Oggi il governo deve rispondere alla Commissione Europea

Oggi è l'ultimo giorno per rispondere alla Commissione Europea che chiede di modificare la legge di bilancio: il governo dovrà decidere se cercare di mediare o andare allo scontro totale

Il ministro dell'Economia Giovanni Tria (sinistra) e il Commissario agli Affari economici Pierre Moscovici (AP Photo/Gregorio Borgia)
Il ministro dell'Economia Giovanni Tria (sinistra) e il Commissario agli Affari economici Pierre Moscovici (AP Photo/Gregorio Borgia)

Entro la mezzanotte il governo italiano dovrà decidere se fare delle concessioni alla Commissione Europea che ha chiesto di modificare la legge di bilancio oppure se procedere sulla strada che probabilmente porterà a un nuovo scontro con le autorità europee. La decisione sarà presa nel tardo pomeriggio, quando il ministro dell’Economia Giovanni Tria, favorevole a trattare, si incontrerà con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e con i capi della maggioranza Luigi Di Maio e Matteo Salvini, i quali hanno fatto sapere di non essere molto inclini a fare concessioni.

Il problema è che la legge di bilancio viola in maniera plateale numerose regole di bilancio europee e il governo non ha fatto quasi nessun tentativo di trovare una mediazione. La Commissione Europea, che è incaricata di farle rispettare, ha fatto numerose contestazioni alla legge di bilancio italiana, la più grave delle quali è che non porterà a una riduzione dell’enorme debito pubblico italiano, ma anzi, con ogni probabilità lo farà aumentare. Per questa ragione, la Commissione ha minacciato di aprire nei confronti dell’Italia una “procedura per debito eccessivo” che nel peggiore dei casi potrebbe concludersi con una serie di sanzioni economiche nei confronti del nostro paese. Ma la Commissione contesta anche il deficit previsto dalla legge, perché troppo alto, e le previsioni macroeconomiche contenute nei documenti governativi, perché troppo ottimiste.

Il governo, infatti, ha scritto che il deficit sarà il 2,4 per cento del PIL, il triplo di quanto era stato promesso dal governo precedente, mentre la crescita economica, sostiene, raggiungerà l’1,5 per cento nel corso del 2019. Secondo la Commissione invece il deficit arriverà al 2,9 per cento, poco sotto il limite massimo del 3 per cento stabilito dai trattati europei, mentre la crescita non sarà superiore all’1,2 per cento. Il governo, compreso il ministro dell’Economia Tria, ha contestato queste stime, accusandole di essere troppo pessimistiche.

Nonostante le critiche alle stime della Commissione, sin dalla sua nomina Tria continua a spingere affinché il governo tenti di realizzare un qualche tipo di compromesso. Già a settembre, ad esempio, Tria prometteva che il deficit per il 2019 non sarebbe stato superiore all’1,6 per cento (il massimo livello ritenuto accettabile dalla Commissione), ma era stato costretto ad alzarlo fino al 2,4 in seguito alle pressioni di Di Maio e del resto del Movimento 5 Stelle. Secondo i giornali, in questi giorni Tria avrebbe tentato una nuova mediazione, chiedendo ai colleghi di governo di modificare le previsioni di crescita, considerate irrealistiche da tutte le principali istituzioni indipendenti italiane e internazionali.

Tria avrebbe chiesto di fornire alla Commissione una stima della crescita rivista al ribasso: dall’1,5 all’1,2 per cento: una sorta di “ramoscello d’ulivo” per cercare di riaprire un qualche tipo di dialogo con la Commissione. La ragione per giustificare questo taglio sono le ultime statistiche ISTAT che hanno mostrato un improvviso rallentamento della crescita. Nel terzo trimestre del 2018 la crescita si è fermata e ci sono timori che negli ultimi tre mesi dell’anno possa verificarsi persino una sua diminuzione (sarebbe l’inizio di una possibile recessione). Esponenti della Lega e del Movimento 5 Stelle, però, hanno già dichiarato che la stima sulla crescita non sarà cambiata. La decisione definitiva dovrà essere presa questa sera.

L’altro elemento importante che la lettera dovrà contenere è una descrizione sommaria del meccanismo automatico che dovrebbe assicurare che il deficit non superi il 2,4 per cento. Nelle settimane passate, infatti, l’unica assicurazione che le forze di maggioranza sono state disponibili a fornire alla Commissione Europea è stata la promessa di mantenere il deficit al livello stimato, a costo di inserire forme di riduzione automatica del deficit all’interno della legge di bilancio. Non è chiaro però che forma potrebbero assumere questi “stabilizzatori”.

Una possibilità è quella di proporre aumenti automatici di tasse che scatterebbero non appena le stime del deficit dovessero mostrare un superamento del livello promesso. Ma questa non è un’opzione che viene ritenuta politicamente praticabile poiché gli aumenti di tasse sarebbero eccessivamente impopolari. L’unica altra possibilità è quella dei tagli di spesa automatici. Se il governo deciderà di percorrere questa strada dovrà decidere quale capitolo di spesa subirà gli eventuali tagli: le nuove spese previste dalla stessa legge di bilancio, come ad esempio il cosiddetto “reddito di cittadinanza”, o le altre spese dello stato, come quelle destinate ai ministeri o agli enti locali.

Quasi tutti i principali osservatori sono convinti che il governo alla fine deciderà di concedere poco o nulla alla Commissione che quindi procederà con l’apertura di una procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia. Anche se la Commissione ha già fatto capire che intende punire l’Italia agendo con rapidità, la procedura di infrazione si muoverà lentamente e il suo esito non è scontato. La conseguenza più immediata per l’Italia, quindi, potrebbe essere un ulteriore aumento dello spread e delle tensioni sui mercati internazionali.