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  • Lunedì 12 novembre 2018

A Palermo inizia la conferenza sulla Libia

È un appuntamento su cui il governo di Giuseppe Conte ha investito molto, ma potrebbe rivelarsi un mezzo fallimento per la scarsa partecipazione di quelli che contano

Il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, e il primo ministro libico, Fayez al Sarraj, a Roma il 26 ottobre 2018 (FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
Il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, e il primo ministro libico, Fayez al Sarraj, a Roma il 26 ottobre 2018 (FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

Oggi inizia a Palermo, in Sicilia, un’importante conferenza internazionale sulla Libia, a cui parteciperanno diversi gruppi che combattono la guerra libica e i rappresentanti di una decina di paesi. L’obiettivo della conferenza non è mettere fine al conflitto – obiettivo considerato oggi troppo complicato e irrealistico – ma fare passi avanti nella stabilizzazione e unificazione del paese, che continua a essere diviso in due: l’ovest, sotto il controllo del governo riconosciuto internazionalmente dall’ONU e appoggiato dall’Italia, e l’est, dove a governare sono le forze fedeli al generale Khalifa Haftar, sostenuto da Egitto, Russia ed Emirati Arabi Uniti, e appoggiato in maniera sempre più esplicita dalla Francia.

Una mappa aggiornata della Libia: i territori controllati dal governo riconosciuto internazionalmente e appoggiato dall’Italia sono indicati in viola; quelli controllati da Khalifa Haftar sono indicati in rosso; quelli sotto il controllo di tribù tuareg sono indicati in rosa (Liveuamap)

La conferenza sulla Libia, che durerà due giorni, servirà per capire diverse cose: per esempio se ci siano i margini per arrivare a un qualche tipo di accordo tra le parti in causa, e se l’Italia riuscirà a riprendersi il ruolo di guida tra i paesi europei sulla crisi libica, sottraendolo alla Francia che negli ultimi mesi è diventata sempre più protagonista.

Sul sito del governo italiano dedicato alla conferenza di Palermo non è presente l’elenco dei capi delegazione che vi parteciperanno, ma sui giornali circolano diversi nomi: Khalid Almishri, presidente del Parlamento di Tripoli, organo legislativo voluto dall’ONU alla fine del 2015; Aguila Saleh, presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, cioè il Parlamento rivale a quello di Tripoli; Jean-Yves Le Drian, ministro degli Esteri francese; Niels Annen, sottosegretario agli Esteri tedesco, Federica Mogherini, Alta rappresentante dell’UE per le politiche estere (cioè il capo della diplomazia europea). Ci saranno anche delegazioni dalla Russia, dalla Tunisia, dall’Algeria, dal Marocco e probabilmente dall’Egitto. Non è chiaro invece se ci sarà Khalifa Haftar, la persona più attesa a Palermo e quella da cui dipenderà buona parte dell’eventuale successo della conferenza.

Funzionari vicini al generale hanno negato che Haftar andrà in Sicilia, ma attorno a una sua eventuale presenza si è creata nelle ultime ore una specie di caso. Sembra anzitutto che il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, sia andato nei giorni scorsi nella città libica di Bengasi per convincere Haftar a partecipare alla conferenza. Ufficialmente la posizione libica non è cambiata, ma da ieri fonti libiche ed egiziane sostengono che alla fine Haftar si farà vedere, magari partecipando a un incontro laterale al termine di quelli principali, per evitare una sovraesposizione. Se il potente generale libico non dovesse presentarsi a Palermo, tuttavia, per l’Italia sarebbe un problema: difficilmente sarebbe possibile ottenere qualcosa di concreto verso la stabilizzazione della Libia, e sarebbe complicato per il governo italiano continuare a rivendicare un ruolo guida all’interno dell’Unione Europea nei confronti della crisi libica.

La rivalità tra Italia e Francia sulla Libia è un’altra cosa che molti osservatori terranno d’occhio durante la conferenza di Palermo. A Parigi, in Francia, si era tenuta l’ultima grande e importante conferenza sulla Libia, nel maggio scorso, a cui aveva partecipato anche Haftar. Il governo francese e le diverse fazioni libiche si erano accordate per tenere elezioni in Libia nel dicembre di quest’anno, un piano però che era stato definito irrealistico da molti analisti. Nelle settimane successive, gli scontri a Tripoli tra milizie rivali e l’incapacità dei due governi libici a mettersi d’accordo su qualunque cosa avevano di fatto reso impraticabile il piano francese, che era stato abbandonato.

Perché Italia e Francia litigano sulla Libia

La conferenza di Palermo è stata molto criticata perché considerata da alcuni piuttosto marginale. Le opposizioni italiane hanno per esempio fatto notare come alcuni importanti leader europei e mondiali abbiano declinato l’invito del governo Conte, accusandolo di essere poco credibile e rilevante. Mohamed Eljarh, analista esperto di Libia, ha scritto che dalla conferenza di Palermo non c’è da aspettarsi alcun accordo firmato tra le diverse fazioni partecipanti, ma al massimo una dichiarazione d’intenti simile a quella che fu diffusa dopo la conferenza di Parigi di maggio. Nancy Porsia, esperta di Libia, ha detto al Guardian che «la conferenza di Palermo sulla Libia sembra essere troppo vaga. È difficile immaginare che il nuovo governo di Roma abbia l’autorità o la capacità di riuscire a ottenere un ruolo di guida sulla Libia sottraendolo alla Francia».