 febbraio 2019 ci sarà la 53esima edizione del Super Bowl, la finale del campionato di football americano (NFL) e uno degli eventi sportivi più seguiti del pianeta: a causa dei recenti problemi di immagine della NFL, però, nati soprattutto dopo le proteste antirazziste del giocatore Colin Kaepernick, l’atteso concerto dell’intervallo sarà meno atteso del solito, perché molti artisti a cui è stato proposto hanno rifiutato.

Il Super Bowl è una specie di quintessenza dello spettacolo americano: c’è una partita di football di altissimo livello e molto sentita, confezionata in un enorme carrozzone di sponsor e fuochi artificiali che lo rendono un programma televisivo come pochi altri, seguito da oltre 100 milioni di persone. Ci sono le famose pubblicità, per esempio, ma soprattutto c’è il concerto dell’intervallo: un’esibizione di circa mezz’ora che, dagli anni Novanta in poi, ha visto come protagonista ogni anno uno degli artisti più in voga del momento. Justin Timberlake (compresa la volta del famigerato incidente di Janet Jackson), Lady Gaga, Coldplay, Beyoncé, Katy Perry e Bruno Mars sono stati alcuni degli ultimi a esibirsi, ma nella storia hanno cantato al Super Bowl anche Bruce Springsteen, Prince, i Rolling Stones, Paul McCartney, gli U2 e Michael Jackson.

Normalmente, l’artista che si esibisce al concerto dell’intervallo del Super Bowl è annunciato con mesi d’anticipo: quest’anno invece l’annuncio che a suonare saranno i Maroon 5 è arrivato solo a metà gennaio, ed è stato subito seguito da una petizione online per chiedere alla band di rifiutarsi. Sul palco si aggiungerà anche Travis Scott, un giovane e famoso rapper afroamericano che, nel tentativo di tenere buoni i propri fan, ha detto che come parte del suo contratto la NFL donerà 500mila dollari a un’organizzazione che si occupa di ingiustizie sociali.

Da quando Colin Kaepernick, nel 2016, cominciò a inginocchiarsi durante l’inno nazionale per protestare contro il razzismo negli Stati Uniti, la NFL ha avuto grossi problemi di immagine: allo scadere del contratto con la sua squadra, infatti, nessun’altra società ingaggiò Kaepernick, nonostante fosse considerato un quarterback molto forte. Kaepernick è da allora senza contratto, e ha accusato la lega di essere stata complice in questa sua esclusione. Le polemiche contro la NFL sono aumentate quando l’anno scorso decise di imporre ai giocatori di stare in piedi durante l’inno (obbligo poi sospeso).

Molte persone famose, soprattutto afroamericane, sono state solidali con Kaepernick: è il caso di Rihanna e Cardi B, due tra i più importanti artisti hip hop del mondo, che hanno rifiutato di esibirsi nell’intervallo del Super Bowl. Lo stesso, a quanto sembra, ha fatto il rapper Jay Z, che ne parla nella sua recente canzone “Ape****”. Nonostante l’annuncio della donazione, Scott è stato criticato da molti suoi fan, soprattutto dopo che Kaepernick aveva smentito che i due si fossero consultati.

Non è chiaro quanti artisti abbiano rifiutato la proposta di esibirsi. Il Super Bowl si terrà ad Atlanta, in Georgia, una città che negli ultimi anni è stata il centro della scena rap e trap mondiale: per questo in molti si sono chiesti a quanti rapper locali la NFL abbia proposto di esibirsi, tra i molti e famosi disponibili. Ce ne sarà in ogni caso solo uno: Big Boi, famoso soprattutto per essere stato un membro degli Outkast. In molti hanno notato le contraddizioni di far suonare una band pop-rock ormai sulle scene da più di un decennio, i Maroon 5, in una delle città più importanti e prolifiche per quanto riguarda il genere musicale che domina tutte le classifiche da alcuni anni, l’hip hop. Questa polemica contiene anche un’accusa più o meno esplicita a sfondo razziale: i Maroon 5, dicono i critici che riconducono il problema a una questione identitaria, sono bianchi e fanno musica ascoltata prevalentemente da bianchi, mentre Atlanta è una città a maggioranza afroamericana (e ovviamente sono afroamericani la stragrande maggioranza dei rapper locali).

Per la prima volta da quando si è definito nella sua forma attuale, perciò, lo spettacolo dell’intervallo del Super Bowl sarà una cosa un po’ diversa da uno dei momenti della cultura pop più attesi dell’anno. E soprattutto, quello che normalmente è uno degli apici della carriera di un cantante pop è diventato per molti degli artisti che dominano le classifiche musicali qualcosa da cui tenersi alla larga, una fonte di molte seccature dal punto di vista delle pubbliche relazioni. Le critiche ricevute da Travis Scott hanno probabilmente rinforzato queste preoccupazioni.